sabato 15 gennaio 2011

Di donne, gatti, asini, api e wombati


Se dovessi fare una classifica estetica degli esseri viventi, fra quelli che più o meno conosco un po’, metterei al primo posto la donna e al secondo il gatto.

Cioè, no, precisiamo un momento, piano nelle curve: non è che voglio inaugurare questo 2011 con la gaffe del decennio. Mica sto mettendo sullo stesso piano esseri umani e bestiole. Parlo solo dei più svariati modi che la bellezza ha di concretizzarsi nel mondo. In questa ottica sì che la donna ed il gatto possono venire affiancati, senza timore di peccare di irriverenze di sorta. O almeno credo.

Facciamo attenzione peraltro al termine “estetico”, che non ha nulla a che vedere con giudizi di carattere superficiale, o di merito esclusivo riguardante la pura immagine. Al contrario, la considerazione “estetica” di una qualsiasi entità vivente, costituisce la forma più completa di presa in esame di quel fenomeno della vita.

E’ “estetico” il corpo altrettanto quanto lo può essere lo spirito, anzi, i criteri di “esteticità” sono forse quelli che meglio sanno coprire l’intera gamma delle specificazioni vitali di una qualsivoglia manifestazione dell’esistenza. L’estetica correttamente intesa è insomma una cosa seria, in quanto dimensione in grado di coniugare forma e sostanza in una sintesi perfettamente bilanciata fra gli apporti della prima ed i contributi della seconda.
Mica roba da copertine patinate con tanto di divistici urletti senza costrutto, quindi.

La donna sta al primo posto, per ovvie ragioni naturali. Non c’è gara, non c’è nemmeno confronto, né discussione: che ci crediate o no, la donna è la creatura più bella dell’universo. No, ecco…ferma un attimo ancora: intendevo “che ci crediate o no” al fatto della creazione. Per il resto, mi sembra siamo grosso modo tutti d’accordo.
A meno che uno non abbia proprio in uggia la vita medesima (il che è del tutto legittimo, ben inteso), si converrà infatti che la donna è la culla della vitalità fatta persona. Non c’è niente di paragonabile alla bellezza che da una donna si può sprigionare.

Eccolo, lo sapevo, rapido ed invisibile si leva alto nell’aria il coro di sbeffeggio del lettore cinico e scafato: «…Buuuh!!! Büfùn!!! Ma va a dà via i pé!!! Non sei altro che un “arruffianatore” semiprofessionale, un “blanditore” di femminili adesioni, un “captatore” della muliebre benevolenza!!!...».

Ora, come sempre, non nego che tutto sia possibile. Ma lasciatemi aggiungere a mia discolpa che essendo io molto più competente riguardo al secondo soggetto in classifica, ossia il gatto, sono in qualche modo più autorizzato a parlare della donna come osservatore esterno, e come tale un po’ più al di sopra delle parti.
No, eh? Va beh, io c’ho provato…

Dicevo ad ogni modo che la donna è mistero, è forza gravitazionale di affetti e passioni, è motore di ardori, è scrigno di tolleranza e d’amore. Basti ricordare che la sua figura ha mosso uno degli eventi più gloriosi della storia dell’umanità, la guerra di Troia (ecco, sempre voi, sbeffeggiatori di prima: occhio che vi sento, con le vostre battutacce…), che a sua volta ha dato origine ad uno dei poemi fondanti di tutta la nostra cultura, l’Iliade. La donna è quel profondo e magnetico “altrove” spirituale, di fronte al quale, leggenda vuole che anche la forza indagatrice dello stesso Sigmund Freud, dopo una vita spesa a studiare l’argomento, si sia dichiarata sconfitta e pur contenta (almeno immagino io…).

La donna irraggia insomma uno dei fascini fra i fascini più intensi della vita, quel supremo enigma sempre così magnetico che mai ti sai spiegare fino in fondo, ed in virtù del quale ad una serata a cena con Monica Bellucci, io preferirei di gran lunga un pomeriggio a merenda con Cecilia Dazzi.

Secondo viene il gatto.
Il gatto per me è tutto ciò che condensa una sorta di mio alter ego animale, diverse volte ne ho già parlato. Non nel senso che io equivalga ad un gatto fra gli umani, la mia goffaggine generale non mi consentirebbe di dire una cosa simile.
Ma nel senso che la “dimensione gatto” la sento come uno stato di grazia esistenziale particolarmente mirabile.
Il gatto è un essere intensamente “estetico”, perché tutto in lui, dal carattere, alle movenze, all'arcano dei suoi occhi, parla assolutamente il linguaggio dell'eleganza, della classe e dell'ineffabilità.

Fin qui, come dicevo, il mio ordine di preferenze spazia fra esseri coi quali più o meno ho avuto a che fare, da uomo a donna oppure da uomo a palla di pelo (sempre del gatto parlo...). Ma la classifica, inopinatamente prosegue, a partire dal terzo posto, con altri “individui” che mi sono pressoché ignoti nelle relazioni dirette.

Sul terzo gradino del podio, si attesta infatti una bestiola che non è certo una rarità tropicale, ma che conosco relativamente poco, e nondimeno esercita su di me un fascino singolare: l'asino.
L'asino è la più ordinaria e dimessa fra le bestioline, non gli daresti un euro bucato in quanto a charme e capacità di accattivarsi simpatie, ma il fatto è che lui ti frega con con un'occhiata.

Lo sguardo dell'asino, almeno per me, è un condensato di tenerezza che difficilmente trova uguali in qualsivoglia altro fenomeno vivente. E' una voragine di empatia, ti risucchia dentro i suoi sconfinati territori di umiltà e mitezza, prima ancora che tu ti sia reso conto di come abbia fatto.
Per di più l'asino ha quell'aspetto da cugino minore del cavallo, che lo rende ancor meno pretenzioso, ancor più affabile e confidenziale. È più ridotto al garrese e con quelle sue zampe un po' ad “x” sembra dichiarare con fierezza la propria appartenenza alla classe impiegatizia medio-bassa del regno animale, fatto che me lo fa apprezzare ancora di più.

Stupidamente si dà dell'asino ad una persona, presumendo di recarle un'offesa. Quanto a me, datemi pure dell'asino: non mi farete che piacere.

Proseguendo, sul quarto livello del podio (si perché, questo mio, è un podio a cinque posti), viene subito dopo l'ape, giocandosela con l'asino alla breve distanza di un'incollatura (che sia poi collo d'ape o di asino, si può scegliere...).
Anche l'ape la conosco poco, forse più attraverso fotografie o filmati che non dal vivo, oppure per qualche sporadica puntura sotto un piede che, chissà perché, ricordo molto meglio di una foto. L'ape è un condensato di potenza ed ingegno, forse l'animaletto che meglio esprime in natura l'ottimale rapporto fra dimensioni ridotte ed efficienza.

L'ape è una piccola bomba atomica di operosità, pochi grammi di esplosiva energia vitale concentrata in un micro pacchetto peloso, ronzante ed in preda ad un moto perpetuo.
Mi contraddico forse dicendo di essere sensibile al fascino di una bestiolina iper-efficiente come l'ape, dopo aver detto che fra i miei preferiti c'è pure quel gran pigrone del gatto? Può darsi, ma ho ormai deciso che questo scritto non deve essere per forza coerente, quindi l'ape può continuare a piacermi un sacco.

Per attenuare lievemente il senso di contraddizione, posso però aggiungere che nella grande famiglia delle api e degli “apoidi”, se devo dire proprio il mio prediletto, questi è il bombo, per quella sua mole più cicciottella e peluriosa, che lo rende una sorta di messaggero lento e svagato.
Ad ogni modo, che sia ape o che sia bombo, questi esserini minuscoli sono immensamente ricchi di fascino non fosse altro per il fatto che rendono possibile la vita sopra la terra.

Non è ben chiaro se Albert Einstein abbia mai pronunciato la celebre frase «...Se un giorno le api dovessero scomparire, all'uomo resterebbero soltanto quattro anni di vita...», oppure se essa sia stata leggendariamente attribuita al grande fisico. Fatto sta che in questa affermazione c'è tanto di vero, perché l'ape è la tessitrice primaria dell'infinita trama delle impollinazioni, è lo strumento attraverso cui milioni di piante e fiori, fanno l'amore e si perpetuano sulla terra.

Vedete dunque che ce n'è più che a sufficienza di ragioni per contraddirsi ed apprezzare il gatto insieme all'ape.

Ed infine, come direbbero gli inglesi, “lasto ma non listo”, quinto classificato, viene il wombato. Con lui proprio non ho mai avuto il benché minimo contatto, perché o si è stati in Australia o lo si è visto solo in foto o film. Il fascino “wombatesco” è stato per me una rivelazione piuttosto recente, non lo conoscevo molto ed ho imparato ad apprezzarlo ultimamente sul web.
Il wombato possiede la malia della stranezza e dell'improbabilità di tante bestioline australiane: è un mezzo orsetto, è un mezzo maialino, è un mezzo koala, è un mezzo cangurino, ma allo stesso tempo non è nessuno di questi altri suoi cugini, bensì ha una propria personalità unica e definita. In tutto questo, trovo irresistibile il suo magnetismo “pelouchesco”. Per me il wombato, nel regno animale, è l'amministratore delegato ad honorem della ditta Trudy.

Vedendo poi di recente un documentario alla tele, ho saputo su di lui una cosa sorprendente: dal momento che vive in tane sotterranee da lui medesimo allestite, il wombato è uno scavatore eccezionale. Facendo le debite proporzioni, è una piccola macchina di spostamento terra di gran lunga più potente di una mastodontica ruspa Caterpillar o Komatsu.
Il caro Womby non è dunque tutto pelliccia e distintivo come lascerebbe ingannevolmente pensare il suo aspetto da bonaccione: a suo modo è un duro e quando c'è da menar le zampette, solleva un polverone impressionante.
Ho dunque anche in questo caso i miei buoni motivi perché buon quinto venga per me il wombato.

Insomma, cari amici viandanti per pensieri, per concludere questo ozioso ed inconcludente articoletto, chiedendo venia se magari oggi vi ho annoiato più del solito, non mi resta altro che convenire con me stesso che il giorno in cui m'imbatterò in una donna capace di ammaliarmi col suo sguardo da asina, dimostrandosi pigra ed elegante come un gatto, ma nel contempo operosa ed energica come un'ape, e con un pizzico di morbidezza decisa da wombato nel fisico e nei modi di fare, avrò probabilmente incontrato la donna della mia vita.



4 commenti:

Rosa ha detto...

Le mirabilie del vombato non sono finite: Mi ha detto Tupaia che fa la cacca cubica, tipo mattoncini lego!
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Gillipixel ha detto...

@->Rosalucsemlog: ahahahaha :-) grazie cara Rose per questa fondamentale integrazione riguardo alle mie conoscenze sul wombato :-)

Un'altra cosa curiosa, che riguarda i marsupiali in genere, l'ho letta in un articolo dell'etologo Danilo Mainardi: dice che i marsupiali sono particolarmente inespressivi, assolutamente privi di mimica facciale (o musale :-), perchè a differenza degli altri mammiferi, loro non succhiano il latte dalla mamma, bensì la medesima è dotata di una sorta di pompetta che dal capezzolo spruzza direttamente il latte in bocca al cucciolo...quindi, senza tutti i movimenti del muso che gli altri mammiferi fanno nella suzione, i marsupiali non fanno "allenamento espressivo" e rimangono con l'espressione congelata :-)

Infatti, anche il wombato ha quel modo di guardarti un po' tontarello che non si capisce se ti sta pigliando un po' per il culo o se t'invita a pigliare la vita con più calma :-)

Bacini wombati :-)

Videodiretta ha detto...

E' AFFASCINANTE LEGGERTI!

Gillipixel ha detto...

@->Il calesse: grazie mille, amica blogger del calesse :-) sei molto gentile, mi fa piacere quando riesco a trasmettere qualche sensazione qua e là :-)
Ho visitato un po' il tuo blog, e ricambio senz'altro la bella impressione ricevuta...ci sono tanti spunti di bellezza fra le tue parole e le tue immagini...

Bacini di benvenuta :-)