Può succedere che le opere d’arte, tanto più se pregevoli e complesse, diano adito ad interpretazioni non previste nemmeno dall’autore. Ma a volte il fenomeno sembra accadere anche con le parole stesse, che possono imboccare percorsi di senso forse in origine non presenti neanche fra i pensieri di chi le ha pronunciate o scritte.
Qualche tempo fa (non ricordo se son passati mesi o anni, ma poco importa), sentii da qualche parte una dichiarazione rilasciata dal mitico cantante e bassista dei Police, Gordon Matthew Sumner…ecchiccazz’è!?!?! ...esclameranno i più impazienti… sì dai, il buon vecchio Sting volevo dire.
“Il rock è una musica reazionaria”, disse in sostanza quel gran trapano di un pungiglione biondo. Non capii bene dove voleva andare a parare, ma quella frase mi è sempre rimasta in mente. Cercando un po’ sul web ho trovato qualche spiegazione, nel senso che il rock imporrebbe una sorta di “tirannia del banale” con conseguente ottundimento generalizzato delle coscienze.
Può darsi che il buon “Sting…ary Smith” (…solo i cultori di Trinità avranno potuto cogliere questo demenziale calembour) non avesse tutti i torti. Ma recentemente sono tornato a riflettere sulla questione e mi sono dato un’interpretazione mia.
La considerazione è nata dal gironzolare per strada con le orecchie farcite di mp3. Cosa succede ad esempio mentre sei fermo al semaforo per strada, aspettando di attraversare al passaggio pedonale, e magari ti parte direttamente nel cranio “Break on through” (rigorosamente “to the other side”, s’intende…)? Le auto sfrecciano sulla zebra, la mente vola lontana cavalcando lo sguardo là sotto, perso nel flusso del serpentone motorizzato, e il pensiero si fa aggressivo, aggrappato alle vibrazioni taglienti delle note. In men che non si dica, il cervello è un impasto estetico di melodia neuronale e ragionamenti rivoluzionari, e quasi non ti sei reso conto come:
“…You know the day destroys the night…ma cosa fa tutta ‘sta massa di stronzi dentro quelle scatolette di lamiera, ma andate a casa…night divides the day…guarda quello lì: 40mila euro di macchina, un anno e fischia di lavoro per mettere il culo dentro un pezzo di lamiera…tried to run tried to hide…”.
Nel frattempo però si crea un distacco netto fra bellezza interna provata musicalmente e desolazione (o perlomeno pochezza) esterna percepita visivamente. La differenza è troppo ampia e chiunque abbia un minino di senso estetico (tanto più che le canzoni se le sceglie lui) opta senza pensarci un secondo per quell’ideale mondo interno parallelo. E se prima di pigiare il play aveva anche una minima intenzione di agire sul mondo là fuori per tentare di migliorarlo, alla fine della canzone si è accorto che ormai la rivoluzione l’ha combattuta e vinta nella sua mente, e non gliene può fregare ormai poco più di niente di andarsi a sbattere per cambiare una realtà definitivamente bollata come deludente ed inadeguata.
Ecco dunque come la frase di Sting si è riformulata nella mia percezione bislacca: il rock è una musica reazionaria perché, con la sua energetica aggressività, la rivoluzione te la fa combattere tutta nella tua testa.
E dopo aver assaporato lo sfavillio esistenzialista di Break on through, la martellante visionarietà di In bloom, il furente sarcasmo autolesionista di God save the Queen, la cinica eleganza di Personal Jesus, a chi mai rimane la voglia di prendere in mano una falce ed un martello arrugginiti?
2 commenti:
Grande in tutte le citazioni, in quello che scrivi e pure perché ti piace "In Bloom"...Grande.
Adesso posso rispondere anche da qua :-) grazie di nuovo e a rileggere presto tuoi nuovi articoli, sempre molto belli...ciao
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