martedì 3 gennaio 2012

Spiritus Mundi



«…Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori…» ci ricorda coi suoi bellissimi versi Fabrizio De Andrè. Mai come stamattina, mi sono reso conto dell’evidenza di questa poetica verità. Ovviamente, è successo percorrendo le mie usuali vie bizzarre alla poesia, ma ad ogni modo è successo.

C’è un momento delle mie mattinate, immediatamente al seguito di un altro momento magari preferibilmente non nominabile (ma molto liberatorio…), in cui le finestre del mio bagno necessitano palesemente di essere spalancate. Da alcuni giorni, mi sono accorto che se l’operazione viene fatta presenziandovi personalmente (intendo la seconda operazione, dello spalancamento, non la precedente, quella “innominabile”: lì ci devi essere per forza, non puoi delegare a nessuno…), ecco, mi sono accorto, dicevo, che quegli attimi divengono parte di una sorta di rito di riconciliazione con la natura circostante, con l'opportunità di trarne il beneficio di sensazioni notevoli. E, dettaglio non trascurabile, così facendo, lo scopo pratico dello “stratagemma spalancatorio” si ottiene anche molto più agevolmente.

Dopo la prima “liberazione” infatti, quella più ponderosa e gravitazionale praticata seduta stante, aprire proprio completamente finestre e controfinestre isolanti, stando lì alcuni minuti in piedi di fronte all'aria pura che s'insinua spavalda e gelida, come fosse estate, riserva un senso di affrancamento dalle “catene fisiche” ancor più intenso e significativo. In qualche modo, deve giocare una parte importante anche la faccenda del passaggio posturale, da seduti ad in piedi, nel rendere il senso di elevazione della sequenza di gesti vieppiù denso di risvolti emotivi.

In particolare, è proprio nell'attimo preciso dello spalancamento che la gratificazione esistenziale si auto-sottolinea in misura così colma di deciso coinvolgimento. Si sente proprio l'immenso della purezza atmosferica universale introdursi con rimarchevole velocità e pienezza dentro la stanza, avventandosi come un enorme drago catartico, inflessibile paladino della giustizia odorosa, sulla meschina “grevità” aromatica di cui l'ambiente era stato da noi momentaneamente e troppo umanamente saturato.

Questa mattina però, a tutto ciò si è andato ad aggiungere un ulteriore elemento poetizzante, un piccolo ma graziosissimo fenomeno della natura che, proprio in virtù del dipanarsi delle sue dinamiche (come scoprirete fra poco), ha aggiunto al senso di innalzamento insito nella mia cerimonia purificatoria “depuzzante” quotidiana, rinnovati elementi di preziosità estetica.

Dovete sapere che la finestra del mio bagno si affaccia sui campi aperti, via via spaziando sino alla placida corona dell'argine maestro, un cento metri più in là. Non sarà un panorama da cartolina patinata, ma in fatto di questioni accessorie ad una sobria e parca meditazione, vi garantisco che può dire la sua alla grande. Il piccolo episodio mi ha anche rammentato l'altissima considerazione che sarebbe sempre opportuno mantenere viva riguardo all'attenzione per i dettagli. Trascurandola, rischiamo di perderci tante cose belle che ci accadono intorno, magari sottigliezze anche minimali, che per nostra eccessiva superficialità, rimangono mimetizzate nel grande capitolo delle faccende quotidiane date per scontato, ma che invece tali non sono per nulla.

Di fatto è successo che ho potuto ammirare, per alcuni lunghi minuti, uno stupendo saggio di “Spirito Santo”. Non so se sapete di cosa si tratta. E' una particolare tecnica di volo adottata da certi  rapaci di taglia ridotta (nel mio caso era forse un falchetto...), quando si apprestano a cacciare le loro piccole prede, topolini o altre minuscole bestiole, acquattate fra l'erbetta di un campo o sul limitare di un fosso. Non è uno spettacolo ammirabile tanto frequentemente, soprattutto nei casi di un osservazione casuale ed estemporanea com'è stata la mia. Ma se vi capitasse di osservarlo, converrete senz'altro con me che di spettacolo vero e proprio si tratta.

In pratica, l'uccello in questione, con un sapiente, elegantissimo ed atletico gioco di ali, rimane sospeso in aria, ad un'altezza che si aggira intorno alla sessantina di metri (o almeno questa è stata la mia impressione, ma potrei anche sbagliarmi di qualche centimetro...). Se ne sta lassù, nella fissità elegante di quel volo librato, in quella magistrale sospensione altimetricamente e planimetricamente fissata con gran meticolosità, somigliando quasi ad un umano messo in croce, di una crocefissione però del tutto priva di sofferenza, anzi, paradossalmente ricchissima di grazia e di leggadria nelle movenze. Il curioso nome, “Spirito Santo”, affibbiato a questa tecnica aviatoria dei volatili, fa appunto riferimento a come viene spesso rappresentata nell'iconografia classica cristiana la figura della terza persona della Trinità: una colomba fissa in cielo in una postura molto simile a quella che vi ho raccontato.

Poi di botto, dopo aver passato al setaccio visivo tutto il panorama sottostante, lo “Spirito santiere” in questione repentino decide e piomba al suolo, in una planata così vertiginosa da fare invidia ai jet supersonici più all'avanguardia. Si “infratta” per un po' fra gli steli d'erba, indaga, rovista, scompiglia, e se per caso la sortita è risultata infruttuosa, ritorna su di nuovo, rapidissimo, libero, maestoso, imprendibile, a ripetere ancora la sua superba esibizione nell'artistico stallo ornitologico, metà grande ginnasta del volo e metà espertissimo danzatore del nobile corpo di ballo del Teatro del Cielo.

Il bello poi è che stamattina, per me, quel grandioso ballerino aviario così felicemente incappato fra le lasche maglie della mia attenzione, ha offerto ripetutamente diversi bis della sua performance. Me lo sono potuto ammirare e rimirare più volte, affacciato sul freddo nebbioso mattutino, mentre i peggiori vapori della mia personalità si annullavano giustamente nell'immenso e puro morso atmosferico, facendo ritorno alla sconfinata dispersione degli elementi, dai quali il giorno prima erano misteriosamente giunti a me.

E pur lieto di non pensare a nulla in quei preziosi attimi di estasi naturalistica, non ho potuto tuttavia evitare di ritornare e riflettere furtivamente per alcuni secondi alle celeberrime parole di De Andrè, sentendomi molto fiero di essere stato io, per una volta, il fornitore ufficiale del “poetico” substrato fertile sopra il quale, idealmente, ha potuto sbocciare stamattina quel soave florilegio di movenze “uccellesche”.


4 commenti:

ross ha detto...

L ho vistooo!!si, ho visto l'uccello! . siiii me l hai fatto vedere! Ma cosa hai capito? intendevo il falchetto.l hai descitto cosi bene che me lo sono immaginato .

Gillipixel ha detto...

@->Ross: ahahahhahah :-) Ross, birbacciona che sei :-) Grazie del bellissimo complimento, il migliore credo per uno che scrive: riuscire a far vedere le cose che si raccontano, non si può chiedere di più :-) anche se (goliardata per goliardata...) a ben guardare questo articoletto, in fondo in fondo, era proprio apppoggiato su argomentazioni di merda :-D BWHAAHHAHAHAH - AH - AH - ehm... :-)

Bacini volatili :-)

farlocca farlocchissima ha detto...

ecco la finestra del mio bagno, piccolissima, affaccia sul vetusto edificio di un seminario, una roba frequente a roma. ecco, per dire, che se vedo una roba nera sospesa davanti alla finestra mi viene un colpo pensando che sia un disperato seminarista che si sta fiondando dalla finestra... mica tutti abbiamo certi privilegi: vedere la poesia pura che si staglia davanti a noi di prima mattina!

bacini svolazzanti

Gillipixel ha detto...

@->Farly: eheheheh :-) cosa vuoi farci, cara Farly :-) qualche minimo vantaggio nel fatto di essere campagnolo ci dovrà pur essere...altrimenti, saremmo dei tonti assoluti ad ostinarci a star radicati in queste lande desolate :-) No, povero...il seminarista cinguettante a mezz'aria speriamo di non vederlo proprio mai :-)

Bacini cip cip :-)