"Un pensiero al giorno"
160 - "Estetica, bell'etica"
"...Ciò che è importante per un pittore non è la realtà, ma la forma degli oggetti, così come ciò che è importante per un romanziere non è la successione degli eventi, ma il loro ordine, e ciò che è importante per lo scrittore di ricordi non è la precisione del passato, ma la sua simmetria...".
("Istanbul" - Orhan Pamuk - 2003)
Questa è la cosa bella dei grandi scrittori: senza che tu glielo abbia chiesto, ti vengono a spiegare la tua vita. Una cosa del genere l'avevo sempre sospettata, ma ci voleva la disarmante linearità di Pamuk per potermela far osservare in tutta la meraviglia del suo incanto.
Noi esseri umani siamo attratti dalle "belle forme", c'è poco da fare. Ed è quasi sempre nel nome di esse che agiamo, facciamo le nostre scelte, esprimiamo giudizi e teniamo in sostanza la rotta del nostro esistere.
Forma, ordine e simmetria non sono gli strumenti esclusivi del pittore, del romanziere e dello scrittore di ricordi. Sono gli attrezzi esistenziali di tutti.
Questo, ripeto, nel bene e nel male.
Sull'attrattiva di una bella forma, ordinata e simmetrica, quasi tutti fondano un proprio più o meno architettato progetto di vita. Salvo poi magari scoprire che gli aspetti compositivi non erano sufficienti, mentre il quadro creato delude e smentisce ogni aspettativa.
Stiamo parlando di armi un po' a doppio taglio, insomma. Stranamente, nel caso della pittura, della narrativa e delle storie di ricordi, queste armi possono condurre a una notevole profondità. Nel caso della vita vissuta, invece, possono farci invischiare in una temibile superficialità.
È importante allora tenere sempre ben chiara la distinzione fra i due piani. Anche se sembra banale dirlo, non lo è nella effettività delle cose.
Succede soprattutto coi ricordi, che molto spesso non sono altro che una sequela di fatti abbastanza slegati.Eppure, il senno di poi della ricostruzione mnemonica ce li fa apparire rivisitati in una struttura coerente, che andrà a formare la nostra identità in itinere, e il nostro proprio "riconoscerci come noi stessi".
In questo senso, ciascuno inganna sempre un po' se stesso (in senso buono e in buona fede), e questo è forse uno dei modi migliori di impiegare la nostra naturale tendenza a interpretare il nostro mondo sulla base prioritaria di valori compositivi (in altre parole, seguendo l'amore per le "belle forme").
Per contro, chi non riesce a delineare il proprio tempo vissuto entro la cornice di un racconto dalla forma coerente, rinnovando quotidianamente questa sapiente pratica, si trova come disperso in una indefinitezza che disorienta, spiazza, obnubila.
Giova insomma al buon vivere, saper essere un po' pittori, un po' romanzieri, un po' scrittori dei ricordi di se stessi. Senza scordare che in questo caso, i colori, la tela, i pennelli, le penne, l'inchiostro e la pagina bianca, siamo sempre, e ancora una volta, noi.
1 commento:
Ho riletto velocemente "The autobiography of Alice B. Toklas" di Gertrude Stein per riportare qui il giusto commento al tuo post interessante, ma le riflessioni sulla pittura e la letteratura sono talmente tante che, se hai voglia, Gill-thinker, forse è meglio che tu te le legga da solo.
;)
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