- Gillipix, ma te da piccolo per caso sei caduto dal seggiolone?
- Cosa te lo fa pensare?"
- No, niente...così...
Da un'Antica leggenda Assira
Dato un determinato oggetto, gravante in direzione del suolo secondo un proprio specifico e ben circostanziato peso, penzolando esso medesimo nel vuoto per mezzo di un cavo costituito da materiale a scelta, sufficientemente resistente a reggere lo sforzo…approntato insomma tutto codesto scenario, esisterà sempre un discrimine di zavorra minimale in grado di far saltare il cavo, una volta posato sull’oggetto stesso in semi-impercettibile aggiunta al fardello originale?
In altre parole, se 6 persone di 80 kg ciascuna salissero su di un ascensore che ne regge giusto 480, si schianterebbero di sotto nel caso in cui una di esse recasse in tasca una piuma di pulcino?
Per dirla ancora diversamente: posti 10 individui a cavalcioni della groppa di un elefante, in modo da sollecitare il simpatico pachiderma all’estremo massimo della sua vigoria fisica, sarà sufficiente che uno dei passeggeri inghiotta la caramella che stava saporitamente ciucciando nel frattempo, per far collassare sotto la marginale accelerazione scaturita il povero proboscidato, lasciandolo completamente prostrato in prona e quadrupeda spaccata?
Ultralimen Sogliaroli (sì, sì…si chiamava proprio così, cosa c’è di male?...) sembrava venuto al mondo esattamente per rispondere attraverso la propria esistenza a questi interrogativi.
Non era infatti ancora passato tanto tempo dal giorno della sua nascita, che Ultralimen (“Soglia” per gli amici) aveva già involontariamente preso a distinguersi come un vero e proprio “Mozart del limite”. In realtà, Soglia aveva sempre intuito dentro sé l’inconscio presentimento di possedere un simile talento connaturato all’essenza della propria indole, ma fu soltanto crescendo che il fenomeno si manifestò con evidenza, a se stesso e agli altri.
Le prime nebulose avvisaglie del portento presero a balenare proprio sul varcar di “Soglia” della soglia di sua vita. Per la mamma il travaglio non era stato poi così lungo, né difficoltoso. Medico, ostetrica e partoriente avevano tratto la conclusione che le ottime condizioni di salute di mamma e nascituro, più un pizzico di fortuna unito forse alle favorevoli congiunture astrali, erano stati gli ingrediente fondamentali per un simile agevole esordio sul palcoscenico della vita.
Non potevano sapere, soprattutto perché Soglia non sarebbe stato in grado di riferire, che buona fetta del merito spettava invece al talento in boccio del piccolo infante. Egli stesso non comprendeva ancora bene di cosa si trattasse. Percepiva solo una sorta d’istinto che lo chiamava ad essere assecondato.
E lui non faceva altro che assecondarlo.
Già da dentro la pancia della mamma, Soglia, con la sensibilità di un raffinatissimo “termometro temporale”, si era accorto del momento preciso in cui lo scadere esatto dei nove mesi stava per scoccare.
Facendosi trovare pronto sul traguardo, balzò fuori bianco e roseo sul filo di lana della nascita, assecondando con precisione ponderata gli sforzi della mamma, di modo che la minima spinta risultasse decisiva per sgusciare nel mondo mantenendo entrambi un gradino al di sotto della sofferenza normalmente richiesta.
«…Uhè, huè, huè…» si affrettò a dichiarare il piccolo Soglia.
«…Nghè, nghè, nghè …» precisò subito dopo.
Con un perfetto dosaggio di “Uhè” e di “nghè”, esattamente misurati sulla sapienza professionale dell’ostetrica, riuscì a fermarne giusto in tempo la mano ancora “ghibertianamente” sospesa a mezz’aria, evitando così la solita sculacciata di prammatica, resa ormai superflua dal tempestivo sfogo spontaneo esibito.
Per Soglia, non fu che l’inizio di un portentoso crescendo ad inseguire la sua vocazione di “segugio del limite”.
Un bel giorno di alcuni mesi dopo, la mamma di Soglia stava spensieratamente appendendo i panni freschi di bucato sullo stenditoio nel cortile, quando un brivido di raccapriccio le corse dalla schiena a risalire lungo la nuca: nel trambusto dei mestieri di casa, si era sbadatamente scordata sul tavolo il biberon con il latte caldissimo, alla portata di Soglia, assiso sul suo seggiolone.
Inforcò le scale di gran volata, due gradini per passo, solo per constatare, una volta giunta in casa col fiatone colmo d’ansia, che Soglia se ne stava bellamente intento a sorseggiare il suo biberon, reggendolo da sé con piena fermezza.
Era successo che Soglia, assecondando la percezione del proprio corpo, giusto pochi attimi prima aveva arguito prodursi nei suoi muscoletti quello scarto minimo in più di forza necessaria a sollevare agevolmente il biberon, e lo aveva fatto soltanto quando aveva colto la temperatura del contenuto lattiginoso scendere di una micro-frazione di grado sotto il livello utile per non scottarsi la bocca.
Troppo lungo sarebbe raccontare qui la miriade di episodi che scandirono il mirabile sviluppo della “sapienza liminale” di Soglia.
Soglia nel corso della sua vita mantenne assiduamente un peso forma invidiabile. Era infatti sempre consapevole del milli-secondo spaccato in cui al proprio corpo si aggiungeva quel grammo di troppo che lo faceva classificare nella categoria dei grassi, e si regolava immediatamente di conseguenza con la dieta, senza mai avvicinarsi nemmeno lontanamente a punti di non ritorno ponderale.
Soglia non assaporò mai amori eccessivi, ma nemmeno provò delusioni amorose.
Slalomeggiando da par suo lungo il discrimine esatto che separa le due dimensioni, riuscì a gustare un’intensità affettiva ed erotica sempre appena sufficiente, ma tuttavia neanche mai scarseggiante.
Nei momenti della passione sensuale, Soglia era avvantaggiato dal fatto d’intuire ogni volta con estrema esattezza l’attimo preciso in cui l’eruzione di piacere della propria donna si sarebbe manifestato in una colata lavica di godimento. Si premurava allora di sospendere ad oltranza quell'attimo di stazionamento sulle alture della beatitudine fisica, senza mai dare l'impressione di voler discendere nella vallata sottostante, territorio dell'appagamento banale ed ordinario.
Naturalmente poi, sapeva anche fare esplodere la bocca del vulcano al momento adeguato, ma la parte più bella degli incontri con lui, nel ricordo delle sue donne, rimaneva sempre quella lunga ed estenuante freccia rivolta verso il bersaglio dello sfogo animalesco, mantenuta pressoché infinitamente infissa a combaciare strettamente con la cocca nella corda tesa dell'arco.
Con le donne, Soglia non era mai troppo volgare, mai troppo gentile, mai troppo simpatico, mai troppo importuno, mai troppo brillante, mai troppo noioso...di ogni atteggiamento sapeva dosare sempre la quantità giusta per mantenere l'interesse femminile sempre entro il grado necessario di “desiderio militante” ed auto-rigenerante.
Di tanto in tanto, poi, Soglia si premurava di commettere deliberatamente una cazzata micidiale, di modo che il minimo comune denominatore del suo comportamento con le donne, non risultasse oltrepassare nemmeno la barriera della pallosità.
Fra gli amori più appassionati che Soglia poteva ricordare di aver vissuto, ce ne furono diversi, non solo mai consumati, ma addirittura nemmeno mai dichiarati. In quei casi, Soglia leggeva chiaramente nell'animo della porzione di femminino con la quale era chiamato a confrontarsi, la necessità di mantenersi sul pianerottolo di un “platonismo” che sarebbe stato solamente rovinato da un qualsiasi altro genere di passo avanti.
Soglia s’inventò un mestiere, fondando la «Limen - s.r.l.», prospera impresa di servizi specializzata in “consulenze subliminali”, espansa successivamente nel mondo con numerose succursali estere, raggruppate sotto il nome di «Doorstep - ltd.».
La «Limen - s.r.l.» aveva tratto fuori dal fallimento intere compagnie aeree, semplicemente pianificando “al grammo” le dimensioni del peso col quale era consigliabile stipare i velivoli, così come era corsa in aiuto di persone comuni, consigliando loro sequele di micro-azioni quotidiane da compiere per cagionare valanghe di eventi che pilotassero la propria vita nella direzione desiderata.
Nessun cliente fece mai ritorno ad una delle agenzie della «Limen – s.r.l.» o della «Doorstep – ltd.» per porgere qualsivoglia genere di lamentela. I prezzi applicati erano infatti calcolati sempre in modo da assestarsi pochi centesimi al di sotto delle possibilità economiche dell'interessato, e tutti alla fine erano soddisfatti.
Non è stato felice, Soglia, ma nello stessa misura non ha conosciuto mai nemmeno l’infelicità.
Il suo peculiare talento gli aveva insegnato che il massimo di felicità raggiungibile, stante la condizione umana, lo si poteva afferrare rimanendo sempre un passo al di fuori da essa, come di fronte ad un traguardo destinato ogni istante a porsi un attimo avanti rispetto alla sua soddisfazione.
Un giorno, una delle ultime volte che l'ho visto, Soglia mi chiese un favore: se mi fosse passato per la mente di scrivere qualcosa sulla sua vicenda umana, mi pregò, avrei dovuto usare l’accortezza di non andare mai oltre le 9188 battute, spazi inclusi.
«…Come mai questo numero, Ultralimen?...» gli chiesi allora io, che sono uno dei pochi a chiamarlo ancora col suo nome di battesimo.
«…Perché già con 9189, caro Gillipix, il lettore si romperebbe sicuramente i coglioni…».
- Cosa te lo fa pensare?"
- No, niente...così...
Da un'Antica leggenda Assira
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Dato un determinato oggetto, gravante in direzione del suolo secondo un proprio specifico e ben circostanziato peso, penzolando esso medesimo nel vuoto per mezzo di un cavo costituito da materiale a scelta, sufficientemente resistente a reggere lo sforzo…approntato insomma tutto codesto scenario, esisterà sempre un discrimine di zavorra minimale in grado di far saltare il cavo, una volta posato sull’oggetto stesso in semi-impercettibile aggiunta al fardello originale?
In altre parole, se 6 persone di 80 kg ciascuna salissero su di un ascensore che ne regge giusto 480, si schianterebbero di sotto nel caso in cui una di esse recasse in tasca una piuma di pulcino?
Per dirla ancora diversamente: posti 10 individui a cavalcioni della groppa di un elefante, in modo da sollecitare il simpatico pachiderma all’estremo massimo della sua vigoria fisica, sarà sufficiente che uno dei passeggeri inghiotta la caramella che stava saporitamente ciucciando nel frattempo, per far collassare sotto la marginale accelerazione scaturita il povero proboscidato, lasciandolo completamente prostrato in prona e quadrupeda spaccata?
Ultralimen Sogliaroli (sì, sì…si chiamava proprio così, cosa c’è di male?...) sembrava venuto al mondo esattamente per rispondere attraverso la propria esistenza a questi interrogativi.
Non era infatti ancora passato tanto tempo dal giorno della sua nascita, che Ultralimen (“Soglia” per gli amici) aveva già involontariamente preso a distinguersi come un vero e proprio “Mozart del limite”. In realtà, Soglia aveva sempre intuito dentro sé l’inconscio presentimento di possedere un simile talento connaturato all’essenza della propria indole, ma fu soltanto crescendo che il fenomeno si manifestò con evidenza, a se stesso e agli altri.
Le prime nebulose avvisaglie del portento presero a balenare proprio sul varcar di “Soglia” della soglia di sua vita. Per la mamma il travaglio non era stato poi così lungo, né difficoltoso. Medico, ostetrica e partoriente avevano tratto la conclusione che le ottime condizioni di salute di mamma e nascituro, più un pizzico di fortuna unito forse alle favorevoli congiunture astrali, erano stati gli ingrediente fondamentali per un simile agevole esordio sul palcoscenico della vita.
Non potevano sapere, soprattutto perché Soglia non sarebbe stato in grado di riferire, che buona fetta del merito spettava invece al talento in boccio del piccolo infante. Egli stesso non comprendeva ancora bene di cosa si trattasse. Percepiva solo una sorta d’istinto che lo chiamava ad essere assecondato.
E lui non faceva altro che assecondarlo.
Già da dentro la pancia della mamma, Soglia, con la sensibilità di un raffinatissimo “termometro temporale”, si era accorto del momento preciso in cui lo scadere esatto dei nove mesi stava per scoccare.
Facendosi trovare pronto sul traguardo, balzò fuori bianco e roseo sul filo di lana della nascita, assecondando con precisione ponderata gli sforzi della mamma, di modo che la minima spinta risultasse decisiva per sgusciare nel mondo mantenendo entrambi un gradino al di sotto della sofferenza normalmente richiesta.
«…Uhè, huè, huè…» si affrettò a dichiarare il piccolo Soglia.
«…Nghè, nghè, nghè …» precisò subito dopo.
Con un perfetto dosaggio di “Uhè” e di “nghè”, esattamente misurati sulla sapienza professionale dell’ostetrica, riuscì a fermarne giusto in tempo la mano ancora “ghibertianamente” sospesa a mezz’aria, evitando così la solita sculacciata di prammatica, resa ormai superflua dal tempestivo sfogo spontaneo esibito.
Per Soglia, non fu che l’inizio di un portentoso crescendo ad inseguire la sua vocazione di “segugio del limite”.
Un bel giorno di alcuni mesi dopo, la mamma di Soglia stava spensieratamente appendendo i panni freschi di bucato sullo stenditoio nel cortile, quando un brivido di raccapriccio le corse dalla schiena a risalire lungo la nuca: nel trambusto dei mestieri di casa, si era sbadatamente scordata sul tavolo il biberon con il latte caldissimo, alla portata di Soglia, assiso sul suo seggiolone.
Inforcò le scale di gran volata, due gradini per passo, solo per constatare, una volta giunta in casa col fiatone colmo d’ansia, che Soglia se ne stava bellamente intento a sorseggiare il suo biberon, reggendolo da sé con piena fermezza.
Era successo che Soglia, assecondando la percezione del proprio corpo, giusto pochi attimi prima aveva arguito prodursi nei suoi muscoletti quello scarto minimo in più di forza necessaria a sollevare agevolmente il biberon, e lo aveva fatto soltanto quando aveva colto la temperatura del contenuto lattiginoso scendere di una micro-frazione di grado sotto il livello utile per non scottarsi la bocca.
Troppo lungo sarebbe raccontare qui la miriade di episodi che scandirono il mirabile sviluppo della “sapienza liminale” di Soglia.
Soglia nel corso della sua vita mantenne assiduamente un peso forma invidiabile. Era infatti sempre consapevole del milli-secondo spaccato in cui al proprio corpo si aggiungeva quel grammo di troppo che lo faceva classificare nella categoria dei grassi, e si regolava immediatamente di conseguenza con la dieta, senza mai avvicinarsi nemmeno lontanamente a punti di non ritorno ponderale.
Soglia non assaporò mai amori eccessivi, ma nemmeno provò delusioni amorose.
Slalomeggiando da par suo lungo il discrimine esatto che separa le due dimensioni, riuscì a gustare un’intensità affettiva ed erotica sempre appena sufficiente, ma tuttavia neanche mai scarseggiante.
Nei momenti della passione sensuale, Soglia era avvantaggiato dal fatto d’intuire ogni volta con estrema esattezza l’attimo preciso in cui l’eruzione di piacere della propria donna si sarebbe manifestato in una colata lavica di godimento. Si premurava allora di sospendere ad oltranza quell'attimo di stazionamento sulle alture della beatitudine fisica, senza mai dare l'impressione di voler discendere nella vallata sottostante, territorio dell'appagamento banale ed ordinario.
Naturalmente poi, sapeva anche fare esplodere la bocca del vulcano al momento adeguato, ma la parte più bella degli incontri con lui, nel ricordo delle sue donne, rimaneva sempre quella lunga ed estenuante freccia rivolta verso il bersaglio dello sfogo animalesco, mantenuta pressoché infinitamente infissa a combaciare strettamente con la cocca nella corda tesa dell'arco.
Con le donne, Soglia non era mai troppo volgare, mai troppo gentile, mai troppo simpatico, mai troppo importuno, mai troppo brillante, mai troppo noioso...di ogni atteggiamento sapeva dosare sempre la quantità giusta per mantenere l'interesse femminile sempre entro il grado necessario di “desiderio militante” ed auto-rigenerante.
Di tanto in tanto, poi, Soglia si premurava di commettere deliberatamente una cazzata micidiale, di modo che il minimo comune denominatore del suo comportamento con le donne, non risultasse oltrepassare nemmeno la barriera della pallosità.
Fra gli amori più appassionati che Soglia poteva ricordare di aver vissuto, ce ne furono diversi, non solo mai consumati, ma addirittura nemmeno mai dichiarati. In quei casi, Soglia leggeva chiaramente nell'animo della porzione di femminino con la quale era chiamato a confrontarsi, la necessità di mantenersi sul pianerottolo di un “platonismo” che sarebbe stato solamente rovinato da un qualsiasi altro genere di passo avanti.
Soglia s’inventò un mestiere, fondando la «Limen - s.r.l.», prospera impresa di servizi specializzata in “consulenze subliminali”, espansa successivamente nel mondo con numerose succursali estere, raggruppate sotto il nome di «Doorstep - ltd.».
La «Limen - s.r.l.» aveva tratto fuori dal fallimento intere compagnie aeree, semplicemente pianificando “al grammo” le dimensioni del peso col quale era consigliabile stipare i velivoli, così come era corsa in aiuto di persone comuni, consigliando loro sequele di micro-azioni quotidiane da compiere per cagionare valanghe di eventi che pilotassero la propria vita nella direzione desiderata.
Nessun cliente fece mai ritorno ad una delle agenzie della «Limen – s.r.l.» o della «Doorstep – ltd.» per porgere qualsivoglia genere di lamentela. I prezzi applicati erano infatti calcolati sempre in modo da assestarsi pochi centesimi al di sotto delle possibilità economiche dell'interessato, e tutti alla fine erano soddisfatti.
Non è stato felice, Soglia, ma nello stessa misura non ha conosciuto mai nemmeno l’infelicità.
Il suo peculiare talento gli aveva insegnato che il massimo di felicità raggiungibile, stante la condizione umana, lo si poteva afferrare rimanendo sempre un passo al di fuori da essa, come di fronte ad un traguardo destinato ogni istante a porsi un attimo avanti rispetto alla sua soddisfazione.
Un giorno, una delle ultime volte che l'ho visto, Soglia mi chiese un favore: se mi fosse passato per la mente di scrivere qualcosa sulla sua vicenda umana, mi pregò, avrei dovuto usare l’accortezza di non andare mai oltre le 9188 battute, spazi inclusi.
«…Come mai questo numero, Ultralimen?...» gli chiesi allora io, che sono uno dei pochi a chiamarlo ancora col suo nome di battesimo.
«…Perché già con 9189, caro Gillipix, il lettore si romperebbe sicuramente i coglioni…».
2 commenti:
splendido delirio del martedì! per il sor Soglia un po' si deve essere annoiato, qualche alto-basso nella vita ogni tanto ci vuole... va be' lo so, la mia è solo invidia :-)
bacini limitrofi
@->Farly: ahahahahah :-) grazie di cuore cara Farly, il tuo commento è giunto proprio alle soglie della tempestività assoluta :-)
Bacini liminali, anzi no...bacini di risarcimento ultra-esagerante :-D
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