Oggi si parla di pornografia.
«Oooh làh!» mi par quasi di sentire esclamare all'unisono i miei quattro lettori, «...finalmente qualcosa d'interessante su questo blog...».
No, no, scusate, non volevo creare false aspettative. Non si narreranno qui le vicissitudini di capitoni in bella vista divorati da famelici passeracei, non è del porno comunemente inteso che mi accingo a discettare, ma di un significato della parola “pornografia” più sottile e sfumato, quasi metaforico.
Come si definirebbe ordunque la pornografia, stando a questa novella gilipixiana accezione? Ecco, suonerebbe grosso modo così: la pornografia è l'atteggiamento deliberato di rifiuto delle complessità sotterranee della vita.
La pornografia porta tutti gli aspetti della vita in superficie, dando origine ad una dittatura del banale, ad una supremazia della semplificazione, ad una falsificazione sostanziale della realtà.
Ma non è tutto qui. Quanto detto rappresenta solo la metà della “torta pornografica” come io la intendo.
Il resto delle fette consiste in una riduzione del mondo a stimolo puro: la pornografia è sollecitazione di appetiti fini a se stessi, titillazione assoluta, è una full-immersion nella dimensione pavloviana più radicale.
E ancora: come ogni torta che si rispetti, anche questa ha la sua brava candelina sopra. Quindi aggiungo che è prettamente pornografica la tendenza all'appiattimento della vita sui suoi soli significati quantitativi.
Pornografia è la vita un tanto al chilo, e un animo normalmente sensibile non può non sentire che c'è qualcosa che stona, non può non subodorare l'inganno.
In questo senso, risulta quasi accidentale che in un film pornografico, ad esempio, si faccia gran dispiegamento palese di fave, patate ed altri articoli d'ortofrutta pronti al pinzimonio più sfrenato. Le componenti fondamentali della “pornograficità” stanno a mio parere invece nei significati che ho cercato di raffazzonare qui sopra, tanto che alla fine la gran parata di genitali risulta quasi la cosa più innocua e, per paradosso, pudica.
Ma come mai mi è passato per la capa di parlare di questa roba?
Perché a questo punto, sempre ammesso che la mia definizione sia valida, mi sembra di poter dire che è possibile imbattersi frequentemente in forme espressive pornografiche malcelate, più di quanto non si pensi.
Proprio perché le braghe espressive rimangono rigorosamente non calate, ma le intenzione sono spesso le più denudate del mondo.
Recentemente sono incappato in un sito fra i cui vari banner figurava anche un simpatico specchietto per le allodole, che mi è parso subito intriso per bene di discrete dosi di pornografia nella forma sopra annoverata.
Sotto le sembianze di una finta chat, era riportato un finto dialogo, già semi-iniziato su questi toni:
“...Ciao, ci sei?
Chattiamo?
Sono sicura che abbiamo molte cose in comune...”.
Direte che esagero, ma per me questa è pornografia velata (ripeto: sempre nel senso che ho cercato di dire prima).
Non c'è nessuna barriera all'immediata conoscenza personale, reciproca e completa. Laddove, fra le durezze del mondo reale, ci son coppie che hanno vissuto per decenni gomito a gomito, giorno dopo giorno, con lui e lei che dopo tutto quel tempo non sono ancora ben sicuri di conoscere forse nemmeno un centimetro della vera, più intima essenza della personalità dell'altro, qui invece siamo già “amiconi veri”.
Lo siamo da subito, lo siamo da sempre.
All'epoca del mito dell'androgino, stando alle promesse di questa chat, eravamo noi due ad essere attaccati, siamo noi due che Apollo divise di netto con la sua spada, ricucendoci alla bene meglio dalla parte degli ombelichi. Per ricongiungerci non ci resta che entrare a piè pari nella alchimia irresistibile di questa chat.
“...Ciao, ci sei? Chattiamo?...”.
“...Ciao, dove vai? Parliamo?...”
Ma a chi? Ma dove? Ma quando mai succede una cosa così per strada, in un bar, su un autobus?
“...Sono sicura che abbiamo molte cose in comune...”, sì, sì, ne sono sicuro anche io: in Comune abbiamo tutti e due il certificato di residenza e lo stato di famiglia in carta libera.
E' la realtà che viene pretesa essere esattamente come quella d'un film porno, dove due persone sconosciute fino a quel momento passano dal bere un drink insieme alla reciproca ispezione gineco-andro-logica, in 2 minuti e 19 secondi netti.
Forse son cose che vedo solo io, cosa volete che vi dica, forse sono allucinazioni causate dalla coda di calura tardo estiva, ma credo che intorno a noi ci sia molto di pornografico, nel senso che ho spiegato.
Per dire: un altro esempio di un simile “pornografismo” in senso lato l'ho riscontrai in un ambito del tutto insospettabile, ossia nel film “The passion” di Mel Gibson.
Quando vidi il film, non me ne resi conto subito: non mi convinceva fino in fondo, c'era qualcosa che non quadrava, ma non riuscivo a spiegarmi cosa fosse.
Poi capii, o almeno credo.
Qual era in fin dei conti la tesi del film? Gesù ha sofferto tanto, per espiare le colpe dell'umanità. E fin qui niente di strano, si tratta né più né meno di uno dei messaggi basilari del Cristianesimo.
Ma poi il passaggio “pornografizzante” era questo: siccome Gesù ha sofferto tanto, noi lo dobbiamo fare vedere, concentrandoci sull'aspetto quantitativo di quella sofferenza.
In pratica, la questione della fede veniva misurata da quel film proprio con la bilancia: quanto più ti faccio vedere la violenza e la possanza delle mazzate inferte a Gesù, tanto meno puoi esimerti dal credere.
Con buona pace di diversi secoli di arte sacra, di quegli sprovveduti di Giotto, Michelangelo, Beato Angelico e Raffaello, della delicatezza di Pasolini o di altri registi che si sono confrontati con il mistero della figura di Cristo e della questione religiosa.
Cosa rimane infatti nel film di Gibson della pluricententenaria storia della riflessione su questi temi? Solo la totalizzante titillazione di meccanismi emotivi estremi, e nulla più...al pari dell'ortofrutta messa in esposizione sugli scaffali d'un film porno.
Va' buono, cari amici viandanti per pensieri, anche per oggi mi pare di aver forzato concetti a sufficienza e quindi vi saluto: see you soon!
«Oooh làh!» mi par quasi di sentire esclamare all'unisono i miei quattro lettori, «...finalmente qualcosa d'interessante su questo blog...».
No, no, scusate, non volevo creare false aspettative. Non si narreranno qui le vicissitudini di capitoni in bella vista divorati da famelici passeracei, non è del porno comunemente inteso che mi accingo a discettare, ma di un significato della parola “pornografia” più sottile e sfumato, quasi metaforico.
Come si definirebbe ordunque la pornografia, stando a questa novella gilipixiana accezione? Ecco, suonerebbe grosso modo così: la pornografia è l'atteggiamento deliberato di rifiuto delle complessità sotterranee della vita.
La pornografia porta tutti gli aspetti della vita in superficie, dando origine ad una dittatura del banale, ad una supremazia della semplificazione, ad una falsificazione sostanziale della realtà.
Ma non è tutto qui. Quanto detto rappresenta solo la metà della “torta pornografica” come io la intendo.
Il resto delle fette consiste in una riduzione del mondo a stimolo puro: la pornografia è sollecitazione di appetiti fini a se stessi, titillazione assoluta, è una full-immersion nella dimensione pavloviana più radicale.
E ancora: come ogni torta che si rispetti, anche questa ha la sua brava candelina sopra. Quindi aggiungo che è prettamente pornografica la tendenza all'appiattimento della vita sui suoi soli significati quantitativi.
Pornografia è la vita un tanto al chilo, e un animo normalmente sensibile non può non sentire che c'è qualcosa che stona, non può non subodorare l'inganno.
In questo senso, risulta quasi accidentale che in un film pornografico, ad esempio, si faccia gran dispiegamento palese di fave, patate ed altri articoli d'ortofrutta pronti al pinzimonio più sfrenato. Le componenti fondamentali della “pornograficità” stanno a mio parere invece nei significati che ho cercato di raffazzonare qui sopra, tanto che alla fine la gran parata di genitali risulta quasi la cosa più innocua e, per paradosso, pudica.
Ma come mai mi è passato per la capa di parlare di questa roba?
Perché a questo punto, sempre ammesso che la mia definizione sia valida, mi sembra di poter dire che è possibile imbattersi frequentemente in forme espressive pornografiche malcelate, più di quanto non si pensi.
Proprio perché le braghe espressive rimangono rigorosamente non calate, ma le intenzione sono spesso le più denudate del mondo.
Recentemente sono incappato in un sito fra i cui vari banner figurava anche un simpatico specchietto per le allodole, che mi è parso subito intriso per bene di discrete dosi di pornografia nella forma sopra annoverata.
Sotto le sembianze di una finta chat, era riportato un finto dialogo, già semi-iniziato su questi toni:
“...Ciao, ci sei?
Chattiamo?
Sono sicura che abbiamo molte cose in comune...”.
Direte che esagero, ma per me questa è pornografia velata (ripeto: sempre nel senso che ho cercato di dire prima).
Non c'è nessuna barriera all'immediata conoscenza personale, reciproca e completa. Laddove, fra le durezze del mondo reale, ci son coppie che hanno vissuto per decenni gomito a gomito, giorno dopo giorno, con lui e lei che dopo tutto quel tempo non sono ancora ben sicuri di conoscere forse nemmeno un centimetro della vera, più intima essenza della personalità dell'altro, qui invece siamo già “amiconi veri”.
Lo siamo da subito, lo siamo da sempre.
All'epoca del mito dell'androgino, stando alle promesse di questa chat, eravamo noi due ad essere attaccati, siamo noi due che Apollo divise di netto con la sua spada, ricucendoci alla bene meglio dalla parte degli ombelichi. Per ricongiungerci non ci resta che entrare a piè pari nella alchimia irresistibile di questa chat.
“...Ciao, ci sei? Chattiamo?...”.
“...Ciao, dove vai? Parliamo?...”
Ma a chi? Ma dove? Ma quando mai succede una cosa così per strada, in un bar, su un autobus?
“...Sono sicura che abbiamo molte cose in comune...”, sì, sì, ne sono sicuro anche io: in Comune abbiamo tutti e due il certificato di residenza e lo stato di famiglia in carta libera.
E' la realtà che viene pretesa essere esattamente come quella d'un film porno, dove due persone sconosciute fino a quel momento passano dal bere un drink insieme alla reciproca ispezione gineco-andro-logica, in 2 minuti e 19 secondi netti.
Forse son cose che vedo solo io, cosa volete che vi dica, forse sono allucinazioni causate dalla coda di calura tardo estiva, ma credo che intorno a noi ci sia molto di pornografico, nel senso che ho spiegato.
Per dire: un altro esempio di un simile “pornografismo” in senso lato l'ho riscontrai in un ambito del tutto insospettabile, ossia nel film “The passion” di Mel Gibson.
Quando vidi il film, non me ne resi conto subito: non mi convinceva fino in fondo, c'era qualcosa che non quadrava, ma non riuscivo a spiegarmi cosa fosse.
Poi capii, o almeno credo.
Qual era in fin dei conti la tesi del film? Gesù ha sofferto tanto, per espiare le colpe dell'umanità. E fin qui niente di strano, si tratta né più né meno di uno dei messaggi basilari del Cristianesimo.
Ma poi il passaggio “pornografizzante” era questo: siccome Gesù ha sofferto tanto, noi lo dobbiamo fare vedere, concentrandoci sull'aspetto quantitativo di quella sofferenza.
In pratica, la questione della fede veniva misurata da quel film proprio con la bilancia: quanto più ti faccio vedere la violenza e la possanza delle mazzate inferte a Gesù, tanto meno puoi esimerti dal credere.
Con buona pace di diversi secoli di arte sacra, di quegli sprovveduti di Giotto, Michelangelo, Beato Angelico e Raffaello, della delicatezza di Pasolini o di altri registi che si sono confrontati con il mistero della figura di Cristo e della questione religiosa.
Cosa rimane infatti nel film di Gibson della pluricententenaria storia della riflessione su questi temi? Solo la totalizzante titillazione di meccanismi emotivi estremi, e nulla più...al pari dell'ortofrutta messa in esposizione sugli scaffali d'un film porno.
Va' buono, cari amici viandanti per pensieri, anche per oggi mi pare di aver forzato concetti a sufficienza e quindi vi saluto: see you soon!
8 commenti:
Caro Gilli condivido totalmente il tuo pensiero.
Anch'io ho sempre avuto repulsione sulla esasperazione di ogni espressione visiva.
Trovo della pornografia anche nel modo volgare di fare tv o di fare giornalismo, dal "grande fratello" ai tg faziosi, dai dibattiti-combattimento dove tutti si urlano addosso allo stuolo di incompetenti che vengono propinati allo scopo di coltivare una idiozia collettiva.
Siamo proprio caduti troppo in basso!!!!
@->Marisa: grazie, Mari, hai colto alla perfezione quello che volevo dire...la tv straborda di "pornografia vestita" e spesso la cosa è sconsolante al massimo...ci possiamo però difendere con la vera bellezza, quello sì, è la nostra ancora di salvezza :-)
La bellezza?
Ma quale bellezza, quella al silicone o al botulino oppure quella dei nostri paesaggi deturpati da costruizioni abusive o da incendi dolosi oppure quella rappresentata dall'arte che abbiamo avuto in eredità dai nostri padri?
Io sono totalmente sconsolata, i teatri lirici stanno agonizzando e l'opera viene a poco a poco sostituita da spettacolini stile corrida dove il cantante è uno surrogato preconfezionato nell'esercito della De Filippi, Le scuole non hanno insegnanti capaci e i pochi talenti italiani spariscono in poco tempo.
Dov'è la bellezza di cui tu parli? Io intorno a me vedo oscurantismo... :o(
@->Marisa: Lo so, Mari, è un panorama molto triste, ma per esempio la bellezza di cui parlo è ancora dentro l'animo di persone come te, che non si arrendono a questo stato di cose...ci sono state altre epoche oscure, ma poi la bellezza è rinata...lo so che è una frase fatta, e spero che non risulti irritante nella sua quasi-banalità, ma mobbiamo avere fiducia e non arrenderci, sostenere la bellezza anche con l'esempio delle piccole cose...
Bacini fiduciosi :-)
Bel post Gilli.
Fra l'altro, Repubblica e il Giornale, sono assai peggio di qualsiasi film di Rocco Siffredi...
:-)
@->Yossarian:
"Fra l'altro, Repubblica e il Giornale, sono assai peggio di qualsiasi film di Rocco Siffredi..."
Ahahahah :-) parole sante, Yoss, parole sante :-)
Grazie di cuore, ogni tuo commento positivo è sempre una gioia e un premio per me :-)
cara metà chimera, concordo, la pornografia è esposizione senza senso del sacro di qualsiasi cosa, anche una foto di una torta alla panna può esserlo :-) baci marittimi
@->Farly: ciao Farly :-) grazie del tuo commento marinaro, vieppiù gradito :-)...ora il mio scritto è completo, come sempre quando ha avuto la tua chiosa chimerica :-)
Bacini di pianura asciutta :-)
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