giovedì 12 luglio 2018

Bang super-sofico


La pubblicità diventa ogni giorno sempre più arrogante. La tracotanza che sprigiona, unita alla sua odiosa protervia strisciante, stanno toccando estremi impensati di molestia concettuale pura.

Si giunge persino a stravolgere ogni verosimiglianza filosofica. Si nega l’uomo medesimo nella sua essenza, si calpestano a piè pari le leggi ontologiche e ontiche.

I pubblicitari, novelli cagliostri di ‘sta minchia, stanno mettendo in atto il tentativo alchemico di tramutare l’intera realtà, in anti-realtà del bisognificio auto-trangugiante la propria quintessenza di ingannevole idiotizzazione.
Prendete quello spot che candidamente dichiara “...più sudi, più sai di fresco…”, o l’omologo equipollente che sostiene “...più sudi, più profumi…”.

Ma come? Che corbelleria sarebbe mai questa? Se sudo, io pretendo di puzzare, eccheccazzo!
Ne ho il diritto, “…homo sum, humani nihil a me alienum puto…”. Stai a vedere che adesso ci viene negato pure questo dato di fatto comprovato da millenni d’esperienza vissuta. Forse che dovremo d'ora in avanti aggiungerlo al testo Costituzionale?

“…Ogni cittadino ha il diritto inderogabile di puzzare liberamente, fermo restando il dovere di non farlo pesare sull’altrui olfatto in misura eccedente le normali regole di convivenza sociale. All’uopo sono da decenni approntati appositi dispositivi, detti saponi, atti a favorire la civile regimentazione del fenomeno, senza la pretesa di sradicare alle fondamenta la natura stessa dell’essere esseri umani…”.

Altre aberrazioni giungono dal mondo della cosmetica. Creme che millantano una non meglio definita “formula anti-età”, shampoo o balsami che promettono un effetto “disciplinante” sulle chiome.

Qui mi sento di obiettare che chi proprio proprio vuol mettersi alla ricerca di una “formula anti-età”, la trova bella e pronta nel repertorio della tradizione secolare, e si chiama suicidio: l’unica strada definitiva per combattere una volta per tutte l’invecchiamento.

L’idea poi di “disciplinare” i capelli fa un ribrezzo che richiama i più ritriti linguaggi dei peggiori totalitarismi autoritari. Che poi magari ci si ritrova belli soddisfatti e fieri, e col ciuffo ben disciplinato si corre a scuola a protestare vibratamente se il maestro ha osato mettere una nota al proprio povero rampollo che ha fatto esplodere il water con i petardi.

Si sente poi parlare in tanti spot di “illimitato” di qua e “senza limiti” di là. Ma di cosa stiamo parlando? Se basta un raffreddore per far sentire ciascuno l’essere più cagionevole, limitato e caduco dell'universo…

In una umana prospettiva genuina, non vi è nulla senza limite. Non esiste inganno più grande del vagheggiare la chimera dell’illimitatezza. La vita stessa tutta, è limite…vorresti dunque farmi credere che non lo è, un fottuto abbonamento telefonico?

Per non parlare di quel tizio che vorrebbe farmi bere del tè, solo perché me lo dice una modella lungo i gradini di Trinità dei Monti, col sottofondo neomelodico di un classico della canzone italiana interpretato in una risibile “papponistic new version” d’accatto: “…Sendza fine…scilly bulli like...sendza fine...coccobbello like…sendza fine…”.

Ma per favore!

L’ultimo tè l’ho bevuto nel gennaio del ’92 e se mi venisse di nuovo voglia, non aspetto certo che me lo venga a dire una che ne saprà sicuramente di mutande, tailleur e golfini, ma sulle bevande ha la stessa autorità pontificante dell'ultimo opinionista da bar.

Insomma, cosa rimane da dire…caro pubblicitario, la tua fantasia puzza d’inganno; piantala di fare il pirla che c’hai n’età; coi consigli che mi dai, diventan vecchi i neuroni; rispetta i limiti che l’autovelox delle cazzate è sempre acceso; disciplinami tua nonna, e il tuo tè balordo, bevitelo te.

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