Ieri sono stato dal barbiere. Non dal parrucchiere, nè dalla parrucchiera, tanto meno dal coiffeur. No, no. Proprio dal barbiere sono stato.
Il barbiere è un tipo "umano-socio-artigianale" in via d'estinzione. Non so se questo sia un bene o un male. Non so se valga tanto la pena rimpiangerlo o provare malinconia. Tutto prima o poi finisce, ogni epoca si porta dietro i suoi tratti piccoli e grandi, e quando l'epoca svanisce essi si attenuano insieme a lei. Funziona così e forse non vale tanto la pena domandarsi se sia giusto o no, oppure sprecare sentimenti in proposito: è così e basta.
Fatto sta che la figura del barbiere per me è ricca di significati e di ricordi. Da bambino vivevo sempre in modo conflittuale l'idea di dovermi recare in quel luogo. La capigliatura conquistata in alcuni mesetti di crescita me la sentivo affettuosamente addosso, in una sorta di equilibrio amniotico che reputavo ingiusto andare a turbare facendone partorire una rinnovata pelatina a furia di sforbiciate e smacchinettate.
Nel nostro dialetto poi non si dice "andare a farsi tagliare/acconciare/accorciare i capelli".
Si usa invece un'espressione cruda e dozzinale, evocante molto più tonsure ovili o falciature di prati che non interventi di aggiustamento della chioma con finalità estetiche.
Si dice infatti "andare a farsi tosare". L'espressione, sempre nel dialetto del mio paese, in un certo contesto ha assunto addirittura le veci di una sorta di "vaffa" in versione amichevole, meno cattivo e pungente del "vaffa" effettivo, una specie di "vai a girare", "vai a quel paese".
Questo succede quando si dice all'amico: "fàt tusà" ("fatti tosare").
Dal parrucchiere dunque si va a farsi l'acconciatura, mentre da bambino, dal barbiere del paese andavo a farmi tosare. Una volta entrato nella bottega e seduto sul vecchio trono girevole e polveroso, le mie remore iniziali svanivano come d'incanto.
I motivi di questa metamorfosi erano vari.
Un po' c'erano da ammirare dettagli ed ammenicoli barbierali vari.
Flaconi ed alambicchi simil-alchimistici, con enigmatici liquidi multicolore, tubi gommo-sinuosi e pompette di raso.
L'armamentario delle forbici con la temutissima "dentata", terrore delle mie orecchie e del mio roseo collo infantile.
Macchinette a mano di varie misure, che inevitabilmente tutte le volte mi ricordavano la macchinaccia per i cavalli, mastodontica (ma identica nella forma in modo inquietante a queste per "uso umano"), che a casa vedevo spesso in giro, rimasuglio dell'antica professione dei miei nonni, per generazioni trasportatori di merci su carri a traino equino.
E ancora, odori e profumi di creme, schiume, lozioni, lacche, acque di colonia, lo "scodellino" per il sapone da barba con il pennellone, ed il rasoio il cui uso a me competeva solo per un po' di pelurietta invisibile sul collo e dietro le orecchie, con ripulitura sulla schedina del Totocalcio fra una passata e l'altra.
Ma poi c'era il fatto che lì ti trovavi nel regno della chiacchiera maschile.
Non era previsto che io ci mettessi bocca, dato che ero un bambino, ma lì potevo saziare tutta la mia sete di ascolto, che come ho già detto in altre occasioni è sempre stata più forte della mia propensione a parlare. E se capitava di imbattersi in uno o due affabulatori di classe del paese, era una festa della fantasia e delle sonorità dialettali, meglio di tutti i canali di Sky e del digitale terrestre messi insieme, e di tutto il cinema in 3D più sofisticato che potranno mai escogitare.
Il calcio, ricordi di fatti del passato, episodi buffi legati al mondo contadino, dicerie e pettegolezzi circa il tale e la tale, affrontando anche passaggi scabrosi e proibiti (storie di amanti e pruriginosità varie), con l'abilità linguistica aggiuntiva di dover parlare in codice, alla presenza di un bambino (forse pur sapendo che alla fine già capivo benissimo tutto).
Sotto la coltre protettiva e placentare della mantellina "anti-ciocche tosate", mi coglieva regolarmente una sonnolenza lieve, cullato dal chiacchiericcio vitale e caciarone degli uomini, con il batter di denti della forbice che mi ritmava nelle orecchie.
Oggi in paese, di tre o quattro barbieri che erano, non ne è rimasto più nessuno. Adesso vado nel paesone più grosso, qui vicino, dove posso ancora farmi "tosare". Finchè dura. Un giorno poi, immagino che anche io sarò costretto a farmi acconciare i capelli.
4 commenti:
amarcord che da piccola, tra urla e strepiti mi portavano dal barbiere dei bambini (unisex) munito di cavallucci e pupazzetti su cui sedere, lo odiavo. capelli-corti-che-son-più-comodi ... saraà così che poi, finita anche l'epoca del nuoto che in effetti è meglio con capelli corti, non me li sono praticamente più tagliati :-) anche questi son condizionamenti .... explarwr infatti
eh, Farly...ti capisco, la "tosata" era sempre e comunque un evento troppo traumatico per dei mini-super eroi :-) dionioni!!! :-))))
:) bello.
grazie Rose..hai visto che ho disseminato qua e là pillole di antidoto antietàdellorista? :-)
thecupsa mi dice blogspot, ricordando il fratello minore di un re atzeco mai salito al trono :-)
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