"Un pensiero ogni qualche giorno"
7 - "Auto-elogio della mutanda"
A volte mi capita di domandarmi come mi sentirei se fossi le mie stesse mutande. Il ruolo psicologico e sociale della mutanda è forse uno dei più cruciali immaginabili, e al tempo stesso uno dei più trascurati, sottovalutati.
La mutanda è una barriera fisico-emotiva nei confronti della realtà. Contiene, argina e culla le avanguardie del nostro subconscio. La cortina delle mutande frappone la più sottile pretesa di riservatezza fra il sé profondo e la dimensione pubblica (arginando quella pubica).
La mutanda si sobbarca tutte le preterintenzionalità fisiologiche. A seconda dei casi, nel suo ruolo di diga a ciò con cui rima, o di anti-strapazzo d'un propagarsi mutevole e pazzo, la mutanda segna confini strategici alla persona.
La mutanda si fa carico di responsabilità insostenibili per qualunque essere umano. Per questo non è nemmeno pensabile pretendere di volersi mettere nei suoi panni. Assorbe tensioni estreme, consentendoci di continuare a presentarci impassibili, anche quando entro il suo attillato sipario vanno in scena veri e propri psicodrammi intimi in miniatura.
Bisognerebbe essere dei pazzi (con la "p") o delle anime fatate (con la "f"), per trovare il coraggio di impersonare una mutanda al giorno d'oggi (tra l'altro dissimulando sempre l'iniziale..."p" a far le veci di "c", e dove la "p" andrebbe, confonderci in mezzo una "f").
In virtù di tutti questi strabilianti antefatti, suona inaudito immaginarsi mutanda. Personalmente, riesco a stento a pensarmi come il mio proprio paio di mutande. Solo in questo cortocircuito identitario mi posso immedesimare.
Essere mutanda, e individuo in quella mutanda contenuto. Ispirare odore, nel mentre che si traspira amore. Coprire l'andata e ritorno del pudore in un unico viaggio. Sostegno e sostenuto, recipiente e ricevuto. Principiare in un "io" e declinare in un "anda": pochi portenti al mondo ci possiamo raffigurare di simile portata.
Vedere all'unisono cosa accade fuori di sé e nei pressi più ravvicinati del dentro di sé. Vestire il più patente aspetto di civiltà, ma sentirsi specchiati sul più diretto contatto con l'animalità.
Andare in giro nudi-vestiti, abbigliati-spogliati. Intessere dialoghi di segrete tangibilità, sostenute in ogni caso dal punto di vista interiore. Toccare il tocco stesso: niente meno che tale privilegio viene concesso a chi vive in qualità di propria medesima mutanda, continuando ad essere anche persona.
Facciamoci mutande di noi stessi dunque: nessuna rivoluzione potrà presentarsi mai più radicale di questa.
Diveniamo guaina sguainabile di contro-accoglienza mutevole: a sentirla pelle di calore, inguainato da peli di cotone, una mutanda auto-immedesimante salverà il mondo!
Inauguriamo l'alba di una nuova umanitanda!
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