mercoledì 6 ottobre 2010

Il ritorno di S.A.M. e dei suoi paradossali amici


Una volta vi parlai dell’amico S.A.M., anche noto come «Sequenzone Accelerato Macrotemporale».

Per chi non volesse andarsi a “ri-sbarbare” il mio relativo antico scritto, agevolo rapidamente una sintesi del concetto.
Dicesi «Sequenzone Accelerato Macrotemporale» quell’artificio registico che nei film riassume lassi di tempo anche notevoli, nello spazio di pochissimi minuti, se non a volte secondi, durante i quali, taluni passaggi salienti della vita dei protagonisti (ma spesso non cruciali per l’economia stretta della trama), si condensano quasi volando via sulle note di un qualche commento affidato alla colonna sonora.
Un «Sequenzone Accelerato Macrotemporale» può concentrare anche mesi, addirittura anni, nel giro di poche inquadrature.

Uno dei più mirabili esempi di S.A.M. che mi è capitato di vedere negli ultimi tempi, anzi, a ben pensarci forse il più stupefacente mai visto, è contenuto nel film di animazione della Pixar «Up», in cui il protagonista passa direttamente dalla fanciullezza alla vecchiaia “guadando” attraverso un super sequenzone di alcuni minuti, molto commovente e densamente poetico.

All’epoca del mio mini-trattato sul S.A.M., mi avventurai in improbabili teorie sociologi-cazzeggianti.
Ciò che invece mi preme mettere in rilievo oggi riguardo al S.A.M., è che pur costituendo esso un meccanismo del tutto artificioso ed irreale, contro natura direi, alla fine piace. Questo non starebbe a significare proprio una cippa di nulla. Per dire: anche tirare strisce di coca lunghe come tutta la linea di centrocampo di San Siro, è attività che piace, pur non essendo cosa del tutto naturale nemmeno essa.

La faccenda più singolare del S.A.M., sta invece nel riuscire a farci piacere un fenomeno che se ci capitasse effettivamente nella vita, non sarebbe causa di notevole soddisfazione.
Provate un po’ ad immaginare di esservi ritrovati già in pensione, alcuni minuti dopo aver varcato la soglia dell’aula della vostra prima elementare, e poi mi saprete dire.

Eppure il S.A.M., cinematograficamente applicato alla vita altrui, trasmette un effetto consolatorio, commuove, intenerisce. Dunque, non saprei spiegare come mai, ma in sostanza un fenomeno decisamente odioso in una potenziale realtà immaginata, risulta gradevole in una finzione effettiva.

Non saprei dire come mai, ma alcune ipotesi le posso sparare lì.

Una mini-teoria è che forse non ci dispiace fino in fondo che la vita passi.
«…Fffàte rettro saragat!!!...» mi sembra quasi di udire il coro di protesta, «…a noi che la vita passi ci dispiace, eccome!!!...».
Lo so, lo so, spiace molto anche a me che passi, non temete. Quello che intendevo è che nel valutare la vita ed il suo senso, le impressioni derivate sono sempre ambivalenti e non così lineari come si potrebbe supporre.
La vita è una gran bella cosa. La vita è il nostro contenuto e il nostro contenitore.
Ma è pure una gran faticaccia.
Talvolta, quando capita di fare quel “gioco delle speranze inutili”, normalmente praticato all’insegna del motto «…Ah…se potessi tornare indietro!!!...», non sempre mi ritrovo sicuro della risposta.
Sinceramente non lo so se tornare indietro effettivamente nel tempo, mi piacerebbe più di tanto. Perché ci sarebbe da sorbirsi di nuovo tutti i guai, i piccoli o grandi drammi, le angosce, insomma, tutto l’insieme degli sforzi fatti per crescere (per quel poco che si può dire che io sia cresciuto…soprattutto mentalmente…).

Alla fine, è su tutto questo coacervo di sensazioni che il «Sequenzone Accelerato Macrotemporale» entra a gamba tesa. Spazza via i tempi morti, ancor più di quanto faccia il meccanismo filmico in genere, il che rappresenta forse la sua essenza più vera (come ricordava uno che la materia un po’ la masticava, tale Hitchcock Alfredo…).
Il sequenzone filtra le magagne, pota i problemi, scartavetra gli intoppi del tempo, che scorre così via liscio come l’olio, tanto che alla fine ci ritroviamo, seduti sulla nostra poltrona al cinema o in salotto, belli “sequenzonati” e giulivi, come l’ignaro vacanziere che continua a godersi la sua villeggiatura, mentre i ladri gli hanno svaligiato la casa (nel senso che sullo schermo ci hanno portato via una vita in due minuti, ma noi ci sentiamo bene…).

Possiamo considerare poi fra i parenti stretti del sequenzone, anche il montaggio (“Monty”: motore immobile ed essenza imprescindibile del “Blob” enricoghezziano). Ditemi infatti un po’ voi cosa c’entra quello spezzatino di inquadrature di “Monty”, con la normale visione che abbiamo delle cose nella realtà.
Una banale spiegazione potrebbe risiedere in un suo ricalcare remotissimamente la funzione del battito delle palpebre. L’ho scritto così per inciso, perché mi garbava a livello di suggestione, ma questa dello sbatacchiamento ciliare credo sia una pista di pensieri che non porta da nessuna parte.
Il refresh ottico che le palpebre ci garantiscono non ci propone ad ogni rinnovo di schermata una inquadratura molto differente da quella abbandonata un microsecondo prima. Invece il bello del montaggio sta proprio in quello, ossia che zompetta visivamente compiendo anche balzi tematici notevoli.

Prima ancora che costituire un fenomeno visivo, dunque, il montaggio si propone come dinamica concettuale. Ci aggrada perché riecheggia tutto il piacere provato quando la mente gira a mille ed associa idee con emozioni, a loro volta intrecciate a suggestioni, anch’esse frullate ancora con sogni, speranze, ipotesi, progetti, e così via, stropicciando e “pastrugnando” il tutto in barba dei limiti di spazio e di tempo.

Alla fine della fola, cosa possiamo concludere allora?
Al di là del fatto di essere divenuti parte di un vero e proprio linguaggio (quello cinematografico-televisivo) ormai codificato e consolidato, il «Sequenzone Accelerato Macrotemporale» e il montaggio ci sono particolarmente cari proprio in virtù della loro innaturalezza.
Perché ci fanno gustare per alcuni minuti l’onnipotenza di poter disporre dello spazio e del tempo godendo di prerogative normalmente a disposizione soltanto dei super eroi o di qualche semidio a scelta (che ne so: Ercole o SuperPollo…).

Anche se in un angolino della nostra mente, mentre ci beiamo di S.A.M. e di “Monty” a gogò, può sempre fare capolino quel campanello d’allarme premonitore, capace di farci subodorare lo “smadonnamento” che ci toccherà poi facendo la coda in macchina alla fine del film, uscendo dal parcheggio della multisala.
Questa volta purtroppo in un perfetto “piano sequenza”, spietato e inesorabile come un paio di calzini reduci da una settimana trascorsa nelle Adidas Torsion di un maratoneta.




7 commenti:

Anonimo ha detto...

Non capisco ma mi adeguo.

:-)

Ciao Gilli

:-)

Yossarian

Gillipixel ha detto...

@->Yossarian: azz...ho fatto così tanta confusione, Yoss? :-)
Minchia, sto invecchiando di brutto, e anche male, aggiungerei :-)

Grazie per aver comunque provato ad assecondare il folle :-)

Ciao Yoss :-)

maria rosaria ha detto...

sei un genio!! ma caspita, fatti leggere da qualcuno che ti spalanchi debite porte! :))
il refresh ciliare è fantastico!
baci

Gillipixel ha detto...

@->Maria Rosaria: ma mi fai arrossire come un piatto di surimi, Em Rose :-)
Grazie, sei sempre carinissima...in effetti, non saprei a chi rivolgermi, fra la gente con importanti chiavi in mano :-)
Forse i miei temi e le mie modalità narrative sono troppo anomali e minoritari per poter sperare in un qualche successo...
Ma chi lo sa, non metto limiti alla speranza, come le esperienze maori insegnano benissimo :-)

Bacini lusingati al limite della commozione :-)

farlocca farlocchissima ha detto...

a me piace che la vita passi, sopratutto dato che il mio passato mi fa abbastanza schifo in più punti :-) bacetti semisonori (bella bella la song!)

farlocca farlocchissima ha detto...

ps: concordo con maria rosaria ;-) ribacetti

Gillipixel ha detto...

@->Farly: lo sapevo che potevo trovare comprensione nella mia metà di chimera più autorevole :-)
Grazie, Farly, è bello sapere che per i miei scritti c'è sempre un angolino prezioso del tuo cuore :-) Bacini con inchino :-)