"Un pensiero al giorno"
157 - "Est modus in sgrattus"
Si può imparare qualcosa da ogni gesto spicciolo quotidiano. Anche dall'atto di grattugiare il formaggio.
Un tempo mi pesava, questa piccola incombenza domestica. Mi concentravo troppo sulla forza necessaria, la investivo tutta nella rapidità, per fare in modo che l'insieme del lavorio durasse il meno possibile.
Stringevo forte la grattugia con la sinistra, il grosso pezzo di formaggio nella destra, e davo energiche sfregate contro la scabrosa superficie dai denti bucherellati, calcando bene per far scendere più velocemente possibile l'aromatica nevicata.
In questo modo, trattavo il tutto come un impiccio da sbrigare, col risultato di stancarmi quasi subito in pochi minuti.
Pian piano ho imparato che, sforzandosi di vederci invece qualche aspetto piacevole, cambia tutto il modo di considerare il compito.
Lo scorrimento può essere fatto più leggermente, apprezzando come variano i diversi tipi di attrito sotto la pressione della mano. L'energia è meglio dosarla lungo il tempo, senza fretta di accumulare alla svelta il monticello di spessa polverina bianca.
Nel frattempo, si può anche osservare come questa cada dolcemente di sotto, a ogni rinnovato tocco del nostro ritmico armeggiare. Se il pezzo di formaggio è un po' friabile, ogni tanto si staccheranno dei pezzetti più grossi, non adatti a figurare come grattugiati, e che quindi vanno fatti onestamente sparire, sbocconcellandoseli via, con conseguente sosta di riposo.
Approfittando della pausa, mentre il buon sapore familiare impregna le papille, ci si può annusare la mano che ha tenuto il pezzo e si è cosparsa di quel gradevole impuzzimento untuoso, così caro a chi apprezza il formaggio.
Poi si riprende, sempre con ritmo e dosaggio di forze e tempi. E si può andare avanti senza tanta fatica, sino al raggiunto quantitativo necessario di esito "grattoriale".
Insomma, da impegno noioso e poco gradito, da spicciare alla bell'e meglio sfuggendone via, è divenuto un momento notevole di "consapevolezza e presenza". Senza voler esagerare, è un po' come suonare uno strumento musicale, dal quale, oltre a un delicato tappetino di note grattate (quel sottofondo di simpatici "grunz, grunz" di sfregamento), si traggono fuori anche melodie olfattive e promesse gustative a venire.
Morale della favola formaggera: più si interroga la realtà, più questa ci risponde che mente e azione, quando procedono in armonia, si esaltano a vicenda.
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