lunedì 13 agosto 2018

Il posto


Un’opera d’arte sa arrivare con una certa “ubiquità emotiva” alla sensibilità di tutti, indipendentemente dalle esperienze singole di chi ha modo di entrare in contatto con essa.

Eppure, per cogliere meglio una sintonia con “Il posto”, preziosissimo film di Ermanno Olmi, aiuta aver conosciuto quella impalpabile sensazione provata certe domeniche mattine autunnali, da bambini, quando ci si svegliava coi vapori atavici del bollito di carne ad alleggiare in ogni stanza, facendo a gara in uggiosità con le brumose atmosfere esterne, fissate nell’attimo da una sospensione brinata del tempo.

I pochi film che ho visto con attori non-professionisti, mi hanno sempre fatto nascere un automatico e interiore “ma perché?”, visto che di professionisti ce ne sono parecchi e anche molto bravi.

“Il posto” in questo senso sa farci ricredere: qui l'essenza “a-recitativa” dei protagonisti diventa amplificazione di umanità assolutamente delicata, capace di cogliere le sfumature di certi pudori intimi, inarrivabili se non nelle esperienze quotidiane dirette.

Gli imbarazzi, le malinconie, i timori, i piccoli sprazzi di gioia fuggevolissima, le speranze esplosive quasi subito appesantite dal greve mantello del disincanto pratico…tutte queste e una miriade di altre emozioni, vengono passate in rassegna dalla delicatezza espressiva del film.

La storia è semplicissima, quasi inconsistente: un ragazzo, fresco diplomato di scuola, parte al mattino presto dalla sua casa di periferia milanese, verso la città, per essere esaminato, scopo eventuale assunzione come impiegato nell’austera “mega-ditta”, solenne regno dell'anonimato produttivistico.

Da qui nasce una sequela di attimi recitativi dai quali Olmi sa estrarre il succo espressivo, proprio come il tepore del fuoco lento fa col brodo della domenica.

Alla fine della visione ci si ritrova a nostra volta inspiegabilmente un po' bolliti nell’essenza di tutte le sensazioni “da lunedì” mai provate.

È un inno al mistero di ogni “prima volta”, questo film, alla perdita dell’innocenza, all’idea che ognuno nella vita si dovrà confrontare con una propria Milano dell’animo.

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