mercoledì 2 gennaio 2019

La pietra di Pappagone


C'è poi l'insidiosa propensione umana al confronto.

È per l’appunto “umana”, e come tale ci viene spontanea, fa parte della nostra natura.

Confrontiamo continuamente: dal momento in cui apriamo gli occhi al mattino, a quando le palpebre ci ricalano alla sera, nel riaddormentarci. E forse lo facciamo anche in sogno.

Mentalmente, mettiamo vicine cose, persone, situazioni, idee, e sentenziamo nel nostro intimo quale sia la migliore o la peggiore.

Di certo, si tratta di un meccanismo primordiale millenario, radicato in noi, e legato allo spirito di sopravvivenza. Senza il senso del confronto non potremmo fare.

Stabilire priorità è vitale, a partire dalle piccole scelte quotidiane, fino alle importanti decisioni riguardo a quel che è bene e quel che è male.

Detto questo, c'è però anche lo spazio per una considerazione più generale.

Talvolta può risultare buona cosa abbassare la guardia del paragone. Se non ci sono incombenze di scelta immediate, se il “mettere a confronto” non è legato a condizioni urgenti, se cosa sia meglio o peggio non è così importante da stabilire nell’immediato, può valer la pena consentire alla realtà di scorrere libera.

Lasciare che un evento “si esprima”, che una persona “si svolga”, che una cosa se ne stia nel suo semplice “starci dinnanzi”.

Senza confronti, senza paragoni, senza classifiche, precedenze, graduatorie, senza la pretesa di incasellare, incastonare in una scala di valori.

Accettare sul momento ciò che è, per quello che è. E basta.

Attenzione, non si tratterebbe di una resa incondizionata del proprio senso critico. Non si parla di abbandonarsi a una passiva accettazione di ogni cosa, né di un calarsi nell’indifferenza indistinta, perché tanto tutto è uguale e a nulla vale lo sforzo di capire.

Non è affatto questo.

Sospendere la tendenza a fare confronti, vuol dire invece disporsi in un atteggiamento di ricerca di una possibile armonia con lo svolgersi della realtà.

Vuol dire provare a vedere dove il nostro delimitato e precario “Esistere”, può trovare punti di contatto, affinità, e motivi di vibrazione comune, con la generalissima dimensione dell’“Essere”.

Non confrontare, quando possibile, è una buona pratica di “ecologia dell’esistere”.

È, soprattutto, il più potente antidoto al pregiudizio, alle convinzioni infondate, alle presunte verità, illusoriamente pensate come dotate di solide fondamenta, ma in realtà appoggiate su rovinosi piedi d’argilla.

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