martedì 29 marzo 2011

Florilegi claudicanti


A Gillipixiland tutti le aspettavano con ansia anche quest'anno.
Va beh...tutti...diciamo qualcuno. Anzi, ancor meglio: facciamo che le aspettavio io, via.
E poi, con ansia...
Si fa presto a dire "...con ansia...".
Insomma, in un modo o nell'altro, io le aspettavo.

Sto parlando di un tipo di fiorellini che ogni primavera si ripresentano puntuali puntuali. Sono delle piccole violette strane. In uno spiazzo ghiaiato dietro casa, sbucano pian piano, senza dare tanto nell'occhio. Sono poche, isolate e minuscole, ma il loro colore e la loro sagoma mi hanno sempre affascinato.

Mio zio le chiamava le "viole zoppe". E' anche per questo che mi sono care, perchè mi ricordano mio zio. Era stato lui a "metterle giù", tanti anni fa ("seminare" in gillipixilandese si dice anche "mettere giù").

Naturalmente, all'epoca lui le aveva messe giù belle ordinate, non ricordo più se in piccole aiuole o dentro vasetti. Poi quell'originario ceppo floreale armonizzato non so che fine fece. Ma si vede che queste violette sono di una razza pertinace (il cui nome vero, io, da perfetto campagnolo imperfetto, ovviamente ignoro...), perchè il seme si deve essere diffuso col vento e sparpagliato qua e là fra il ghiaietto, tanto che a distanza di anni, ancora ne sbucano dei begli esemplari spolverati in giro, come vi dicevo.

"Viole zoppe": non saprei dirvi come, non saprei dirvi perchè. E nemmeno so se il nome fosse riferito correttamente da mio zio al giusto fiorellino.
Ormai, ogni volta che ho un dubbio del genere, finisco sempre per digitare la parola in questione su google. Sulle prime mi ero illuso di non aver trovato stavolta nessun riscontro, nemmeno un'occorrenza, tanto che il piccolo diavoletto passatista dentro di me, un po' sadico e molto contraddittorio, aveva frettolosamente esultato: «...che goduria!!! Finalmente una cosa che non c'è neanche sulla fottuta wikipedia!...». Sì, perchè, certe volte, rimanere con un po' di mistero verso le cose della vita, non è poi così male.

Ma il mio stonato ed immotivato gaudio si è subito smorzato, quando, ad un'analisi più attenta, mi sono reso conto di come in effetti un risultato interessante, la ricerca su google l'aveva sortito. Riguardo alle "viole zoppe", è balzato fuori infatti un estratto di questo piccolo trattatello agricolo, o erbario, secentesco, la cui prosa arcaica mi sono divertito non poco a leggere, con quella grafia buffa per certe consonanti, a metà via fra l'altisonante e il trombonesco, che ho rigorosamente mantenuto riportando il brano di seguito:

«...Qveste dette anco altrimente herba della Trinità, fi piantano di Primauera, et producono fiori durabili fino all'Autunno, et anco fino all'Inuerno, pur che fiano adacquate fpeffo, et coltiuate diligentemente.
Le foglie loro prefe per bocca, ò applicate di fuori, fono eccellenti per glutinare le piaghe.
Le foglie loro difeccate, et pofte in poluere, beuute con vino roffo alla quantità di mezzo cucchiaio, hanno gran virtù per restringere il budello uscito fuori...».

"L'agricoltura e casa di villa"
Carlo Stefano - MDCXLVIII

Con l'immenso e rispettosissimo sorriso sulle labbra che solo l'antica prosa sa regalarmi, ho quindi considerato che non è poi quella gran iattura per noi moderni sopportare il "fardello" spoeticizzante di avere a che fare con wikipedia, se il prezzo da pagare per arrivare a questo è stato il fatto di vedere meno gente in giro coperta di piaghe o con budelli pendenti di varia natura.

Ho anche scoperto che forse la dicitura di mio zio non era corretta, perchè se le "viole zoppe" sono l'«erba della trinità», ho poi visto, sempre attraverso la "sciagura" onniconoscitiva di google, che questa è invece tutt'altra cosa.
Ma poco importa. Quel che importa è il ricordo dello zio che ancora vive attraverso questi fiorellini.

Era un omone grande e grosso, ma il più buono che poteste immaginare.
Eppure, di motivi per essere incazzato con la vita, ne avrebbe anche avuti, lo zio. Fra le velleità coloniali di quando c'era quel gran trombone di "Lui" e le successive vicissitudini belliche, si era fatto qualcosa come una dozzina di anni di militare, molti dei quali in Africa, Eritrea, Etiopia e dintorni, prigionia in campo di concentramento inglese compresa.

Dopo aveva conosciuto mia zia, si erano sposati e avevano sgobbato una vita nella grande Metropoli, portando avanti con passione la loro attività commerciale. Ma le radici contadine dello zio lo avevano infine riportato alla sua grande passione: la terra.
I suoi anni di pensione li ha passati quasi sempre nell'orto. Vedere crescere fiori, piante, verdure, frutti, era la sua soddisfazione più grande. E si dilettava ad intessere certe sue piccole sperimentazioni vegetali, seminando generi di colture poco usuali o perlomeno curiose per Gillipixiland, come le piante di Actinidia che ancora oggi, ogni autunno, danno tanti buoni e sugosi kiwi, o diversi banani (quelli purtroppo non hanno retto al rigore di alcune gelate invernali...), mirtilli, more e tantissimi generi di fiori ed arbusti.

Aveva le scarpe grosse, lo zio, le faceva fare su misura e raramente l'ho sentito parlare dei tempi dell'Africa, c'erano ricordi troppo duri fra i tanti portati a casa da là. La voce era sicura, i modi gentili e sempre garbati. Se dovessi descrivere in maniera semplice il suo modo di fare, direi che si muoveva proprio come un gigante buono e suo malgrado un po' ingombrante nel fisico.

Quando aveva in mano una zappa o la vanga, oppure il tronchesino per potare, e una giornata di sole davanti a sè, non c'era niente di meglio che desiderasse. Sorrideva volentieri, sempre per motivi semplici e limpidi come la logica di una pianta che cresce.

Ora che lo zio non c'è più, ci sono ancora tante delle sue piante che recano ancora nella propria linfa tutto l'amore agricolo da lui diffuso in quei suoi bei anni goduti nel libero spirito contadino ritrovato.

E fra tutti questi verdi testimoni, le violette zoppe, come lui le chiamava, rimangono per me il ricordo più bello dello zio. Forse perchè sono quelle che meglio riflettono la tenacia che si celava dietro la sua gentilezza sconfinata.


6 commenti:

farlocca farlocchissima ha detto...

ma che bella storia! tra violette zoppe e zio mi sono commossa... certi ricordi sono un regalo della vita da conservare sempre, bella anche la scelta musicale. insomma

baci contenti della lettura

Gillipixel ha detto...

@->Farly: grazie, cara Farly...è sempre bello entrare a piedi felpati nella tua sensibilità di lettrice :-)

Bacini alla violetta :-)

friedenlinde ha detto...

che bello, questo ricordo del tuo zio gigante buono... e delle sue violette. :)
Concordo con te, a volte è anche bello non trovare riscontri su google e rimanere nell'ignoranza (o essere costretti, per una volta, a sfogliare la buona vecchia enciclopeia cartacea che ormai prende polvere negli scaffali :D )

Kika ha detto...

Mi ha commosso questo tuo ricordo dello zio. Fa tenerezza notare che la sua figura di gigante rivive in te accostata a quella di un minuscolo fiorellino: come se la violetta simboleggiasse il suo animo dolce per natura. Una violetta zoppa un po' come lui, rimasto ammaccato dalla vita ma sempre una bella persona. Ed è bello riflettere sulle cose che i nostri cari hanno costruito/creato/cresciuto e rimangono come traccia indelebile nel mondo. Grazie per aver condiviso questa storia, con tutti i suoi annessi e connessi di vario tipo :)

Gillipixel ha detto...

@->Friedenlinde: grazie Frida, che super gentile da parte tua aver letto questo mio lontano scrittino...anche se in fondo non l'ho conociuto tanto, lo zio rimane una figura importante per me, mi ha insegnato tanto, senza mai atteggiarsi a maestro o cose simili...

Ancora grazie di cuore :-)

Bacini profumati :-)

Gillipixel ha detto...

@->Kika: grazie, grazie e poi grazie, Kika :-) sono proprio contento che tu abbia letto questo mio scritto di tanto tempo fa...è vero, la vita prima di noi, continua a vivere con noi ed in noi attraverso segni, cose e fenomeni naturali in qualche modo legati ai ricordi di persone, avvenimenti, gesti, affetti che furono, ma che non di meno, grazie a quel miracolo di fusione intratemporale, in qualche modo continuano ad essere...

Lo zio era una persona speciale proprio per il suo essere un uomo così semplice e spontaneo...tra le tante cose che mi ha insegnato, c'è sicuramente la continuità fra uomo e natura...ma lui insegnava senza salirein cattedra, gli bastava semplicemente essere se stesso...

Grazie Kika :-)

Bacini naturali :-)