mercoledì 25 luglio 2018

Lozioni di strano


Adoro le lingue inventate. Mi divertono un sacco gli idiomi simulati partendo da sillabe o sequele di suoni assimilabili a una qualche parlata immaginaria. In generale, mi piacciono i giochi di parole, le frasi i cui suoni diventano qualcos'altro, in una bizzarra sarabanda di significati più o meno fondati.

Fin da quando ero bambino, per me l’inglese è stata quasi come una lingua inventata. Me lo bevevo con grande inconsapevolezza attraverso le adorate canzoni pop e rock, non capendoci assolutamente nulla in quanto a senso del testo, ipnotizzato dalla bellezza delle melodie, che per osmosi estetica si trasmetteva a quelle misteriosi frasi, trasformandole in fascinose formule magiche verbali.

Non so quanti anni ci ho messo per capire cosa volessero dire i Rolling Stones con quella loro fatidica tiritera, che a me era sempre bastata così, nella sua potenza carismatica di puro suono: Aghegghetno sadisfescio! Enatrai! Enatrai! Enatrahai!...

E anche dopo, che l’inglese l’ho imparato un po', mi è successo di incontrare strane mescolanze semantico-sonore, sempre ascoltando bei brani musicali del miglior repertorio pop. E mi succede tuttora.

C'è ad esempio questa canzone di Paul Simon, molto bella per me, “Diamonds on the soles of her shoes”, contenuta nell’album “Graceland”.

Il testo a dire il vero, se provate a tradurlo, risulta molto surreale. Di fatto ci sono questi due ragazzi, lei molto ricca e lui poverissimo, si devono incontrare per un appuntamento, o qualcosa così.

A un certo punto arriva la buffa metamorfosi linguistica. Dice il testo: “...The poor boy changes clothes / And puts on after-shave / To compensate for his ordinary shoes…”, ossia “…Il povero ragazzo si cambia i vestiti / E mette il dopobarba / Per distogliere l’attenzione dalle sue scarpe ordinarie…”.

A sentire la frase cantata, un po' rapidamente anche per questioni di metrica, quando si arriva a “…puts on…” (“…mette su…”), si finisce per capire “puzón”.

Il risultato è dunque un improbabile “puzón afterscèiv”, dove la prima parola diventa quasi la marca del dopobarba, il famoso “dopobarba puzón”, per l'appunto, la lozione per l’uomo che non deve profumare mai.

Ferma restando la bellezza del brano, è divertente allora sorridere di queste piccole aleatorietà verbali, e domandarsi scherzosi quesiti del tipo: va beh che dovevi nascondere le scarpe brutte... ma cosa sei “semo”, a metterti il deodorante puzón?

Nessun commento: