martedì 12 febbraio 2019

Il mito dello strafogno


Secondo il mito platonico dell’androgino, all’alba dei tempi maschio e femmina erano fusi in una persona unica.

La potenza vitale di questo essere, singolo e duplice al contempo, era talmente intensa da minacciare la stessa autorità degli Dei.

Zeus, temendo che uno di questi androgini di straordinaria forza caratteriale scalasse l'Olimpo per andarlo a spodestare, ordinò ad Apollo di scendere sulla terra a separarli.

Con colpi netti e precisi di spada, l’abbacinante dio della luce recise in parti uguali ogni androgino, da una parte gli uomini, dall’altra le donne.

Da quel momento ciascun nuovo nato vaga per le strade della vita, alla ricerca della metà a cui era una volta attaccato (Apollo separò anche uomini uniti a uomini e donne unite a donne, ed ecco serenamente spiegata dai greci anche l'omosessualità).

Del lavoro di Apollo, rimane traccia nell’ombelico di uomini e donne, che secondo il mito è il punto dove il sapiente dio ricucì grossolanamente la ferita causata dal suo colpo di spada (anche un precisino come lui non riuscì a fare di meglio…).

Se fossi stato un antico greco, mi sarei inventato un mito parallelo a quello dell’androgino. Si sarebbe chiamato il mito dello “strafogno”.

Secondo il mio mito, uomini e donne sarebbero stati un tempo rivoltati col dentro verso fuori. Non in senso fisico, naturalmente, ma in senso spirituale.

Tutto quello che abbiamo di bello o brutto, di rassicurante o inquietante, di profondo o stupido, di meraviglioso o banale, nel nostro animo, sul piano di pensieri, idee, riflessioni, emozioni, sentimenti, guizzi intellettuali, energie culturali, capacità conoscitive, fragilità morali, debolezze caratteriali, grandiosità o meschinità del cuore…tutto si sarebbe potuto vedere dal di fuori.

Non sarebbero esistiti i concetti di falsità o sincerità, perché ognuno avrebbe visto ogni questione interiore degli altri, e mostrato a sua volta il meglio e il peggio di sé, per intero.

Non ci sarebbe stata purtroppo l’arte, venendo a mancare lo sforzo di raccontare l’infinito che ciascuno reca dentro, già normalmente manifesto al mondo.

Ma in compenso ogni persona sarebbe stata essa stessa un'opera d’arte semovente.

Ogni individuo sarebbe stato un rifulgente essere di straordinarietà vivente, senza bisogno di spiegare nulla di sé, agli altri.

Zeus si sarebbe ovviamente preoccupato anche stavolta di fronte alla strana possanza di questo individuo.

Così abituato com'era a intessere trame per scovare ogni giorno fra i mortali una nuova amante con cui giovialmente tradire Giunone, avrebbe avuto non poche difficoltà con questi individui trasparenti al massimo.

Avrebbe allora pensato bene di inviare ancora una volta uno dei suoi fedelissimi per sistemare la faccenda.

Dioniso, un tipo abituato a che fare con le intimità più nascoste dell’animo, gli sarebbe parso il più adatto per l’occasione.

Solo che, essendo anche un po' pasticcione, Dioniso avrebbe “strafognato” (stropicciato) alla bell’e meglio uomini e donne, rivoltando maldestramente il fuori di dentro, ma lasciando ampi margini di leggibilità dell’animo in molti tratti esterni, come le espressioni del viso, i rossori, le timidezze, i gesti goffi, la sudorazione traditrice, i balbettii, l’eiaculazione precoce, l’alopecia verbale, e così via.

Fu così in ogni modo che nacque il mito dello “strafogno”…e tale è proseguito fino ai nostri giorni (mentre nel frattempo, ci abbiamo guadagnato l’arte, la filosofia e la letteratura, che non sono cose da poco…altro che l'ombelico di Apollo…).

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