Oggi pomeriggio mi sono sacrificato nel nome della “letteratura”.
Dopo pranzo, ho espletato una pennichella “al volo”, giusto quella manciata di minuti dall’una alle cinque e mezza, e quando mi sono risvegliato, avevo un nuovo argomento fresco fresco (si fa per dire: grondavo sudor ronfante come un panetto di burro…) per venire a fracassare le orchidee ai miei cari amici viandanti per pensieri.
E poi dite che non vi penso…
In realtà, va aggiunto che le fasi ronfatorie sono state inframmezzate dalla lettura di ampi brani di «Gomorra», di Roberto Saviano, e di «Einstein – La sua vita, il suo universo», di Walter Isaacson, una piacevole biografia del geniale fisico baffone e scarmigliato.
Non ho precisato ciò per coprire l’onta di aver dormito circa quattro ore col sole alto in cielo, portando via così proditoriamente prezioso tempo all’innalzamento del PIL. Credo invece che la lettura di quei due precisi libri abbia anch’essa qualcosa a che fare con quanto vi volevo raccontare.
Si tratta un tema affrontato già diverso tempo fa, sempre come conseguenza di una pratica dormitoria evasa in circostanze simili. Questa volta però, la cosa mi si è parata innanzi sotto nuove sembianze “kantiane”, nel senso non di Eva Kant, ma di Immanuel.
All’epoca, dopo aver smartellato e limato un po’ nell’officina dei sogni, avevo sostenuto la tesi dell’esistenza di pacchetti concettuali che albergano nella nostra interiorità, pronti a saltare fuori come categorie che si sono d’aiuto in qualità di “classificatori culturali”. L’esempio portato in quell’occasione era il pacchetto culturale “film di crisi anni ‘70”.
Ecco, quello che mi sembra di aver approfondito con la sperimentazione scientifico-ronfatoria di oggi, è invece l’esistenza in noi di “pacchetti di sensazioni” che, para-strafalciando appunto il metodico filosofo di Heidelberg (*) (sempre di Kant si tratta…), oserei definire “giudizi emotivi a priori”.
Passo subito ad illustrare.
Sul finir del mio dormire, mi ero messo a sognare di brutto. Ad un certo punto, nel sogno, mi ritrovo in una stanza con un sacco di amici del periodo della mia “tardo infanzia-inizio adolescenza”, mentre da qualche giradischi o stereo che dir si voglia, proveniva la melodia di canzoni tipiche della medesima epoca.
Il punto è che nessuno di quegli amici e nessuna di quelle canzoni del sogno, era riconducibile ad amici specifici reali, oppure a canzoni specifiche reali, appartenenti a quell’epoca.
In pratica si trattava di “icone vuote” di amici e canzoni appartenuti a quella fase della mia vita. Per spiegarmi meglio, mi sentivo immerso in un’atmosfera alla «By the rivers of Babylon» dei Boney M, o alla «I feel love» di Sylvester, senza sentire però specificamente quelle canzoni, bensì solamente i loro “simulacri melodici universali”.
Lo stesso per i miei amici sognati: non erano nessuno di quelli reali che io ricordi, ma al tempo stesso erano loro. In questo caso: “simulacri amicali universali” della mia fanciullezza.
A completamento della cosa, la sensazione diffusa che da tutto il sogno mi derivava, era un sentimento di malinconia infinita, un sentore di struggimento, per il tempo perduto, di una vastità abissale.
Una volta desto, pur ricordando solo alcuni lacerti del materiale onirico appena sfornato, mi sono domandato: ma com’è possibile provare una nostalgia così potente per vagheggiati amici non meglio personificati, oppure per canzoni senza identità, ma solo ridotte al loro “minimo comun denominatore” epocale?
L’unica risposta che son riuscito a darmi è stata che probabilmente ero andato a scandagliare nello scaffale del mio archivio “mental-spirituale” in cui tengo conservato il mio “pacchetto” della malinconia pura.
E’ stato lì che mi è sovvenuto il paragone con la filosofia kantiana.
Così come le nostre strutture conoscitive sono impostate in base ad un “contenitore di pensieri” che funziona su un assetto “spazio-temporale” predefinito (“a priori”), “indipendente dalle” ed “antecedente alle” singole esperienze di fatto che nella vita ci toccano in sorte, allo stesso modo forse esiste in noi una “pre-disposizione” sentimentale-emotiva che ci fa interpretare la realtà ed il mondo secondo determinate “categorie del cuore” non scaturite da situazioni concrete reali, ma esistenti già in partenza nel nostro guardaroba emotivo, in dotazione sin dal momento in cui ci siam ritrovati a galleggiare placidi e giulivi nella pancia della mamma.
Non a caso dicevo prima che il libro di Saviano e la biografia di Einstein c’entrano col mio sogno. Sono convinto infatti che sono stati proprio loro responsabili della vangatura del terreno inconscio sul quale poi è stato coltivato l’argomento del mio vagare onirico.
Nella parte di «Gomorra» che sto leggendo si parla di giovinezze violate, un cazzotto allo stomaco ad ogni pagina: il massimo della nostalgia pura per un periodo della vita, in quei casi, nemmeno vissuto.
Anche a proposito del genio tedesco, sono giusto all’inizio della storia, alla fase della sua infanzia, nei tratti della quale, genialità a parte (sono stato un bambino felicemente tontarello, io…), ho trovato alcune affinità con la mia, soprattutto nella predilezione per lo stare soli e per il fantasticare privato.
E ancor meno a caso, forse, è successo che riavendomi dal sogno, inopinatamente mi son ritrovato a canticchiare una bella canzone di Mina del '66, musicata niente meno che dal maestro Morricone.
Avete presente il testo? (...scritto da Maurizio Costanzo, peraltro).
Per mio conto è forse la storia più crudele e struggente mai concepita da mente spietata. In pratica, un “due di picche” mollato nei denti ad un povero tapino che non ha nemmeno il diritto ad una telefonata di spiegazione: c'è qualcosa di più vicino alla malinconia ed allo struggimento puro, di questa roba?
Che tra le altre cose, ci avete mai pensato? Ma quel poveraccio di un “duepiccato”...nessuno si è mai preoccupato di sentire la sua versione?
Ad esempio, quando la Mina fa: «Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta ti guarderei / Ma non so spiegarti che il nostro amore appena nato è già finito...», se lui avesse potuto ribattere, secondo me avrebbe detto: «...Eh, no...ma minchia...ma allora sei una gran vacca e basta...avevo già fatto le pubblicazioni in Comune e ordinato le bomboniere...».
Va beh, e con questo vi saluto cari amici viandanti per pensieri, anche per oggi le mie belle vaccate di classe le ho sparate. Però pensavo: con tutte le ore che ho dormito oggi, e chi chiude occhio stanotte? Niente, speriamo almeno che Ghezzi passi una qualche pellicola Uzbeca, verso le 3 e mezza, quattro...
(*) = cagata scritta il 10 luglio 2010 e rettificata il 28 luglio 2010: trattasi in realtà di Könisberg
Dopo pranzo, ho espletato una pennichella “al volo”, giusto quella manciata di minuti dall’una alle cinque e mezza, e quando mi sono risvegliato, avevo un nuovo argomento fresco fresco (si fa per dire: grondavo sudor ronfante come un panetto di burro…) per venire a fracassare le orchidee ai miei cari amici viandanti per pensieri.
E poi dite che non vi penso…
In realtà, va aggiunto che le fasi ronfatorie sono state inframmezzate dalla lettura di ampi brani di «Gomorra», di Roberto Saviano, e di «Einstein – La sua vita, il suo universo», di Walter Isaacson, una piacevole biografia del geniale fisico baffone e scarmigliato.
Non ho precisato ciò per coprire l’onta di aver dormito circa quattro ore col sole alto in cielo, portando via così proditoriamente prezioso tempo all’innalzamento del PIL. Credo invece che la lettura di quei due precisi libri abbia anch’essa qualcosa a che fare con quanto vi volevo raccontare.
Si tratta un tema affrontato già diverso tempo fa, sempre come conseguenza di una pratica dormitoria evasa in circostanze simili. Questa volta però, la cosa mi si è parata innanzi sotto nuove sembianze “kantiane”, nel senso non di Eva Kant, ma di Immanuel.
All’epoca, dopo aver smartellato e limato un po’ nell’officina dei sogni, avevo sostenuto la tesi dell’esistenza di pacchetti concettuali che albergano nella nostra interiorità, pronti a saltare fuori come categorie che si sono d’aiuto in qualità di “classificatori culturali”. L’esempio portato in quell’occasione era il pacchetto culturale “film di crisi anni ‘70”.
Ecco, quello che mi sembra di aver approfondito con la sperimentazione scientifico-ronfatoria di oggi, è invece l’esistenza in noi di “pacchetti di sensazioni” che, para-strafalciando appunto il metodico filosofo di Heidelberg (*) (sempre di Kant si tratta…), oserei definire “giudizi emotivi a priori”.
Passo subito ad illustrare.
Sul finir del mio dormire, mi ero messo a sognare di brutto. Ad un certo punto, nel sogno, mi ritrovo in una stanza con un sacco di amici del periodo della mia “tardo infanzia-inizio adolescenza”, mentre da qualche giradischi o stereo che dir si voglia, proveniva la melodia di canzoni tipiche della medesima epoca.
Il punto è che nessuno di quegli amici e nessuna di quelle canzoni del sogno, era riconducibile ad amici specifici reali, oppure a canzoni specifiche reali, appartenenti a quell’epoca.
In pratica si trattava di “icone vuote” di amici e canzoni appartenuti a quella fase della mia vita. Per spiegarmi meglio, mi sentivo immerso in un’atmosfera alla «By the rivers of Babylon» dei Boney M, o alla «I feel love» di Sylvester, senza sentire però specificamente quelle canzoni, bensì solamente i loro “simulacri melodici universali”.
Lo stesso per i miei amici sognati: non erano nessuno di quelli reali che io ricordi, ma al tempo stesso erano loro. In questo caso: “simulacri amicali universali” della mia fanciullezza.
A completamento della cosa, la sensazione diffusa che da tutto il sogno mi derivava, era un sentimento di malinconia infinita, un sentore di struggimento, per il tempo perduto, di una vastità abissale.
Una volta desto, pur ricordando solo alcuni lacerti del materiale onirico appena sfornato, mi sono domandato: ma com’è possibile provare una nostalgia così potente per vagheggiati amici non meglio personificati, oppure per canzoni senza identità, ma solo ridotte al loro “minimo comun denominatore” epocale?
L’unica risposta che son riuscito a darmi è stata che probabilmente ero andato a scandagliare nello scaffale del mio archivio “mental-spirituale” in cui tengo conservato il mio “pacchetto” della malinconia pura.
E’ stato lì che mi è sovvenuto il paragone con la filosofia kantiana.
Così come le nostre strutture conoscitive sono impostate in base ad un “contenitore di pensieri” che funziona su un assetto “spazio-temporale” predefinito (“a priori”), “indipendente dalle” ed “antecedente alle” singole esperienze di fatto che nella vita ci toccano in sorte, allo stesso modo forse esiste in noi una “pre-disposizione” sentimentale-emotiva che ci fa interpretare la realtà ed il mondo secondo determinate “categorie del cuore” non scaturite da situazioni concrete reali, ma esistenti già in partenza nel nostro guardaroba emotivo, in dotazione sin dal momento in cui ci siam ritrovati a galleggiare placidi e giulivi nella pancia della mamma.
Non a caso dicevo prima che il libro di Saviano e la biografia di Einstein c’entrano col mio sogno. Sono convinto infatti che sono stati proprio loro responsabili della vangatura del terreno inconscio sul quale poi è stato coltivato l’argomento del mio vagare onirico.
Nella parte di «Gomorra» che sto leggendo si parla di giovinezze violate, un cazzotto allo stomaco ad ogni pagina: il massimo della nostalgia pura per un periodo della vita, in quei casi, nemmeno vissuto.
Anche a proposito del genio tedesco, sono giusto all’inizio della storia, alla fase della sua infanzia, nei tratti della quale, genialità a parte (sono stato un bambino felicemente tontarello, io…), ho trovato alcune affinità con la mia, soprattutto nella predilezione per lo stare soli e per il fantasticare privato.
E ancor meno a caso, forse, è successo che riavendomi dal sogno, inopinatamente mi son ritrovato a canticchiare una bella canzone di Mina del '66, musicata niente meno che dal maestro Morricone.
Avete presente il testo? (...scritto da Maurizio Costanzo, peraltro).
Per mio conto è forse la storia più crudele e struggente mai concepita da mente spietata. In pratica, un “due di picche” mollato nei denti ad un povero tapino che non ha nemmeno il diritto ad una telefonata di spiegazione: c'è qualcosa di più vicino alla malinconia ed allo struggimento puro, di questa roba?
Che tra le altre cose, ci avete mai pensato? Ma quel poveraccio di un “duepiccato”...nessuno si è mai preoccupato di sentire la sua versione?
Ad esempio, quando la Mina fa: «Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta ti guarderei / Ma non so spiegarti che il nostro amore appena nato è già finito...», se lui avesse potuto ribattere, secondo me avrebbe detto: «...Eh, no...ma minchia...ma allora sei una gran vacca e basta...avevo già fatto le pubblicazioni in Comune e ordinato le bomboniere...».
Va beh, e con questo vi saluto cari amici viandanti per pensieri, anche per oggi le mie belle vaccate di classe le ho sparate. Però pensavo: con tutte le ore che ho dormito oggi, e chi chiude occhio stanotte? Niente, speriamo almeno che Ghezzi passi una qualche pellicola Uzbeca, verso le 3 e mezza, quattro...
(*) = cagata scritta il 10 luglio 2010 e rettificata il 28 luglio 2010: trattasi in realtà di Könisberg
8 commenti:
“simulacri melodici universali”.
Ho suonato trent'anni e ho visto gli strumenti piu' strani in vita mia, ma quello mai..
Si impara sempre qualcosa.
Ciao Gilli, sappi che non mi perdo un post.
Keep up with the good job.
:-)
PS pollice verso sui Boney M. Non ti arrabbiare, so che a chi non ha vissuto l'epoca sembrano una cosa pittoresca, ma per me quella roba negli anni 70 era spazzatura e mi usciva dalle orecchie.
C'era anche della ottima disco, come la KC & Sunshine Band o Moroder, ma i Boney M erano "teribbbbili".
:-)
@->Yossarian: grazie, Yoss, delle tue visite assidue e per essere un mio lettore affezionato...per me è motivo di grande soddisfazione sapere che leggi le mie cose...
Grazie veramente tante :-)
Io invece sono rimasto un po' indietro nella lettura dei tuoi ultimi scritti, per scarsità di tempo, e me ne rammarico...cerco di recuperare appena posso...
Riguardo alla scelta dei Boney M, o anche di altri brani che metto qui, c'è da fare un discorso...
Non sempre la scelta del brano sta a signifcare una particolare mia predilezione per il medesimo :-) Più che altro, i video che appiccico in fondo ad ogni articolo vogliono essere una sorta di colonna sonora degli argomenti che ho affrontato...
E' vero altresì, che il più delle volte sono brani ai quali mi lega una certa dose affettiva, perchè volendo o nolendo :-) hanno segnato certi momenti della mia vita...ma questo non toglie che io possa serenamente scindere il giudizio emotivo diretto, da quello qualitativo assoluto, e poter affermare, come ad esempio in questo caso, che i Boney M sono una chiavica :-)
Però spesso il ricordo addolcisce anche la cosa più puzzolente (...bella questa, me la devo segnare :-D...
ed ecco spiegata la scelta dei Boney M
Ciao Yoss :-) Thanks
oddio fa così caldo che arrivata a kant sonos venuta, però i tuoi strumenti melodico universal simulacreggianti mi sono suonati bene.
certo: «Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta ti guarderei / Ma non so spiegarti che il nostro amore appena nato è già finito...»
èuna coltellata da panico che nel silenzio finisce di uccidere.
@->Farly: è vero, un testo più crudele di quello forse non è mai stato scritto, Farly...però poi gli è toccata in moglie la De Filippi..dici che la nemesi storica ha fatto il suo dovere? :-D
Bacini afosi :-)
ma no ma no secondo me lui parlava di un due di picche ricevuto... oh di maurizio costanzo stiamo parlando, mica di brad pitt :-D
@->Farly: aaaahhhhh...capito: era un allenamento per il maurizio costanzo show: casi umani e strazio di cuori come piovesse :-)
Però se lo poteva tenere per sè, quel due di picche, mica era obbligato a venirci a frangere i corbelli a noi :-)
E' una canzone straziosa ma bellissima!
Tra l'altro, se la urli a squarciagola sotto la doccia spacchi le balle ai vicini che è un piacere!
Momenti di grande godimento...
Uah, uah, uah, le pubblicazioni e le bomboniere... Gilli, sei un grande...:))))))))))))))))))))
@->Vale: ahahahahha :-) grazie Vale, son contento che ti sia piaciuto questo strano brano delirante estivo :-)
Mi hai dato un bello spunto per il repertorio sotto la doccia :-) c'è un solo problema, il mio vicino più vicino sta "molto molto lontano" da me, e mi pare si chiami Schrek, addirittura :-D
Dovrò mettere un impianto di amplificazione sotto lo spruzzino
:-)
Ciao :-)
Posta un commento