Dopo aver sproloquiato di cibo e personalità, oggi ribalto completamente la questione “annullando” del tutto il corpo.
Certe volte, giusto per non farmi mancare argomenti fondamentali e motivi di riflessione indispensabili per un equilibrato proseguimento esistenziale, mi viene da chiedermi come sarebbe il mondo se le persone fossero fatte di pura parola scritta.
Intendo: ogni individuo costituito solo dal suo esprimersi per iscritto. Certo, ci vuole uno sforzo di astrazione mica piccolo per riuscire a raffigurarsi la cosa, by-passando tutte le implicazioni e le distorsioni tecnico-pratiche che ne deriverebbero.
Per tagliare la testa al gnoro (…così, tanto per cambiare e risparmiare per una volta la pellaccia di un toro), diciamo che io la immaginerei in questa maniera: ogni persona si presenterebbe come un fumetto ambulante. Proprio un fumetto tipo quelli che si portano sempre appresso, sopra la testa, Tex Willer, l’Uomo Ragno, Alan Ford e tutta l’allegra compagnia di cartone. Però dovrebbe essere un fumetto di discreta capienza. Diciamo un fumetto che possa ospitare i caratteri della pagina media di un libro tascabile di dimensioni normali (spazi inclusi), e con la possibilità di scorrere in su e in giù, ossia di “scrollare” a mo’ di finestra di windows.
Sotto non ci trovereste ovviamente il suo personaggio allegato, come da tradizione fumettistica classica. Ciascuno individuo sarebbe invece semplice parola pura fatta fumetto semovente.
Va beh, non ci sarà voluto molto a smascherare il mio piano: si era già capito che sto parlando del mondo ideale nel quale, forse, mi sarebbe piaciuto vivere.
Fra le parole vergate, istoriate, suggellate, immortalate, stampigliate, marchiate, inchiostrate, fissate insomma su supporto immobile tramite tecnica stabile, io mi trovo proprio a mio agio. Lì riesco a far cose che mi risultano invece mille volte più ardue quando mi ritrovo appiccicati addosso tutti gli altri ammennicoli esistenzial-comunicativi, tipo gestualità, presenza fisica, padronanza dei tempi del discorso, intonazione e volume della voce, freddezza raziocinante e presenza di spirito, espressività del volto e prontezza della battuta, profondità dello sguardo e controllo cromatico delle superfici cutanee, e così via.
“Ma come?” mi si obbietterà, “solo per questo vorresti rinunciare a tutta la parte sensoriale dell’esistere, al mangiare, al bere, all’annusare, al muoversi, all’abbracciare, al baciare, al cantare, al godere insomma di tutte le prerogative concesse ad un corpo mediamente sensibile?”.
Ecco, questa è una bella obiezione, che accetto volentieri, e a rigor di logica il discorso sarebbe chiuso qui.
Ma dal momento che, come direbbe la Loredanona, questo schifo di un canzone non può mica finire qui, aggiungerei ancora due noticine a piè di pagina. Del tutto prive di pretese, ovviamente, come mio non-sensuale costume.
Invertendo allora l’ordine dei fattori, e pur concedendo che la privazione della tangibilità esistenziale sarebbe senza dubbio una perdita inestimabile, non mi sembra del tutto esatto sostenere che la parola scritta sia del tutto priva di un suo ambito sensuale.
L’individuo fumetto-semovente conserverebbe una delle prerogative prologo primario a tanti importanti ambiti della sensualità, ossia il proprio genere. Rimarremmo tutti in ogni caso fumetti donna e fumetti uomo.
La scrittura può assumere sfumature e toni decisamente femminili oppure maschili.
E le scritture possono fare l’amore fra di loro.
Riecheggiandosi con sfioramenti sonori di accenti allitteranti, rimandosi in più profondi e scivolosi intarsi di sintagmi e sillabe, penetrando l’una con nuove baldanzose ed audaci idee negli accoglienti e morbidi panorami concettuali contemplati dall’altra, fondendo i rispettivi fluidi narrativi per dar vita ad una terza via stilistica che è fusione ed allo stesso tempo superamento verso una nuova espressività fino a quel momento ancora inaudita.
Parimenti, una scrittura non solo si nutre di realtà, si ciba di mondo, ma essa sa anche addentrarsi nelle cose sino a suggerne il senso più recondito. Paradossalmente, le cose, filtrate dalla parola scritta, assumono “dignità di cosa” ancor più alta di quanto non sia quella contenuta nelle cose stesse. Perché dell’accidentalità delle cose reali, le “cose scritte” si depurano (come non riesce a fare ad esempio la parola parlata, ancora ricca di “scorie” della particolarità del vissuto) per finire a significare solamente il midollo puro delle dinamiche vitali.
La pura mattina delle cose.
E qui lo so, cari amici viandanti per pensieri, che con la vostra encomiabile solerzia mi obbietterete di nuovo che nella pastasciutta che mi appresto a mangiare fra pochi minuti non ci saranno dentro dodici semplici lettere, ma un numero, si spera, ben più cospicuo di pennette rigate, belle corredate del loro preciso amido e della loro consustanziale farina…e va beh, va beh, ma lasciatemi dire allora che siete proprio intrattabili!!! (…scherzo, siete i lettori più adorabili che si possano avere: il mio "io" scritto si sente sempre proprio voluto bene dalle vostre attenzioni di lettori…e grazie!).
Certe volte, giusto per non farmi mancare argomenti fondamentali e motivi di riflessione indispensabili per un equilibrato proseguimento esistenziale, mi viene da chiedermi come sarebbe il mondo se le persone fossero fatte di pura parola scritta.
Intendo: ogni individuo costituito solo dal suo esprimersi per iscritto. Certo, ci vuole uno sforzo di astrazione mica piccolo per riuscire a raffigurarsi la cosa, by-passando tutte le implicazioni e le distorsioni tecnico-pratiche che ne deriverebbero.
Per tagliare la testa al gnoro (…così, tanto per cambiare e risparmiare per una volta la pellaccia di un toro), diciamo che io la immaginerei in questa maniera: ogni persona si presenterebbe come un fumetto ambulante. Proprio un fumetto tipo quelli che si portano sempre appresso, sopra la testa, Tex Willer, l’Uomo Ragno, Alan Ford e tutta l’allegra compagnia di cartone. Però dovrebbe essere un fumetto di discreta capienza. Diciamo un fumetto che possa ospitare i caratteri della pagina media di un libro tascabile di dimensioni normali (spazi inclusi), e con la possibilità di scorrere in su e in giù, ossia di “scrollare” a mo’ di finestra di windows.
Sotto non ci trovereste ovviamente il suo personaggio allegato, come da tradizione fumettistica classica. Ciascuno individuo sarebbe invece semplice parola pura fatta fumetto semovente.
Va beh, non ci sarà voluto molto a smascherare il mio piano: si era già capito che sto parlando del mondo ideale nel quale, forse, mi sarebbe piaciuto vivere.
Fra le parole vergate, istoriate, suggellate, immortalate, stampigliate, marchiate, inchiostrate, fissate insomma su supporto immobile tramite tecnica stabile, io mi trovo proprio a mio agio. Lì riesco a far cose che mi risultano invece mille volte più ardue quando mi ritrovo appiccicati addosso tutti gli altri ammennicoli esistenzial-comunicativi, tipo gestualità, presenza fisica, padronanza dei tempi del discorso, intonazione e volume della voce, freddezza raziocinante e presenza di spirito, espressività del volto e prontezza della battuta, profondità dello sguardo e controllo cromatico delle superfici cutanee, e così via.
“Ma come?” mi si obbietterà, “solo per questo vorresti rinunciare a tutta la parte sensoriale dell’esistere, al mangiare, al bere, all’annusare, al muoversi, all’abbracciare, al baciare, al cantare, al godere insomma di tutte le prerogative concesse ad un corpo mediamente sensibile?”.
Ecco, questa è una bella obiezione, che accetto volentieri, e a rigor di logica il discorso sarebbe chiuso qui.
Ma dal momento che, come direbbe la Loredanona, questo schifo di un canzone non può mica finire qui, aggiungerei ancora due noticine a piè di pagina. Del tutto prive di pretese, ovviamente, come mio non-sensuale costume.
Invertendo allora l’ordine dei fattori, e pur concedendo che la privazione della tangibilità esistenziale sarebbe senza dubbio una perdita inestimabile, non mi sembra del tutto esatto sostenere che la parola scritta sia del tutto priva di un suo ambito sensuale.
L’individuo fumetto-semovente conserverebbe una delle prerogative prologo primario a tanti importanti ambiti della sensualità, ossia il proprio genere. Rimarremmo tutti in ogni caso fumetti donna e fumetti uomo.
La scrittura può assumere sfumature e toni decisamente femminili oppure maschili.
E le scritture possono fare l’amore fra di loro.
Riecheggiandosi con sfioramenti sonori di accenti allitteranti, rimandosi in più profondi e scivolosi intarsi di sintagmi e sillabe, penetrando l’una con nuove baldanzose ed audaci idee negli accoglienti e morbidi panorami concettuali contemplati dall’altra, fondendo i rispettivi fluidi narrativi per dar vita ad una terza via stilistica che è fusione ed allo stesso tempo superamento verso una nuova espressività fino a quel momento ancora inaudita.
Parimenti, una scrittura non solo si nutre di realtà, si ciba di mondo, ma essa sa anche addentrarsi nelle cose sino a suggerne il senso più recondito. Paradossalmente, le cose, filtrate dalla parola scritta, assumono “dignità di cosa” ancor più alta di quanto non sia quella contenuta nelle cose stesse. Perché dell’accidentalità delle cose reali, le “cose scritte” si depurano (come non riesce a fare ad esempio la parola parlata, ancora ricca di “scorie” della particolarità del vissuto) per finire a significare solamente il midollo puro delle dinamiche vitali.
La pura mattina delle cose.
E qui lo so, cari amici viandanti per pensieri, che con la vostra encomiabile solerzia mi obbietterete di nuovo che nella pastasciutta che mi appresto a mangiare fra pochi minuti non ci saranno dentro dodici semplici lettere, ma un numero, si spera, ben più cospicuo di pennette rigate, belle corredate del loro preciso amido e della loro consustanziale farina…e va beh, va beh, ma lasciatemi dire allora che siete proprio intrattabili!!! (…scherzo, siete i lettori più adorabili che si possano avere: il mio "io" scritto si sente sempre proprio voluto bene dalle vostre attenzioni di lettori…e grazie!).
12 commenti:
ma che bella questa mezza apologia della chimera parolaia!! e poi sto pezzetto coatto... svela anime nascoste del tuo fumetto ... ;-) comunque grazie delle tue parole che con la solita leggerezza allegeriscono l'anima (a friend in need is a friend indeed...) baci
@->Farly: ma prego, Farly deliziosa e sempre gentilissima :-) il divertimento di scrivere non è mai completo fino a quando non sento l'altra parte della chimera mettere il suo sigillo :-)
Come si dice, poi: in little coat we trust = nell'impermeabilino noi crediamo :-) possibilmente giallo :-)
Questo brano, con quella sua struttura da marcia coatta, mi ha sempre affascinato: è un po' ipnotico e un po' caciottaro :-) un mix esplosivo :-)
Baci trigonometrici :-)
C'è solo una falla in questo "message in the bottle", se fossimo tutti parole, personaggi da fumetto, chi ci disegnerebbe?
Chi scriverebbe le strisce con le nostre parole scritte e i nostri pensieri scritti?
Ma se ci fosse qualcuno che si occupasse di tutto questo dove sarebbe l'unica vera risorsa dell'umanità, il libero arbitrio?
Non credo mi piacerebbe essere solo immagine, aborro ogni tipo di costrizione o condizionamento se pur ne sono vittima come tutti ma questo sarebbe peggio, almeno credo. ;o)
p.s.
sei sempre spumeggiante!
@->Marisa: grazie per lo stimolante commento, Marisa...in effetti, volendo, ci sono mille eccezioni "tecniche" da sollevare alla mia ipotesi, che voleva essere solo un gioco (...ma lo avevate capito :-)
Tuttavia, io non intendevo affatto che, in questo nostro scenario fumettistico, dovremmo essere delle marionette, anzi...la capacità raziocinante ci sarebbe, sarebbe importantissima, anche se non saprei dire da quale fonte scaturirebbe :-) In ogni caso, ciascuno scriverebbe le sue proprie parole...
E poi...a ben pensare, anche nella nostra condizione umana consueta, siamo così sicuri di non essere continuamente "disegnati" da "altri"? :-)
Disegnati dal tempo che scorre, dalle necessità quotidiane anche più prosaiche, disegnati da certi sentimenti che ci sopraffanno, disegnati dal destino, dalle casualità, dalle fortune e dalle sfighe :-)
Grazie Marisa :-) è sempre un piacere essere commentato da te :-)
e allora, mio caro, la tua condizione fumettistica somiglia tanto alla nostra attuale umanità, la differenza potrebbe essere che noi disegnati saremmo fisicamente perfetti (premessa indiscutibile), tutti alti uguali, niente ciccia nè cellulite, tutti con chiome fluenti ( mi riferischio ai machietti) e immortali...
mmmhhh??? ma che noia!
Meglio piccoli grassi brutti, calvi e imperfetti e così deliziosamente umani..... ahahahahha
Comunque se tu fossi un fumetto io continuerei a leggerti molto volentieri :o)
@->Marisa: assolutamente d'accordo con te, Marisa: pensa che io adoro la lieve ciccia ed anche un filo di cellulite, a patto che ci sian sotto grandi tesori d'umanità :-)
Un inchino e una riverenza, di deliziosi lettori come te il ciel non mi lasci mai senza :-)
avevo fatto la stessa considerazione di marisa, però la tua spiegazione e cioè che potremmo essere disegnati in questa nostra pazza avventura "vitale", mi è plausibile, anche perché nei fumetti si muore, si è grassi, magri, belli , brutti, rompiballe...
e comunque ad un disegno del destino qualche volta mi viene da crederci.
bellissimo scorcio fumettistico.
bacio
@->Maria Rosaria: grazie, EmRose :-) insomma, mi avete smascherato: alla fine il mio scrittino era più che altro un pretesto per parlare della bellezza della parola scritta :-)
il mio esserino umano puro fumetto non funzionava tantissimo, ma almeno era simpatico...o almeno credo :-)
Baci indecisi :-)
non solo è simpatico l'esserino fumettistico, ma è anche bella rappresentazione di quella condizione che a volte viviamo: l'essere vissuti dagli eventi anziché viverli... porca miseria mezza chimera mia, mi sa che noi a volte siamo specialisti di 'sta condizione! :-D (tinglog dice l'oracolo, facendoci osservare che se continuiamo con queste cazzate ci in glog)
@->Farly: ahahahahhah :-) spero proprio che blogspot non mi inglog mai, Farly :-)
Cazzata per cazzata: fanno sorridere a volte certe espressioni scaturite dalla patetica sicumera umana: self made man, l'uomo che non deve chiedere mai...mi riferisco in generale alle costrizioni della nostra struttura esistenziale...per fare un esempio prosaicissimo: il self made man, la prima cosa che deve fare al mattino (e già gli va bene se gli viene regolare e naturale...) è sedersi sul trono di porcellana :-)
e minchia mi viene da dire allora: dal momento che ti sei fatto da solo, e non potevi farti un po' meglio? :-D
Bene, e con questa la misura è colma :-)
bacini esistenzalisti
gilly pensa a benigni e alla sua ballata del corpo sciolto .... il self mad man in questione è ovviamente perfetto :-)
@->Farly: :-)
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