«...What really knocks me out is a book that, when you’re all done reading it, you wish the author that wrote it was a terrific friend of yours and you could call him up whenever you felt like it...»
«...Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira...»
“The Catcher in the rye”
J. D. Salinger - 1945
Ho già citato in altre occasioni questo bel passo di Salinger, perché è uno dei miei prediletti e poi perché se esistesse un mestiere chiamato «Citatore del giovane Holden», sarebbe il mestiere che mi piacerebbe fare nella vita.
Ma stavolta rinnovo la citazione perché il brano mi è tornato alla mente, per contrasto, in questi giorni di lettura di un altro romanzo americano.
Per contrasto: perché se da una parte la freschezza e l’immediatezza di Salinger sono agli occhi del lettore una meraviglia di sintesi che pare fluire dalla logica della realtà stessa, con la medesima naturalezza di una mela nello scaturire dal suo fiore, nel caso del romanzo che dicevo invece, mi è toccato di incappare in dialoghi così legnosi e stucchevoli, frutto di una “artefazione” così fastidiosa, che non so cosa mi abbia trattenuto dallo sbattere il libro contro il muro.
Se mi sono trattenuto forse è stato solo per il fatto che alla fine, paradossalmente, rimane comunque un buon libro, e la lettura sta proseguendo anche con buona soddisfazione da parte mia.
Non rivelerò il nome del romanzo in questione, e riporterò di seguito i brani incriminati “criptandoli” in qualche modo.
Non ho autorità alcuna per stroncare un libro, non è ciò che mi interessa: «…chi siamo noi per dire chi è Caino e chi è Abele?...», sentenziava il buffo avvocato difensore radiofonico interpretato da Fiorello, ma soprattutto «…Chi siamo noi per dire chi è Dolce e chi è Gabbana?...».
E poi, come vedrete, i miei presupposti critici sono talmente labili e singolari che probabilmente alla fine, quello messo dialetticamente peggio risulterò ancora una volta io.
Quello che mi piaceva fare qui oggi è invece rendere semplicemente conto di un fenomeno narrativo, in qualche modo anch’esso legato al brano di Salinger. Quando infatti mi imbatto in certi passaggi irritanti come quelli che vi citerò poi, ecco come vedrei bene rivisitata la frase del vecchio Holden Caulfield:
«...Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo prendere a bastonate tutte le volte che ti gira...».
Ora vi riporto i promessi brani “cripati” e poi mi direte voi se la brama “bastonatoria” non vi chiama urgente e impetuosa dal vostro intimo.
Chiamerò con F1 e F2 i due personaggi femminili che parlano nei diversi brani, con M1 e M2 quelli maschili, e con G la famiglia citata.
State un po’ a sentire:
«...”Questo terreno è di vostra proprietà?” chiese M1.
“Sì” disse F1. “Abbiamo provato a venderlo, ma non lo vuol nessuno”.
“Quanti ettari sono?”.
“Non so. Un mucchio, credo. Un centinaio. E prima erano ancora di più, quando i G erano proprietari della miniera”.
“Quando l’hanno venduta?”.
“Non lo so. Negli anni Cinquanta, credo, ma non sono sicura”.
“E’ ancora attiva?”.
“No”, disse F1 “è chiusa da secoli”.
“Cosa produceva?”
“Bauxite”.
“Che roba è?”.
“Non so, serve a fare l’alluminio”.
“Queste cose sono un mistero per me”.
“Anche per me” disse F1....».
Ecco, cari amici viandanti per pensieri, sarò fissato io, ma giunti al passaggio della bauxite, non vi è quasi parso di sentire i polpastrelli che già carezzavano con voluttà una nodosa verga di rovere, vogliosa oltremodo di andarsi a schiantare, in prima ideale istanza, sulla schiena dei due personaggi dialoganti, ed in seconda concreta convocazione sulle terga dello scrittore medesimo?
Per la Suprema Minchia Onnipotente che tutto vede e a tutto provvede, ma nemmeno io so di preciso cosa sia la bauxite, ma non per questo mi metto a parlarne come fosse un ammasso di merda radioattiva! Tanto per far vedere che te sei uno snob e non ti abbassi nemmeno, a trattare di certi dettagli prosaici della vita...Ma vedi un po' di andartene a “hahare”, vai!...per dirla in italiano dantesco.
Per non parlare poi di questi altri irritanti scambi di battute.
F2 si reca da M2 per parlargli e capita in casa sua inaspettatamente:
«...”Sì,” disse F2 “ma posso tornare in un momento più opportuno se crede”.
“No, sono disperatamente libero per il resto della mia vita”, disse M2. “Ora va benissimo...”...».
Ah M2, ah coso! Che niente niente è arrivato er Lawrence Olivier de noantri? Ma calati le braghe pure te e vai dietro 'na siepe a concimare le aiuole, vai, vai che ci sono già i due di prima...
E ancora, è sempre M2 che ci fa strabiliare, sorprendendo F2 con questa impareggiabile battuta da antologia della comicità mondiale:
«...F2 lo seguì nella sala.
“Vuole bere qualcosa? Qualcosa di freddo? Qualcosa di caldo? Qualcosa di tiepido?...”...».
Ah – ah – ah...e m'hai fatto proprio sbellicare, m'hai fatto, orpo d'un bove illuminista! Ma lo sai che c'hai talento, caro M2? Ho sentito che si sono liberati dei posti a Zelig, perché non vai a fare un provino?
Insomma, cari amici viandanti per pensieri, ad un certo punto della lettura del romanzo mi sono domandato: ma perché uno scrittore corre il rischio di rovinare un libro per altri versi anche bello, con simili perle di irritabilità narrativa?
Anche ammettendo che la cosa sia voluta, per creare intorno a certi personaggi una qual aura di antipatia, non saprei dire se il gioco vale la candela romanzesca.
Ripeto, non ho voluto dire per filo e per segno di quale romanzo preciso si trattasse, un po' «...per lo buonismo mio che nol consente...»; un po' perché immaginando quante bastonate vorreste darmi voi quando leggete certi miei spropositi qui su, è già per me un enorme lusso la possibilità di sollevare umilmente tali appunti.
Ma soprattutto anche perché il medesimo libro in questione è poi capace di riservarti brani come quello che segue, facendosi perdonare ampiamente le caga...ehm, le irritanti frasi riportate prima:
«...A volte penso che si nasca con una scorta limitata di emozioni. Da bambina, se mi capitava di fare un viaggio per nave, pensavo ai viveri, all'acqua, alle scorte immagazzinate da qualche parte, con l'ansia che potessero esaurirsi; ogni giorno la nave diventava sempre più leggera, il cibo passava attraverso di noi e veniva scaricato nell'oceano. E la nave saliva sempre più a galla perché era sempre più vuota. Pensavo che crescere fosse una cosa simile: un progressivo svuotamento. Che gli adulti fossero sbrigativi e cattivi perché le loro emozioni erano state consumate. E la ritenevo una cosa buona da perseguire...».
«...Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira...»
“The Catcher in the rye”
J. D. Salinger - 1945
Ho già citato in altre occasioni questo bel passo di Salinger, perché è uno dei miei prediletti e poi perché se esistesse un mestiere chiamato «Citatore del giovane Holden», sarebbe il mestiere che mi piacerebbe fare nella vita.
Ma stavolta rinnovo la citazione perché il brano mi è tornato alla mente, per contrasto, in questi giorni di lettura di un altro romanzo americano.
Per contrasto: perché se da una parte la freschezza e l’immediatezza di Salinger sono agli occhi del lettore una meraviglia di sintesi che pare fluire dalla logica della realtà stessa, con la medesima naturalezza di una mela nello scaturire dal suo fiore, nel caso del romanzo che dicevo invece, mi è toccato di incappare in dialoghi così legnosi e stucchevoli, frutto di una “artefazione” così fastidiosa, che non so cosa mi abbia trattenuto dallo sbattere il libro contro il muro.
Se mi sono trattenuto forse è stato solo per il fatto che alla fine, paradossalmente, rimane comunque un buon libro, e la lettura sta proseguendo anche con buona soddisfazione da parte mia.
Non rivelerò il nome del romanzo in questione, e riporterò di seguito i brani incriminati “criptandoli” in qualche modo.
Non ho autorità alcuna per stroncare un libro, non è ciò che mi interessa: «…chi siamo noi per dire chi è Caino e chi è Abele?...», sentenziava il buffo avvocato difensore radiofonico interpretato da Fiorello, ma soprattutto «…Chi siamo noi per dire chi è Dolce e chi è Gabbana?...».
E poi, come vedrete, i miei presupposti critici sono talmente labili e singolari che probabilmente alla fine, quello messo dialetticamente peggio risulterò ancora una volta io.
Quello che mi piaceva fare qui oggi è invece rendere semplicemente conto di un fenomeno narrativo, in qualche modo anch’esso legato al brano di Salinger. Quando infatti mi imbatto in certi passaggi irritanti come quelli che vi citerò poi, ecco come vedrei bene rivisitata la frase del vecchio Holden Caulfield:
«...Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo prendere a bastonate tutte le volte che ti gira...».
Ora vi riporto i promessi brani “cripati” e poi mi direte voi se la brama “bastonatoria” non vi chiama urgente e impetuosa dal vostro intimo.
Chiamerò con F1 e F2 i due personaggi femminili che parlano nei diversi brani, con M1 e M2 quelli maschili, e con G la famiglia citata.
State un po’ a sentire:
«...”Questo terreno è di vostra proprietà?” chiese M1.
“Sì” disse F1. “Abbiamo provato a venderlo, ma non lo vuol nessuno”.
“Quanti ettari sono?”.
“Non so. Un mucchio, credo. Un centinaio. E prima erano ancora di più, quando i G erano proprietari della miniera”.
“Quando l’hanno venduta?”.
“Non lo so. Negli anni Cinquanta, credo, ma non sono sicura”.
“E’ ancora attiva?”.
“No”, disse F1 “è chiusa da secoli”.
“Cosa produceva?”
“Bauxite”.
“Che roba è?”.
“Non so, serve a fare l’alluminio”.
“Queste cose sono un mistero per me”.
“Anche per me” disse F1....».
Ecco, cari amici viandanti per pensieri, sarò fissato io, ma giunti al passaggio della bauxite, non vi è quasi parso di sentire i polpastrelli che già carezzavano con voluttà una nodosa verga di rovere, vogliosa oltremodo di andarsi a schiantare, in prima ideale istanza, sulla schiena dei due personaggi dialoganti, ed in seconda concreta convocazione sulle terga dello scrittore medesimo?
Per la Suprema Minchia Onnipotente che tutto vede e a tutto provvede, ma nemmeno io so di preciso cosa sia la bauxite, ma non per questo mi metto a parlarne come fosse un ammasso di merda radioattiva! Tanto per far vedere che te sei uno snob e non ti abbassi nemmeno, a trattare di certi dettagli prosaici della vita...Ma vedi un po' di andartene a “hahare”, vai!...per dirla in italiano dantesco.
Per non parlare poi di questi altri irritanti scambi di battute.
F2 si reca da M2 per parlargli e capita in casa sua inaspettatamente:
«...”Sì,” disse F2 “ma posso tornare in un momento più opportuno se crede”.
“No, sono disperatamente libero per il resto della mia vita”, disse M2. “Ora va benissimo...”...».
Ah M2, ah coso! Che niente niente è arrivato er Lawrence Olivier de noantri? Ma calati le braghe pure te e vai dietro 'na siepe a concimare le aiuole, vai, vai che ci sono già i due di prima...
E ancora, è sempre M2 che ci fa strabiliare, sorprendendo F2 con questa impareggiabile battuta da antologia della comicità mondiale:
«...F2 lo seguì nella sala.
“Vuole bere qualcosa? Qualcosa di freddo? Qualcosa di caldo? Qualcosa di tiepido?...”...».
Ah – ah – ah...e m'hai fatto proprio sbellicare, m'hai fatto, orpo d'un bove illuminista! Ma lo sai che c'hai talento, caro M2? Ho sentito che si sono liberati dei posti a Zelig, perché non vai a fare un provino?
Insomma, cari amici viandanti per pensieri, ad un certo punto della lettura del romanzo mi sono domandato: ma perché uno scrittore corre il rischio di rovinare un libro per altri versi anche bello, con simili perle di irritabilità narrativa?
Anche ammettendo che la cosa sia voluta, per creare intorno a certi personaggi una qual aura di antipatia, non saprei dire se il gioco vale la candela romanzesca.
Ripeto, non ho voluto dire per filo e per segno di quale romanzo preciso si trattasse, un po' «...per lo buonismo mio che nol consente...»; un po' perché immaginando quante bastonate vorreste darmi voi quando leggete certi miei spropositi qui su, è già per me un enorme lusso la possibilità di sollevare umilmente tali appunti.
Ma soprattutto anche perché il medesimo libro in questione è poi capace di riservarti brani come quello che segue, facendosi perdonare ampiamente le caga...ehm, le irritanti frasi riportate prima:
«...A volte penso che si nasca con una scorta limitata di emozioni. Da bambina, se mi capitava di fare un viaggio per nave, pensavo ai viveri, all'acqua, alle scorte immagazzinate da qualche parte, con l'ansia che potessero esaurirsi; ogni giorno la nave diventava sempre più leggera, il cibo passava attraverso di noi e veniva scaricato nell'oceano. E la nave saliva sempre più a galla perché era sempre più vuota. Pensavo che crescere fosse una cosa simile: un progressivo svuotamento. Che gli adulti fossero sbrigativi e cattivi perché le loro emozioni erano state consumate. E la ritenevo una cosa buona da perseguire...».
6 commenti:
Be' Gilli, potrei darti anche ragione, ma senza sapere di quale romanzo si tratta diventa difficile.
Inoltre potrei estrapolare qualsiasi riga di dialogo da qualsiasi romanzo per affermare che quel romanzo fa schifo.
Il contesto e' piuttosto importante non credi?
Esempio: "Buon giorno Mr O'Rourke"
"Buon giorno a lei"
"Bel tempo eh?"
Questo e' un dialogo di una banalita' terrificante, ergo il romanzo da cui e' tratto dovrebbe essere una banalita' terrificante.
Peccato sia l'Ulisse di Joyce...
Ripeto Gilli, magari hai perfettamente ragione su quel romanzo, ma due frasi estrapolate fuori del contesto per dire che e' una fetenzia, mi pare un po' azzardato.
Io per esempio non riesco a farmene una idea.
:-)
Ciao Yoss :-)
Il contesto è fondamentale, concordo in pieno, e sicuramente due frasi non sono per nulla sufficienti per stroncare un libro...
Ma alla fine è un po' quello che volevo dire io :-)...non ti sto coglionando, non fraintendermi :-)
Non ho scritto per stroncare il libro, ma per dire quello che mi stupisce del romanzo di cui ho parlato, ossia il fatto che in fondo è un buon libro (come ho dimostrato con la citazione lunga finale), ma poi se ne esce con quelle frasi sconcertanti...c'è anche da aggiungere che magari sono sconcertanti solo per me...anche questo è lecito dirlo, è possibile che siano solo mie impressioni personali che non valgono un fico :-)
Va beh, lo dico dai :-) Si tratta di "Quella sera dorata", di Peter Cameron (ed. Adelphi)...ribadisco: è un bel romanzo, ma con quelle uscite secondo me infelici...tra l'altro, sempre di Cameron, avevo appena letto anche "Un giorno questo dolore ti sarà utile" e questo mi è piaciuto ancor di più...Se vi va di leggerli, soprattuto quest'ultimo, non sono male...
Ciao Yoss, grazie del tuo commento, come sempre puntuale e molto gradito :-)
ciao mezza chimera mia, sono d'accordo con yoss, senza contesto non posso concordare o "discordare" con te. cmq a volte, dei dialoghi irritanti (vedi il grande gatsby che ne è pieno) servono a rendere certe atmosfere vuote tipiche di alcuni ambienti, in particolare americani. il libro non l'ho letto e quindi sto buonina, ma se di cretini è pieno il mondo perché non dovrebberlo esserlo anche i migliori romanzi? baci motociclistici
@->Farly: eheheheh :-) ciao Farly...alla fine mi avete convinto, via :-) probabilmente si spiega così, quei personaggi odiosetti, con le loro frasi artefatte, sono più voluti che involontari...però mi rimane un dubbio, ho letto il Grande Gatsby e non mi venne voglia di bastonare Fitzgerald, anzi, avrei voluto chiamarlo al telefono :-)...uhm, c'è ancora qualcosa che non capisco :-)
Bacini a reazione :-)
be' magari perché nel grande gatsby ti aspetti i dialoghi cretini, li trovi splendidi nella loro vuotezza annunciata. magari altrove sono meno ben annunciati e quindi fanno girare le palle ... ergo forse due sberle allo scrittore ci stanno :-D
@->Farly: allora mettiamola così, cara Farly: ci vuole classe anche nel creare personaggi antipatici...Fitzgerald l'aveva, e probabilmente Cameron ne ha un po' meno :-)
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