Questa vorrebbe essere un’«epifania del lettore» a scatole cinesi, con piccoli rimandi fra libri, ma molto meno impegnata delle altre inserite finora. Più che altro sono considerazioni affettuose verso i libri, la parola scritta, lo scrivere e il leggere.
Leggevo un bel libricino, una breve raccolta di saggi sulla scrittura: «Il mestiere di scrivere», di Raymond Carver (1938-1988). Avevo già sentito parlare di questo autore americano, soprattutto come grande scrittore di racconti e storie brevi, ma non avevo mai letto niente di suo. Già è stato strano dunque conoscerlo così, dalla porta di servizio. Davvero una piacevole conoscenza, direi. Nei vari scritti contenuti in questo libro ci sono indicazioni su quella che Craver riteneva l’essenza dello scrivere. Indicazioni molto preziose, soprattutto quella che riguarda la sincerità dello scrittore, o anche solo semplicemente dello scrivente. Una delle raccomandazioni di Carver, divenuta poi anche titolo di un suo libro, è «niente trucchi da quattro soldi». Scrivere onestamente è la base da cui partire se si vuole ottenere almeno un minimo di considerazione per le cose che raccontiamo (apprezzo molto questa cosa perché in tante occasioni sento io stesso il rischio di cadere in trucchetti retorici di ogni tipo, anche in buona fede intendo).
In questo senso, anche dalla sua bella prosa elegantemente asciutta, ho sentito subito che Carver si inserisce a pieno titolo nella grande famiglia di alcuni miei autori USA prediletti: Mark Twain, Ernest Hemingway, F. S. Fitzgerald, J.D. Salinger, per arrivare a Philip Roth, Don De Lillo, Paul Auster e un po’ anche Michael Chabon (anche se quest’ultimo lo conosco meno). Il fatto più piacevole è stato però che affrontando la lettura di Carver son tornato con la mente proprio ad un passo di J.D. Salinger, contenuto nel suo capolavoro «The catcher in the rye»:
«…Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira…».
J. D. Salinger - "Il giovane Holden" (1951)
Carver ti fa sentire proprio così mentre lo leggi: ti sarebbe piaciuto sentirlo per telefono e parlare con lui del più e del meno. Non vorrei che questa mia asserzione fosse fraintesa come una gaffe idiota: so benissimo che il povero Carver è morto ormai da vent’anni.
Ma i punti in proposito sono due.
Primo: pur sapendo benissimo che il buon Raymond non può più mettere nero su bianco le sue frasi adamantine, mentre leggi le sue pagine lo puoi sentire estremamente vivo. Questa sarà anche una banalità, ma è una delle magie più intense della scrittura: attraverso di essa gli uomini e le donne vivono tempi che non sono più il loro, ed emozioni, idee, sentimenti, moti dell’animo vissuti nel passato sono urgenti e attuali come se fossero per sempre congelati in un presente senza fine.
Secondo: l’idea di chiamare veramente l’autore al telefono, come sentiva di dover fare il vecchio Holden Caulfield ogni volta che gli capitava una lettura giusta, naturalmente va intesa come una dimensione dello spirito, più che un’attitudine concreta effettiva. Ricordo un aneddoto raccontato da Corrado Augias: una volta si trovava a Londra e gli si presentò l’occasione di conoscere di persona uno dei suoi scrittori prediletti di sempre, Philip Roth, grazie all’invito ad un party nel quale sarebbe stato presente appunto l’autore di «Lamento di Portnoy» e «Pastorale americana». Stupendosi lui per primo di sé stesso, Augias declinò l’invito: non voleva che la conoscenza diretta della persona in carne ed ossa, in qualche modo inevitabilmente interferisse con l’immagine immensa dello scrittore che si era formato leggendo le sue pagine.
Dicevo in apertura che questa voleva essere un’«epifania del lettore» a scatole cinesi: chiudo allora citando un’ultima preziosa scatolina narrativa che ho rinvenuto proprio nel bel libro di Carver, che ben si attaglia a tutte le piccole riflessioni scritte sopra:
«…La letteratura dà notizie che rimangono attuali…».
Ezra Pound
La più breve delle «epifania del lettore» che ho richiamato finora, ma forse una delle più potenti, se la sapete leggere come si deve.
1 commento:
Carver è un autore magnifico, sono completamente d'accordo. Riesce a ferirti, come solo le persone che ti piacciono davvero riescono a fare, e allo stesso tempo non riesci a smettere di credere a quello che dice, perché non vuoi.
Roth è superbo, specialmente quando fa il deviato (letto "Il teatro di Sabbath?"), è semplicemente perfetto!
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