A leggere certe fregnacce che scrivo qui su, uno potrebbe farsi una mezza idea di me, come di un intellettualoide filosofardo dalle spiccate velleità snobistico-elitarie, nonché di un culturalante auto-abbindolato da presunti esoterismi gratuiti, e sommamente inpuzzettato sotto il naso.
E può anche darsi che sia così.
Però per dimostrarvi che anche io, nella scalata all'imponente vetta dell'interesse culturale, so approdare talvolta a certe quote meno elevate ed impervie, a certi alpeggi di mezza quota più rassicuranti ed accessibili, vi basti sapere che mi sono appena letto «Il giro del mondo in ottanta giorni», di Jules Verne.
Arrivato all'ultima pagina, dopo essermi gustato fino in fondo la bellezza del racconto, poteva succedere che mi astenessi dall'andare a fracassare le fricassee ai miei cari amici viandanti per pensieri, proprio prendendo spunto da quel libro?
Non poteva.
Dopo aver rimuginato un po' sulla faccenda dei “prodotti culturali” cosiddetti “alti”, contrapponibili a quelli cosiddetti “bassi”, dopo aver menato il cane concettuale per l'aia mentale riguardo alla creatività più o meno “impegnata” o “disimpegnata”, eccomi dunque qui a ragionare ancora una volta sugli elementi formali e sostanziali di un libro che fanno scattare in me la molla della “sintonia estetica” con quell'opera stampata medesima.
Tradotto dal Gillipixese stretto all'italiano: quali sono gli ingredienti che un libro deve contenere per piacermi?
Già in altre occasioni ho affrontato l'argomento da diverse angolazioni, ma oggi la metto giù in questo modo: un libro alla fine risulta piacermi se possiede intelligenza, passione, onestà, ironia e autoironia. In altre parole, se da uno scritto traspira evidente la presenza di mente, cuore, fegato, pancia e genitali, ebbene, per mio conto quello è un testo “nobile”.
Mente - intelligenza.
Il libro deve farti sentire che l'autore non si è accontentato. Si deve assaporare il fatto che sui propri temi e sul modo di trasmetterli, ci ha lavorato su, è andato a fondo, non ha preso per buona la prima soluzione, ma ha scavato, costruito, limato l'eccesso e colmato il vuoto. Ha sondato, ha esplorato, ha aperto la mente a infinite possibilità, ha lasciato le porte spalancate allo stupore e alla curiosità.
Si è poi premurato di passarti un materiale creativo del quale ha provato e riprovato l'efficacia; come un cuoco della parola, ha assaggiato le sue pietanze innumerevoli volte, le ha scartate se era il caso, e cucinate di nuovo, sino a riuscire a trovare la sintesi migliore dei sapori.
Ancora: l'autore deve aver agito come un dirigente di azienda che sa coordinare al meglio i propri dipendenti non sulla base di un autoritarismo di facciata, ma perché conosce alla perfezione il ruolo e i compiti di ciascuno, dal più alto impiegato al più umile operaio, e sa come orchestrarli insieme.
La cosa curiosa però è che, se fatto come si deve, a testo definitivo, tutto il lavorio non traspare sulla superficie del narrato, la quale anzi risulta leggera ed aggraziata, agevole e carezzevole, come a passare la mano su di un tessuto in seta.
Cuore – passione.
Gli argomenti che lo scrittore affronta devono essere molto importanti per lui. La dico meglio: questa è l'impressione che si deve cogliere leggendo. Che ci teneva in modo particolare a raccontarci quelle cose e che lo ha fatto con gli strumenti espressivi migliori che è riuscito mettere in gioco, con il solo obiettivo finale, in pratica, di farci sentire il medesimo trasporto da lui provato per i temi raccontati.
Lo scrittore lo dobbiamo sentire alla fine quasi come un caro amico che si confida con noi, che ci apre il cuore, per l'appunto, e ne trae fuori quello che di più bello egli crede debba esserci riservato.
Fegato – onestà.
Forse in questo caso l'immagine risulta leggermente fuorviante, perché il fegato è tradizionalmente abbinato piuttosto alle doti di coraggio. Ma se mi è concesso di forzare leggermente l'immagine, mi andava di abbinare fegato e onestà, perché mi sembra di poter dire che non si può essere leali senza anche una buona dose di coraggio.
Lo scrittore in questo senso deve possedere il coraggio della lealtà in due direzioni.
Primo, verso se stesso: non deve mai pretendere di andare oltre i limiti del proprio talento, deve sempre cercare di dare il massimo nell'ambito delle sue capacità, e solo così potrà dar vita ad esiti degni di nota.
Secondo, verso il lettore: non c'è a mio avviso atto di slealtà verso il lettore più subdolo e fastidioso dell'«artificio sentimentale», lo sfruttamento dell'emozione e del sentimento fini a se stessi per provocare facili effetti. Ecco che così forse si chiarisce meglio il mio abbinamento fra fegato ed onestà, perché la ricerca del “facile effetto” è nel contempo atto di slealtà e di codardia narrativa, e lo scrittore leale deve evitare come la peste il “facile effetto” fine a se stesso.
Ironia e autoironia - pancia e genitali.
La pancia, con tutte le sue colorite funzioni e gli stravaganti frangenti che provoca ed evoca, è un promemoria che ci portiamo appresso per mai dimenticare che la vita è anche parecchio buffa, e che saperne ridere, quando è il momento, è solo sintomo di saggezza.
I genitali invece non saremmo quasi degni di portarli appresso a noi, ogni giorno in mezzo alle gambe, se fra le pieghe del senso d'onnipotenza che talvolta sanno ispirare, non fossimo capaci di scorgere anche l'ineffabile incombenza di una comicità inevitabile.
A colei o a colui che non sa fare anche un sorriso guardandosi in mezzo alle gambe, probabilmente sfuggiranno per sempre certi significati della vita e dell'essere donne e uomini nel senso più completo del termine.
Un libro privo d'ironia e autoironia fa proprio questo: innanzitutto nega di avere una pancia, con tutti gli annessi e connessi, e poi si guarda fra le gambe, non trovandoci mai e poi mai nessun motivo al mondo per sentire affiorare sulle labbra il non senso liberatorio di un sorriso.
Dice: sì, va beh, ma non dovevi parlarci di Verne, «Il giro del mondo in ottanta giorni»?
Lo ammetto, cari amici viandanti per pensieri, ho divagato, ma in modo innocuo, un po' come quell'ubriacone che rincasando spesso ad orari indegni, soleva ribattere ai rimbrotti della moglie: «Mia cara, io rientro sempre presto, ma poi inciampo mille volte lungo le scale...e così...guarda lì dove si perde del tempo...».
Ad ogni modo, del «Giro del mondo in ottanta giorni» spero di aver modo di parlarvi ancora. Per il momento chiudo dicendo che tutto questo ragionamento, almeno ad una conclusione mi ha portato. Ossia che forse è inutile interrogarsi sull'impegno o sul disimpegno di un'opera letteraria, sul suo appartenere alla cultura “bassa” o a quella “alta”. La questione è secondaria, sotto certi aspetti, perché quando ci si rende conto che un'opera ha mente, cuore, fegato, pancia e genitali, ci si può ritenere fortunati di leggerla e soddisfatti nel definirla “nobile”.
Come senz'altro mi sento di fare con «Il giro del mondo in ottanta giorni», di Jules Verne: un libro dalla disimpegnata nobiltà.
E può anche darsi che sia così.
Però per dimostrarvi che anche io, nella scalata all'imponente vetta dell'interesse culturale, so approdare talvolta a certe quote meno elevate ed impervie, a certi alpeggi di mezza quota più rassicuranti ed accessibili, vi basti sapere che mi sono appena letto «Il giro del mondo in ottanta giorni», di Jules Verne.
Arrivato all'ultima pagina, dopo essermi gustato fino in fondo la bellezza del racconto, poteva succedere che mi astenessi dall'andare a fracassare le fricassee ai miei cari amici viandanti per pensieri, proprio prendendo spunto da quel libro?
Non poteva.
Dopo aver rimuginato un po' sulla faccenda dei “prodotti culturali” cosiddetti “alti”, contrapponibili a quelli cosiddetti “bassi”, dopo aver menato il cane concettuale per l'aia mentale riguardo alla creatività più o meno “impegnata” o “disimpegnata”, eccomi dunque qui a ragionare ancora una volta sugli elementi formali e sostanziali di un libro che fanno scattare in me la molla della “sintonia estetica” con quell'opera stampata medesima.
Tradotto dal Gillipixese stretto all'italiano: quali sono gli ingredienti che un libro deve contenere per piacermi?
Già in altre occasioni ho affrontato l'argomento da diverse angolazioni, ma oggi la metto giù in questo modo: un libro alla fine risulta piacermi se possiede intelligenza, passione, onestà, ironia e autoironia. In altre parole, se da uno scritto traspira evidente la presenza di mente, cuore, fegato, pancia e genitali, ebbene, per mio conto quello è un testo “nobile”.
Mente - intelligenza.
Il libro deve farti sentire che l'autore non si è accontentato. Si deve assaporare il fatto che sui propri temi e sul modo di trasmetterli, ci ha lavorato su, è andato a fondo, non ha preso per buona la prima soluzione, ma ha scavato, costruito, limato l'eccesso e colmato il vuoto. Ha sondato, ha esplorato, ha aperto la mente a infinite possibilità, ha lasciato le porte spalancate allo stupore e alla curiosità.
Si è poi premurato di passarti un materiale creativo del quale ha provato e riprovato l'efficacia; come un cuoco della parola, ha assaggiato le sue pietanze innumerevoli volte, le ha scartate se era il caso, e cucinate di nuovo, sino a riuscire a trovare la sintesi migliore dei sapori.
Ancora: l'autore deve aver agito come un dirigente di azienda che sa coordinare al meglio i propri dipendenti non sulla base di un autoritarismo di facciata, ma perché conosce alla perfezione il ruolo e i compiti di ciascuno, dal più alto impiegato al più umile operaio, e sa come orchestrarli insieme.
La cosa curiosa però è che, se fatto come si deve, a testo definitivo, tutto il lavorio non traspare sulla superficie del narrato, la quale anzi risulta leggera ed aggraziata, agevole e carezzevole, come a passare la mano su di un tessuto in seta.
Cuore – passione.
Gli argomenti che lo scrittore affronta devono essere molto importanti per lui. La dico meglio: questa è l'impressione che si deve cogliere leggendo. Che ci teneva in modo particolare a raccontarci quelle cose e che lo ha fatto con gli strumenti espressivi migliori che è riuscito mettere in gioco, con il solo obiettivo finale, in pratica, di farci sentire il medesimo trasporto da lui provato per i temi raccontati.
Lo scrittore lo dobbiamo sentire alla fine quasi come un caro amico che si confida con noi, che ci apre il cuore, per l'appunto, e ne trae fuori quello che di più bello egli crede debba esserci riservato.
Fegato – onestà.
Forse in questo caso l'immagine risulta leggermente fuorviante, perché il fegato è tradizionalmente abbinato piuttosto alle doti di coraggio. Ma se mi è concesso di forzare leggermente l'immagine, mi andava di abbinare fegato e onestà, perché mi sembra di poter dire che non si può essere leali senza anche una buona dose di coraggio.
Lo scrittore in questo senso deve possedere il coraggio della lealtà in due direzioni.
Primo, verso se stesso: non deve mai pretendere di andare oltre i limiti del proprio talento, deve sempre cercare di dare il massimo nell'ambito delle sue capacità, e solo così potrà dar vita ad esiti degni di nota.
Secondo, verso il lettore: non c'è a mio avviso atto di slealtà verso il lettore più subdolo e fastidioso dell'«artificio sentimentale», lo sfruttamento dell'emozione e del sentimento fini a se stessi per provocare facili effetti. Ecco che così forse si chiarisce meglio il mio abbinamento fra fegato ed onestà, perché la ricerca del “facile effetto” è nel contempo atto di slealtà e di codardia narrativa, e lo scrittore leale deve evitare come la peste il “facile effetto” fine a se stesso.
Ironia e autoironia - pancia e genitali.
La pancia, con tutte le sue colorite funzioni e gli stravaganti frangenti che provoca ed evoca, è un promemoria che ci portiamo appresso per mai dimenticare che la vita è anche parecchio buffa, e che saperne ridere, quando è il momento, è solo sintomo di saggezza.
I genitali invece non saremmo quasi degni di portarli appresso a noi, ogni giorno in mezzo alle gambe, se fra le pieghe del senso d'onnipotenza che talvolta sanno ispirare, non fossimo capaci di scorgere anche l'ineffabile incombenza di una comicità inevitabile.
A colei o a colui che non sa fare anche un sorriso guardandosi in mezzo alle gambe, probabilmente sfuggiranno per sempre certi significati della vita e dell'essere donne e uomini nel senso più completo del termine.
Un libro privo d'ironia e autoironia fa proprio questo: innanzitutto nega di avere una pancia, con tutti gli annessi e connessi, e poi si guarda fra le gambe, non trovandoci mai e poi mai nessun motivo al mondo per sentire affiorare sulle labbra il non senso liberatorio di un sorriso.
Dice: sì, va beh, ma non dovevi parlarci di Verne, «Il giro del mondo in ottanta giorni»?
Lo ammetto, cari amici viandanti per pensieri, ho divagato, ma in modo innocuo, un po' come quell'ubriacone che rincasando spesso ad orari indegni, soleva ribattere ai rimbrotti della moglie: «Mia cara, io rientro sempre presto, ma poi inciampo mille volte lungo le scale...e così...guarda lì dove si perde del tempo...».
Ad ogni modo, del «Giro del mondo in ottanta giorni» spero di aver modo di parlarvi ancora. Per il momento chiudo dicendo che tutto questo ragionamento, almeno ad una conclusione mi ha portato. Ossia che forse è inutile interrogarsi sull'impegno o sul disimpegno di un'opera letteraria, sul suo appartenere alla cultura “bassa” o a quella “alta”. La questione è secondaria, sotto certi aspetti, perché quando ci si rende conto che un'opera ha mente, cuore, fegato, pancia e genitali, ci si può ritenere fortunati di leggerla e soddisfatti nel definirla “nobile”.
Come senz'altro mi sento di fare con «Il giro del mondo in ottanta giorni», di Jules Verne: un libro dalla disimpegnata nobiltà.
19 commenti:
caro gatto, dovresti rileggere anche salgari allora, magari una di quelle edizioni annotate della mondadori (favolose), magari ricordando che quel pazzo mai si mosse dall'italia :-) baci ottocenteschi
@->Farly: so che Salgari era piuttosto casalingo, Farly...e a ben pensarci, mi ricorda qualcuno :-)
Lo dovrò leggere allora, se non altro per affinità logistiche :-)
Nel frattempo, sempre in tema di classiconi ottocenteschi dal nobile disimpegno, ho iniziato Frankenstein: è meraviglioso! :-)
Bacini castello ululà :-)
Ciao Smirkiolo, molto d'accordo con te su questi presupposti di mente, cuore, fegato e coratelle per scrivere qualcosa di degno.
Il problema sarebbe cosa scrivere, ma qui mi hai fatto venire un'idea..;))
@->Dipòk: eh, lo vedi Dipòk che a passare di qui, fra le tante vaccate che sparo, ogni tanto si pesca anche qualche spunto buono? :-)
Grazie della visita, è bello vederti da queste parti :-)
Bacini riconoscenti :-)
Sai che ti dico?
Mi spaventi!
Più ti leggo più mi spaventi ...
@->Occhi Blu: acc...OuBee :-) mi spiace, non so cosa dire...non voglio spaventare proprio nessuno...:-) scrivo solo le cose che mi passano per la mente, perché mi sento bene quando scrivo...tutto qui :-)...però capisco bene lo spirito del tuo commento e ti dico grazie, è una cosa carina quella che mi dici...ma credimi, non c'è niente di cui spaventarsi :-)
Bacini e sorrisi :-)
Appunto, mi spaventa proprio la tua mente: hai un gran cervello, Gillipix!
Sono seria. Serissima.
@->Occhi Blu: di nuovo iper-lusingato, OuBee...sei troppo gentile, lo ripeto :-) non merito tutte queste belle parole, credimi :-)
Bacini grati :-)
1° non sono belle parole; non stavo scherzando;
2° dico quello che penso e non lusingo mai per cui posso risultare anche antipatica o aggressiva o fastidiosa;
3° possiedi un gran cervello e una bella intelligenza, oltre ad una cultura interessante; è un dato di fatto, non sentirti grato!
:)
@->Occhi Blu: ho usato in modo improprio il termine "lusinga", dear OuBee...non intendevo sminuire le tue impressioni, che mi fanno molto piacere, provenendo da una persona intelligente e sensibile come te, cosa che ho potuto constatare leggendo a mia volta le cose che tu scrivi...
Più semplicemente, il "baco" è tutto mio :-) Il mio senso di auto-disi-stima è molto elevato :-) Non mi stimo molto, in generale, per questo faccio fatica a vedere me stesso con tutte le declinazioni positive che mi hai riservato...però, davvero, mi fa tanto piacere sentire dire certe cose sul mio conto da un'osservatrice sensibile come te...sono serio, adesso...
Bacini sottostimati :-)
Gillipixel, che strana creatura sei!
Non ti conosco nella vita fuori di qui per cui non so se tu abbia o meno delle "declinazioni positive" nel tuo modo di essere, agire e porti verso gli altri.
Qui dentro si evincono, senza dubbio, la tua intelligenza e la tua cultura (che non vanno sempre insieme) che non definirei proprio declinazioni, ma la prima un dono o seme, e la seconda il frutto del seme ben coltivato (ovviamente tutto merito tuo).
Mi incuriosisci, strano Gillipix ...
@->Occhi Blu: ecco, OuBee, dovessi scegliere una metafora per dire questa dualità del "me scritto" e del "me vissuto", citerei senz'altro l'Albatro di Baudelaire: quando vola alto in cielo, è maestoso e dipinge traiettorie spettacolari...quando zampetta sulle assi della tolda della nave, è oggetto di dileggio da parte dei marinai :-) credimi, nella realtà incuriosisco ben poche persone...:-) non lo so come mai "funziono" così male :-) non lo faccio apposta, non millanto, né voglio ingannare nessuno...semplicemente, sono un po' bravo a scrivere, ma nulla più :-)
Bacini baudelairiani :-)
Forse perché stai sulle tue e parli poco?
Oppure perché osservi gli altri invece di interagire con gli altri?
Oppure ancora perché sei tu a credere di "funzionare così male" e a sentirti diverso?
Come ho detto, non ti conosco fuori di qui, per cui mi sembra assai strano che tu non incuriosisca il tuo prossimo con l'intelligenza, la cultura, la curiosità, la sensibilità e la versatilità che possiedi e dimostri qui.
Forse non ti apri agli altri, non ti fai conoscere, non ti lasci guardare dentro (hai asserito più volte di essere timido).
Insomma, quello che sto cercando di dirti è che, per quello che posso dire di "conoscerti" (qui dentro), mi incuriosisci davvero.
Sei una persona interessante con la quale è piacevolissimo comunicare ed interagire. E, ti assicuro, che nella vita fuori sono molto selettiva quando le persone mi annoiano perché vuote, superficiali, banali, ottuse, limitate, stupide.
Ti posso dare un consiglio, Gilli Gilletto?
Vola liberamente come un albatro quando sei in cielo o scrivi, ma sulla terra diventa leone e in acqua libera il cigno che è dentro di te.
Con sincera stima e molta tenerezza,
OuBee
@->Occhi Blu: cercherò di fare tesoro delle tue parole, per quanto riesco...anche se non è facile, per me...
Ancora grazie per tutte le tue belle parole...
Bacini volanti :-)
Suvvia, Gilli! E' più facile di quello che immagini!
Dopo tutto, cosa stai facendo con me?
E ti riesce benissimo, te lo garantisco.
Sei già intelligente e tenero di tuo. Aggiungi un po' di sano savoir faire e l'interesse nei tuoi confronti si accenderà subito.
Parola di OuBee.
Ué, mi è venuta la sindrome da dizionario!
ERRATA CORRIGE: savoir-faire.
Gulp! Gosh! Grunt!
@->Occhi Blu: non so il francese, OuBee, anche se come lingua mi affascina...dunque non mi sarei accorto di nulla :-) ma è sempre bello essere precisi...anche se, poi, l'italiano stesso è così ramificato e ricco di sfumature, che anche se è la nostra lingua, qualcosa ci sfugge sempre...
Bacini non-onniscienti :-)
Donc, tu n'as pas lu l'"Albatros" dans son texte original.
Quel dommage!
:-)
@->Occhi Blu: eh no, OuBee :-) purtroppo non posso leggere cose francesi in originale...la questione della traduzione è sempre spinosa...sarebbe bello conoscere tutte le lingue del mondo :-) perché ogni opera è se stessa solo nel suo idioma originale...mi accontento di sapere un po' l'italiano, vah :-) che di opere notevoli ce ne offre tante :-)
Bacini non poliglotti :-)
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