giovedì 27 dicembre 2018

Le tre esse mai di moda


Con rispetto parlando, le mode mi sono sempre state sui coglioni.

Forse sarà anche per questo che vado maturando da tempo una sorta di considerazione accondiscendente, verso tre aspetti della vita dai più reputati come disvalori.

Parlo del silenzio, della solitudine, e della sconfitta.

Non importa quanto un tipo possa essere in gamba, intelligente, popolare, abile nell’acquisire potere o danaro, bravo nel farsi ben volere, nel risultare affascinante per gli altri.

Prima o poi la vita lo azzittisce, lo relega a restare in un angolo con l’unica compagnia di se stesso, lo sconfigge.

In questo senso, non va frainteso quanto voglio dire. Silenzio, solitudine e sconfitta, non bisogna di certo andarseli a cercare col lanternino, sfoggiando la più sfavillante masochistica frenesia.

Il punto è un altro.

Il punto è che, alla fin fine, non si potrà nemmeno sforzarsi di scansarli.

Che ci facciamo o che “non” ci facciamo qualcosa noi, prima o poi arrivano. Magari in una forma del tutto inattesa, dalle direzioni più impensate, nelle circostanze che mai avremmo immaginato.

Ma arrivano.

Ecco allora che diventa inutile arrovellarsi per stabilire se silenzio, solitudine e sconfitta, siano valori o disvalori. Sono elementi della realtà con cui tutti prima o poi ci dobbiamo confrontare.

Oltre a questa caratteristica, silenzio, solitudine e sconfitta hanno altri tratti comuni.

Possono assumere un aspetto interessante nei casi in cui ci concedano un minimo di libertà di poterli scegliere, quando ci lasciano un po' di voce in capitolo.

Stare in silenzio, ritrovarsi soli, perdere, certe volte: sono tutte situazioni che possono rivelarsi feconde di possibilità, se solo siamo capaci di rivalutarle in una differente prospettiva, insolita, rispetto al comune modo di vedere.

Silenzio, solitudine, sconfitta: li ho elencati secondo il grado crescente di difficoltà.

Il silenzio è forse il più “digeribile” di tutti. Se ci è concesso di sceglierlo, è una possibile fonte di rigenerazione interiore notevole.

Saper coltivare i momenti di silenzio aiuta a rendere davvero preziose poi le occasioni di dialogo e confronto. Aiuta a selezionare meglio quanto si andrà a dire, riduce l’inflazione delle parole, le carica di uno spessore più significativo.

Subito di seguito, saper gestire bene il silenzio è un preludio buono per riuscire ad attraversare la solitudine, non solo coi minori danni possibili, ma forse anche guadagnandoci qualcosa.

Sembra strano ed estremo a dirsi, ma a ben guardare ogni mattoncino del vivere regge a partire dalle fondamenta della solitudine. Tutto parte da lì.

I più grandi problemi, le sfide più dure, le difficoltà più ardue…certo, senza l’aiuto degli altri non potremmo nemmeno iniziare a pensare di affrontarle.

Ma se di fondo non c'è un retroterra interiore consolidato grazie alle sole nostre risorse personali (in altre parole: costruite “da soli”), non starà un piedi bel nulla.

Più complicato di tutti è il capitolo della sconfitta. Come si fa a dire che nella sconfitta ci può essere qualcosa di buono? Per di più, la sconfitta, nessuno la sceglierebbe mai…forse giusto un pazzo…

Ma anche qui vanno fatte distinzioni fra sfumature molto sottili.

A volte chi accetta la sconfitta dimostra molto più coraggio e valore del vincente stesso.

Chi riconosce di aver perso fa un esercizio di realismo molto significativo e intenso.

Concede alla realtà di proseguire e “rimarginarsi”, senza causare strappi ancor più gravi della propria personale perdita del momento.

Ma ancora più importante è che le forme della sconfitta vengano riviste e rivisitate da parte dei vincitori.

Chi vince, e dunque causa sconfitta, dovrebbe sempre riconoscere il ruolo fondamentale dello sconfitto, in questo grande, complesso gioco dialettico che è la realtà.

Il vincitore che invece umilia il perdente, non fa altro che mettere le basi per una sua sconfitta futura.

Chi perde, insomma, non è che scelga mai di farlo. Ma va in ogni caso riconosciuto come nobile parte in causa della vasta dinamica della vita.

Ognuno desidera dire agli altri (non stare in silenzio), sentirne il contatto (non stare solo), e parte sempre per vincere nelle sfide (non essere sconfitto).

Ma se si ritrova poi solo, nel silenzio, e sconfitto, deve poter contare sulla consapevolezza di aver raggiunto ad ogni modo un traguardo carico di una speciale dignità.

Ecco. Oggi volevo dire qualcosa su questi aspetti della vita che mi stanno a cuore proprio per la loro apparente contraddittorietà problematica: silenzio, solitudine, sconfitta.

E se non sono stato abbastanza chiaro o lineare, concedetemi almeno le attenuanti generiche per eccesso obnubilante da ingestione reiterata e continuata di anolini.

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