Credo proprio di soffrire di una stramba sindrome. Il sospetto mi è venuto ripensando ad un vecchio, ma geniale cartone della Warner Brothers: «One froggy evening». Tanto che la chiamerei proprio la sindrome del «ranocchio canterino occulto». Il cartone fa più o meno così:
Sigla…Merrie Melodies…papparapapppa…tziriti-tziriti-tzirititit…..tarazzazzattattààà!!!…
C’è questo operaio edile un po’ infelice e molto al verde (almeno così pare dal suo aspetto), che sta lavorando alla demolizione di un edificio. Non si vede nessun’altro in giro, e nel corso dello “smontaggio” dei mattoni l’omino è arrivato alla vecchia “prima pietra” della casa, posata con tanto di dedica nel lontano Ottocento. Dall’interno della vetusta pietra angolare, sbuca fuori un ranocchio, sguardo abulico, occhio vitreo e palpebra a mezz’asta. La gracidante bestiola non fa in tempo a scorgere l’omino che subito si produce in un’esibizione canora da rimanere di stucco, stile Broadway anni d’oro (che poi chissà che anni sono…).
Non solo: lo zompante animaletto accompagna pure la sua stessa voce tenorile con una danza alla Fred Astaire dei ranocchi, tip-tappando, facendo roteare il suo elegante bastone da passeggio e giostrandosi fra le dita un elegante cappello a cilindro.
Negli occhi dell’omino subito s’illumina il bramoso bagliore del business, con uno sfavillio di simbolini di dollaro che scorrono a rullo sopra il futuro immaginato del ranocchio eroe della ribalta. Infila il batrace superstar in una scatolina e corre di filato da un impresario teatrale.
Ritroviamo adesso l’omino nell’ufficio dell’uomo di spettacolo, che magnifica le doti del suo protetto, rimasto momentaneamente nell’anticamera a prodursi in solitaria nel meglio dei frizzi e lazzi più in voga nel repertorio della rivista. Viene il momento di fare le presentazioni: l’omino spalanca la porta sul corridoio per agevolare lo stupore dell’impresario e…tah-dah!!!...niente, zero, il ranocchio come per incanto si è afflosciato e re-imbolsito alla grande.
A questo punto lo spettatore capisce la botta di genio di tutta la storia: il ranocchio è per l’appunto una sorta di genietto incorporato alla sua lampada, ma il solo desiderio che possa esaudire è quello di far incacchiare l’omino, dimostrando tutta la sua fenomenalità esclusivamente in presenza del suo nuovo padrone.
L‘omino le proverà tutte, fino all’esasperazione, ma non riuscirà mai a sfatare l’incanto beffardo: il ranocchio non canta e non balla in presenza di altri umani che non siano l’omino.
Fino al buffo finale che non vi svelo per non rovinarvi ulteriormente la visione.
Sì perché c’ho pure l’apposito link (dirlo prima sembrava brutto, eh?...) e ora che, con pazienza in fibra di carbonio, vi siete sorbita la mia versione raccontata del cartoon, lo potete vedere (con anche diverse notiziole curiose in merito al piccolo capolavoro animato) facendo un giretto da queste parti:
http://www.tvblog.it/post/14399/classic-cartoons-one-froggy-evening
Veniamo dunque a questa specie di sindrome del «ranocchio canterino occulto», dalla quale mi pare di essere affetto da tempo.
Nella fattispecie mia personale, il ranocchio si manifesta nelle maniere più svariate e sottili.
Spesso mi sembra di portarmelo appresso. Sta dentro di me, il ranocchio, connaturato a tanti miei risvolti esistenziali.
Il primo grande dubbio in merito (anche se allora il mitico cartoon non lo avevo ancora visto), mi venne che ero ancora bambino, per un episodio banale.
Con una truppa di piccoli amici del paese, venimmo arruolati più o meno volontariamente al corso di nuoto in città.
Prima lezione: il maestro (un energumeno terzo-reich-alizzante, finito per sbaglio a fare l’istruttore di nuoto per bambini, solo perché il suo modulo di arruolamento per la Legione Straniera era stato male interpretato) mi chiede di fargli vedere come me la cavavo in acqua.
Io che fino ad allora non avevo conosciuto bacini idrici più ampi della mia vasca da bagno, consapevole della mia insipienza natatoria, azzardo un paio di bracciate e sgambate.
Stupore supremo del kaiser-meister: «Eccezionale!» mi fa, «…hai un talento naturale per il nuoto…movimenti perfetti…».
Oh, ci credete se vi dico che da quel momento sono diventato la più grossa schiappa di tutto il cuccuzzaro dei bambini sguazzanti? Da lì in poi non ho imbroccato più una bracciata: il ranocchio occulto della mia bravura di nuotatore era stato scoperto, e si era deciso a rimanere bello ed ostinato invisibile al mondo.
Un’altra manifestazione conclamata di «occultismo ranocchiale» mi capitò all’esame di maturità. Prova di italiano: non avevo mai preso un’insufficienza in 5 anni di scuola superiore, anzi, pur non essendo il più bravo di tutti a scrivere, nella mia classe me la cavavo più che bene.
Arriva il fatidico giorno per far maturare “Il Tema” e…puff!!! Il mio ranocchio narrativo pensa bene di mostrarsi bolso e sfiatato come un brocco a fine carriera, procurandomi un mediocrissimo cinque come voto.
Ma dove la mia sindrome del «ranocchio canterino occulto» si rivela in tutto il suo fulgore è nella relazione conflittuale da me spesso vissuta, fra la “dimensione scritta” delle mie modalità di esistere da un lato, e quella parlata, dall’altro.
“Me scritto” e “me parlato” sono due perfetti estranei.
Ora, non so di preciso che impressione io riesca a trasmettere a chi mi legge qui su, e voi non potete apprezzare la differenza, avendomi solamente letto. Ma vi posso garantire che se qualche barlume di interesse qua e là nella mia espressione scritta lo avete potuto trovare, non esistereste a definire il mio modo di comunicare a voce e di presentarmi parlando, una vera e propria pizza solenne.
Al punto che, di recente, una cara amica (non molto propensa all’uso di perifrasi quando deve dirti una cosa), dopo aver letto un mio breve e semi-buffoneggiante brano, si è sentita di dirmi: «…ma perché sei così simpatico quando scrivi?...».
E lì io non l’ho fatto, perché la spiegazione sarebbe stata troppo lunga, ma avrei voluto risponderle: «Eh…cara la mia ragazza…non venirlo a dire a me…prenditela col mio “ranocchio canterino occulto”…».
Sigla…Merrie Melodies…papparapapppa…tziriti-tziriti-tzirititit…..tarazzazzattattààà!!!…
C’è questo operaio edile un po’ infelice e molto al verde (almeno così pare dal suo aspetto), che sta lavorando alla demolizione di un edificio. Non si vede nessun’altro in giro, e nel corso dello “smontaggio” dei mattoni l’omino è arrivato alla vecchia “prima pietra” della casa, posata con tanto di dedica nel lontano Ottocento. Dall’interno della vetusta pietra angolare, sbuca fuori un ranocchio, sguardo abulico, occhio vitreo e palpebra a mezz’asta. La gracidante bestiola non fa in tempo a scorgere l’omino che subito si produce in un’esibizione canora da rimanere di stucco, stile Broadway anni d’oro (che poi chissà che anni sono…).
Non solo: lo zompante animaletto accompagna pure la sua stessa voce tenorile con una danza alla Fred Astaire dei ranocchi, tip-tappando, facendo roteare il suo elegante bastone da passeggio e giostrandosi fra le dita un elegante cappello a cilindro.
Negli occhi dell’omino subito s’illumina il bramoso bagliore del business, con uno sfavillio di simbolini di dollaro che scorrono a rullo sopra il futuro immaginato del ranocchio eroe della ribalta. Infila il batrace superstar in una scatolina e corre di filato da un impresario teatrale.
Ritroviamo adesso l’omino nell’ufficio dell’uomo di spettacolo, che magnifica le doti del suo protetto, rimasto momentaneamente nell’anticamera a prodursi in solitaria nel meglio dei frizzi e lazzi più in voga nel repertorio della rivista. Viene il momento di fare le presentazioni: l’omino spalanca la porta sul corridoio per agevolare lo stupore dell’impresario e…tah-dah!!!...niente, zero, il ranocchio come per incanto si è afflosciato e re-imbolsito alla grande.
A questo punto lo spettatore capisce la botta di genio di tutta la storia: il ranocchio è per l’appunto una sorta di genietto incorporato alla sua lampada, ma il solo desiderio che possa esaudire è quello di far incacchiare l’omino, dimostrando tutta la sua fenomenalità esclusivamente in presenza del suo nuovo padrone.
L‘omino le proverà tutte, fino all’esasperazione, ma non riuscirà mai a sfatare l’incanto beffardo: il ranocchio non canta e non balla in presenza di altri umani che non siano l’omino.
Fino al buffo finale che non vi svelo per non rovinarvi ulteriormente la visione.
Sì perché c’ho pure l’apposito link (dirlo prima sembrava brutto, eh?...) e ora che, con pazienza in fibra di carbonio, vi siete sorbita la mia versione raccontata del cartoon, lo potete vedere (con anche diverse notiziole curiose in merito al piccolo capolavoro animato) facendo un giretto da queste parti:
http://www.tvblog.it/post/14399/classic-cartoons-one-froggy-evening
Veniamo dunque a questa specie di sindrome del «ranocchio canterino occulto», dalla quale mi pare di essere affetto da tempo.
Nella fattispecie mia personale, il ranocchio si manifesta nelle maniere più svariate e sottili.
Spesso mi sembra di portarmelo appresso. Sta dentro di me, il ranocchio, connaturato a tanti miei risvolti esistenziali.
Il primo grande dubbio in merito (anche se allora il mitico cartoon non lo avevo ancora visto), mi venne che ero ancora bambino, per un episodio banale.
Con una truppa di piccoli amici del paese, venimmo arruolati più o meno volontariamente al corso di nuoto in città.
Prima lezione: il maestro (un energumeno terzo-reich-alizzante, finito per sbaglio a fare l’istruttore di nuoto per bambini, solo perché il suo modulo di arruolamento per la Legione Straniera era stato male interpretato) mi chiede di fargli vedere come me la cavavo in acqua.
Io che fino ad allora non avevo conosciuto bacini idrici più ampi della mia vasca da bagno, consapevole della mia insipienza natatoria, azzardo un paio di bracciate e sgambate.
Stupore supremo del kaiser-meister: «Eccezionale!» mi fa, «…hai un talento naturale per il nuoto…movimenti perfetti…».
Oh, ci credete se vi dico che da quel momento sono diventato la più grossa schiappa di tutto il cuccuzzaro dei bambini sguazzanti? Da lì in poi non ho imbroccato più una bracciata: il ranocchio occulto della mia bravura di nuotatore era stato scoperto, e si era deciso a rimanere bello ed ostinato invisibile al mondo.
Un’altra manifestazione conclamata di «occultismo ranocchiale» mi capitò all’esame di maturità. Prova di italiano: non avevo mai preso un’insufficienza in 5 anni di scuola superiore, anzi, pur non essendo il più bravo di tutti a scrivere, nella mia classe me la cavavo più che bene.
Arriva il fatidico giorno per far maturare “Il Tema” e…puff!!! Il mio ranocchio narrativo pensa bene di mostrarsi bolso e sfiatato come un brocco a fine carriera, procurandomi un mediocrissimo cinque come voto.
Ma dove la mia sindrome del «ranocchio canterino occulto» si rivela in tutto il suo fulgore è nella relazione conflittuale da me spesso vissuta, fra la “dimensione scritta” delle mie modalità di esistere da un lato, e quella parlata, dall’altro.
“Me scritto” e “me parlato” sono due perfetti estranei.
Ora, non so di preciso che impressione io riesca a trasmettere a chi mi legge qui su, e voi non potete apprezzare la differenza, avendomi solamente letto. Ma vi posso garantire che se qualche barlume di interesse qua e là nella mia espressione scritta lo avete potuto trovare, non esistereste a definire il mio modo di comunicare a voce e di presentarmi parlando, una vera e propria pizza solenne.
Al punto che, di recente, una cara amica (non molto propensa all’uso di perifrasi quando deve dirti una cosa), dopo aver letto un mio breve e semi-buffoneggiante brano, si è sentita di dirmi: «…ma perché sei così simpatico quando scrivi?...».
E lì io non l’ho fatto, perché la spiegazione sarebbe stata troppo lunga, ma avrei voluto risponderle: «Eh…cara la mia ragazza…non venirlo a dire a me…prenditela col mio “ranocchio canterino occulto”…».
8 commenti:
Amico!
Credo che sia una questione di Timidezza!!
A volte mi è capitato anche a me.
Che meraviglia il cartone! Cmq non so se sono fenomeni affini, ma ogni volta che mi si rompe la macchina o qualche aggeggio elettronico appena la porto dal meccanico va che è una bellezza!
@->Paolo: lo so, lo so, dev'essere quella...però mi piace accampare teorie che forzino concetti e luoghi comuni :-)
@->Rosa: ehehehehe, non ci sono dubbi: deve essere per forza il ranocchio degli apparecchi tecnici :-D
allora sul nuoto propendo per il ben noto culo-del-principiante, per il tema di maturità direi una sindrome da panico-da-prestazione e sul parlare concordo con paolo.... ora che ci penso però forse sono tutte una sola cosa: il tuo ranocchio è un grandissimo figlio di buona donna... magari se gli dai due sganassoni poi la pianta di mollarti sul più bello :-) bacio farlocco
@->Farly: ehehehehe...è che lo sai, non c'ho cuore ad esser severo :-) ...con una bestiolina poi :-)
non mi ci far pensare! io ho un ranocchione che se non familiarizzo mi fa fare figure da idiota. però ora che ci penso, è passato un po' di tempo dall'ultima volta, non c'entrerà crescere e maturare?
a presto
ehehehhee...certo, Maria Rosaria, crescere e maturare c'entra molto coi nostri ranocchi :-) infatti, ecco, non che ora io sia tanto maturo, ma devo dire che alcuni anni fa c'avevo un vero e proprio stagno dentro, con allevamento gracidante al completo :-)
grazie :-)
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