Anche se all’epoca della mia fanciullezza la questione non mi sarebbe mai passata per la testa, avrei forse dovuto capire fin da allora che il muro di Berlino era destinato a cadere, solamente facendo un confronto fra i cartoni animati occidentali e quelli di oltrecortina.
Il marxismo ha estrapolato tante teorie affascinanti, che sono andate a rimpinguare degnamente la cornucopia dello scibile umano. Tuttavia era ignaro di essere atteso al varco da una buffa nemesi ludico-storica.
Pur avendo posto le basi teoriche anche di un tema così spettacolare come il concetto di “cultura materiale”, le suggestioni esistenziali scaturite dal pensiero del barbone di Treviri non sono mai riuscite a tenere in conto che quando un gatto “di cartone” insegue un topo a sé consustanziale, e si schianta intorno al buchetto della tana “salva-roditore”, le conseguenze tangibili che anche “filmicamente” ne derivano, debbono seguire leggi ben precise.
“Quelle” leggi, e non altre possibili.
Tali “leggi” nei cartoni americani le puoi “degustare” a tutti gli effetti, come se fossero state succhiate direttamente dalla vita più viva. I vecchi cartoni dell’est possedevano invece una presa sulla realtà pari a quella espressa nel dormiveglia da un idealista alticcio e un po’ svanito.
Ci sono certi passaggi, certi dettagli, certe sfumature negli episodi di Silvestro, Bugs Bunny, Will Coyote o Tom & Jerry, che rivelano una sensibilità verso il reale talmente fine da poter essere equiparata, absit iniura verbis, agli affondi nella femminea ciccia marmorea praticati dalle affusolate dita di un Apollo plasmato dal Bernini o di un Amore del Canova.
Il grande discrimine storico-ideologico-filosofico fra i due mondi separati dal Muro, mi piace insomma riassumerlo tutto in questa bislacca sintesi cartoonesca a priori.
Il “blocco occidentale”, sulla base di una secolare stratificazione empirica, “sapeva” che sbattendo il muso contro il Muro, ci si fa male. Il “blocco orientale” partiva invece già con la pretesa di andare a sbattere contro il Muro, teorizzando tuttavia che non ci si sarebbe fatti male, e persistendo nella propria convinzione anche dopo il cozzo, giurando e spergiurando che i 10 punti sul labbro inferiore e l’osso del naso rotto erano solo un momentaneo incidente di percorso in cui era incappata la realtà, non il proprio grugno.
Il successo che continuano a riscuotere anche a tutt’oggi i cartoon americani è la prova provata di tutto il mio impianto dimostrativo sproloquiale.
Topini-cuochi (Ratatouille), umanizzate scatolette-robot di latta (Wall-E), automobiline antropomorfizzate (Cars), insetti-persona di ogni genere, grado e personalità (Bee movie, A bugs life): la fantasia dei cartoonist USA non conosce limite, non si ferma di fronte a nessun soggetto, riuscendo a far germogliare empatia a bizzeffe da qualsiasi simulacro del reale animato o inanimato, infondendogli una rispondenza alla concretezza del vivere che non può fare a meno di suscitare le forme di stupore più partecipate da parte dello spettatore.
Parlo del saper cogliere la purezza più pura di un sorriso o di una qualsivoglia espressione del viso, oppure del saper rendere certe movenze o dettagli della quotidianità con efficacia plastica talmente lampante, in quanto rintracciabile da parte di ognuno nella propria esperienza diretta di ogni attimo di tempo vissuto, di ogni cm. di spazio misurato.
Sarà stato anche per questo che alcuni cartoni del “vecchio est”, con quel loro ipnotico e bigio fascino “bizantino-sovietizzante”, potevano essere amati solo da bimbetti flautatamente malinconici e sognatori in solitaria, come me. Di personaggi ne ricordo solo due, in particolare. Ma vi assicuro che come “densità mnemonica” bastano e avanzano.
Uno è “La Talpa”, o “Krtek”, che per ironia di una sorte “spara-freddure”, nemmeno a farlo apposta, era un cartone animato Ceco. L’altro è il leggendario Gustavo, superba produzione degli ungheresi «Pannonia Films Studios».
Focalizzo l’attenzione sull’ineffabile Gustav, perché è la vera e propria icona della guerra fredda cartoonesca versione “al di là del muro”. Date un’occhiata (se ve la sentite!!!) all’episodio che vi riporto qui sotto, e forse riuscirò meglio a spiegarmi:
Gustavo, quando tocca le cose, quando si muove, quando guida la sua macchinina di regime standardizzata, quando usa ogni utensile utile alle più piccole cosette quotidiane, non fa nulla di tutto questo con “connotazioni empiriche”. Gustavo tocca le cose burocraticamente, si muove burocraticamente, affronta la quotidianità burocraticamente, respira, gesticola e bofonchia burocraticamente.
Mentre alle spalle di Silvestro, Titti, Braccobaldo, Ernesto Sparalesto & Co. si assapora la lunga ombra della potenza di Walt Whitman, la scaltrezza esistenziale di Mark Twain, l’asciuttezza espressiva di Hemingway, dietro Gustavo si profila per intero la “rivoluzionarietà” poetica di Vladimir Vladimirovic Majakovskij, spunta tutta l’utopica “castell-in-arietà” delle “sculture architettoniche” costruttiviste di Tatlin o dei dipinti di Malevic, fa capolino addirittura l’eresia dissimulata di un Kafka grande “scopritore” dei risvolti onirico-burocratico-grotteschi dell’esperienza umana affondata in questa valle di paradossi.
Da una parte, dunque, la mia ammirazione estetica è sempre andata alla perfezione empirica dei personaggi americani. Però osservandoli un po’ con quello spirito riservato ai compagni di scuola primi della classe, bravi, geniali, per carità, ma anche un tantino stucchevoli nella loro “secchioneria”.
Per altri versi invece, il mio cuore ha battuto forte soprattutto per il candore nostalgico del “nuvoloso” Gustavo, con lo stesso senso di simpatia tenuto in serbo per l’amico un po’ bonaccione, sempre relegato al primo banco, quello a cui tutti rubavano la merendina e sparavano chicchi di riso sul “coppino” (trad.= nuca) durante l’ora di religione.
Insomma, cosa aggiungere ancora? Niente, salvo affidarmi alla saggezza visionaria del buon vecchio Jim che sempre ci rammentava: «…The west is the best…the west is the best...get here and we’ll do the rest!…».
Il marxismo ha estrapolato tante teorie affascinanti, che sono andate a rimpinguare degnamente la cornucopia dello scibile umano. Tuttavia era ignaro di essere atteso al varco da una buffa nemesi ludico-storica.
Pur avendo posto le basi teoriche anche di un tema così spettacolare come il concetto di “cultura materiale”, le suggestioni esistenziali scaturite dal pensiero del barbone di Treviri non sono mai riuscite a tenere in conto che quando un gatto “di cartone” insegue un topo a sé consustanziale, e si schianta intorno al buchetto della tana “salva-roditore”, le conseguenze tangibili che anche “filmicamente” ne derivano, debbono seguire leggi ben precise.
“Quelle” leggi, e non altre possibili.
Tali “leggi” nei cartoni americani le puoi “degustare” a tutti gli effetti, come se fossero state succhiate direttamente dalla vita più viva. I vecchi cartoni dell’est possedevano invece una presa sulla realtà pari a quella espressa nel dormiveglia da un idealista alticcio e un po’ svanito.
Ci sono certi passaggi, certi dettagli, certe sfumature negli episodi di Silvestro, Bugs Bunny, Will Coyote o Tom & Jerry, che rivelano una sensibilità verso il reale talmente fine da poter essere equiparata, absit iniura verbis, agli affondi nella femminea ciccia marmorea praticati dalle affusolate dita di un Apollo plasmato dal Bernini o di un Amore del Canova.
Il grande discrimine storico-ideologico-filosofico fra i due mondi separati dal Muro, mi piace insomma riassumerlo tutto in questa bislacca sintesi cartoonesca a priori.
Il “blocco occidentale”, sulla base di una secolare stratificazione empirica, “sapeva” che sbattendo il muso contro il Muro, ci si fa male. Il “blocco orientale” partiva invece già con la pretesa di andare a sbattere contro il Muro, teorizzando tuttavia che non ci si sarebbe fatti male, e persistendo nella propria convinzione anche dopo il cozzo, giurando e spergiurando che i 10 punti sul labbro inferiore e l’osso del naso rotto erano solo un momentaneo incidente di percorso in cui era incappata la realtà, non il proprio grugno.
Il successo che continuano a riscuotere anche a tutt’oggi i cartoon americani è la prova provata di tutto il mio impianto dimostrativo sproloquiale.
Topini-cuochi (Ratatouille), umanizzate scatolette-robot di latta (Wall-E), automobiline antropomorfizzate (Cars), insetti-persona di ogni genere, grado e personalità (Bee movie, A bugs life): la fantasia dei cartoonist USA non conosce limite, non si ferma di fronte a nessun soggetto, riuscendo a far germogliare empatia a bizzeffe da qualsiasi simulacro del reale animato o inanimato, infondendogli una rispondenza alla concretezza del vivere che non può fare a meno di suscitare le forme di stupore più partecipate da parte dello spettatore.
Parlo del saper cogliere la purezza più pura di un sorriso o di una qualsivoglia espressione del viso, oppure del saper rendere certe movenze o dettagli della quotidianità con efficacia plastica talmente lampante, in quanto rintracciabile da parte di ognuno nella propria esperienza diretta di ogni attimo di tempo vissuto, di ogni cm. di spazio misurato.
Sarà stato anche per questo che alcuni cartoni del “vecchio est”, con quel loro ipnotico e bigio fascino “bizantino-sovietizzante”, potevano essere amati solo da bimbetti flautatamente malinconici e sognatori in solitaria, come me. Di personaggi ne ricordo solo due, in particolare. Ma vi assicuro che come “densità mnemonica” bastano e avanzano.
Uno è “La Talpa”, o “Krtek”, che per ironia di una sorte “spara-freddure”, nemmeno a farlo apposta, era un cartone animato Ceco. L’altro è il leggendario Gustavo, superba produzione degli ungheresi «Pannonia Films Studios».
Focalizzo l’attenzione sull’ineffabile Gustav, perché è la vera e propria icona della guerra fredda cartoonesca versione “al di là del muro”. Date un’occhiata (se ve la sentite!!!) all’episodio che vi riporto qui sotto, e forse riuscirò meglio a spiegarmi:
Gustavo, quando tocca le cose, quando si muove, quando guida la sua macchinina di regime standardizzata, quando usa ogni utensile utile alle più piccole cosette quotidiane, non fa nulla di tutto questo con “connotazioni empiriche”. Gustavo tocca le cose burocraticamente, si muove burocraticamente, affronta la quotidianità burocraticamente, respira, gesticola e bofonchia burocraticamente.
Mentre alle spalle di Silvestro, Titti, Braccobaldo, Ernesto Sparalesto & Co. si assapora la lunga ombra della potenza di Walt Whitman, la scaltrezza esistenziale di Mark Twain, l’asciuttezza espressiva di Hemingway, dietro Gustavo si profila per intero la “rivoluzionarietà” poetica di Vladimir Vladimirovic Majakovskij, spunta tutta l’utopica “castell-in-arietà” delle “sculture architettoniche” costruttiviste di Tatlin o dei dipinti di Malevic, fa capolino addirittura l’eresia dissimulata di un Kafka grande “scopritore” dei risvolti onirico-burocratico-grotteschi dell’esperienza umana affondata in questa valle di paradossi.
Da una parte, dunque, la mia ammirazione estetica è sempre andata alla perfezione empirica dei personaggi americani. Però osservandoli un po’ con quello spirito riservato ai compagni di scuola primi della classe, bravi, geniali, per carità, ma anche un tantino stucchevoli nella loro “secchioneria”.
Per altri versi invece, il mio cuore ha battuto forte soprattutto per il candore nostalgico del “nuvoloso” Gustavo, con lo stesso senso di simpatia tenuto in serbo per l’amico un po’ bonaccione, sempre relegato al primo banco, quello a cui tutti rubavano la merendina e sparavano chicchi di riso sul “coppino” (trad.= nuca) durante l’ora di religione.
Insomma, cosa aggiungere ancora? Niente, salvo affidarmi alla saggezza visionaria del buon vecchio Jim che sempre ci rammentava: «…The west is the best…the west is the best...get here and we’ll do the rest!…».
8 commenti:
una sola parola: spettacolare!!
bacio
il filmino mi ha un po' rattristato, anche se devo dire che una morale l'ho trovata: in una dimensione molto standard dove le azioni erano preordinate ed ordinarie la mosca rappresentava l'eversione creativa dell'essere. ma con pochi mezzi e poche possibilità economiche. Ti faccio gli auguri?
"Il marxismo ha estrapolato tante teorie affascinanti, che sono andate a rimpinguare degnamente la cornucopia dello scibile umano."
...e le fosse comuni.
Per il resto e' un post bellissimo.
Auguri e grazie infinite. Tutto ricevuto.
Sei leggendario Gilli.
@->Farlocca: grazie, metà chimera tenera :-) son lieto di averti allietata :-)
...e viste le temperature qui a Gillipixiland, bacio con l'antigelo :-D
@->Antonella: era malinconico forte il vecchio Gustav, Anto, non ti posso dare torto :-) un'interpretazione molto interessante la tua, che condivido...in generale, mi pare che i cartoni di Gustavo, contenessero questo burocratismo esagerato per fare una sorta di satira dissimulata, dato che il regime non l'avrebbe fatta passare se fosse stata palese...i regimi sono ottusi, non capiscono tali finezze :-)
Gli uffici di Gillipixiland sono aperti a tutte le ore per ogni tipologia di auguri :-)
Grazie per la simpatia, Anto :-)
@->Yossarian: naturalmente era uno scritto scherzoso, Yoss, e una marea di cose (soprattutto quelle seriose) le ho dovute lasciare da parte :-) ma non temere, la mia coscienza critica e la mia indignazione nei confronti dello spregio verso libertà e vita umana perpetrato in nome del marxismo, risalgono praticamente all'epoca in cui frequentavo le scuole elementari :-) anche se ero un bambinetto, ascoltavo già con orrore le cronache dalla Cambogia dei khmer rossi...e aggiungo, per soprammercato, che mi sono letto anche bauona parte di Arcipelago Gulag...
Ci tenevo a dirti queste cose per rassicurarti :-) e grazie per i complimenti: fatti da te sono sempre come una mostrina in più da attaccare alla divisa di soldatino della scrittura :-)
Grande!!! E' arrivato?!?!? :-) Bellissimo, mi fa un piacere grandissimo!!! Temevo che si fosse incagliato da qualche parte sotto il tunnel della Manica :-)
Bello!!! Sono proprio felice :-)
Ciao Yoss!!!
io resto stupefatta ogni volta di più! un parallelo che tocca aspetti ilari e giocosi passando per la tragedia dell'incomunicabilità imposta. è un capolavoro questo post. caro gil, io ti chiedo di farti strada... te lo meriti!
auguri di cuore per un natale sereno e solo sereno!
bacio
@->Maria Rosaria: ed io rimango ogni volta un po' commosso e arrossito, per quanto sei cara e gentile, EmRose :-)
La mia strada da qualche parte ci sarà :-) io la fiuto e continuo a sperare...mal che vada, mi sarò divertito lo stesso :-)
Anche a te, tanti auguri per un Natale senza fronzolame retorico, ma solo sostanza serena e pacata :-)
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