Lo scrittore non vive propriamente: si pone a fianco del binario sul quale scorre il treno della vita e riceve sul viso le ventate del suo passaggio; talvolta prende posto anche su qualche vagone, ma deve scendere presto per eccesso di compenetrazione empatica coi passeggeri, i sedili, i braccioli, i poggiatesta, gli scompartimenti, i finestrini. Lo scrittore sale di rado sul treno perché vuol spiare la vita con stroboscopio sguardo, isolando ogni attimo dagli altri, e in questo modo, seppur da fermi, i suoi scritti viaggiano a velocità mille volte più alta del convoglio...
L’IA “sciacqua i panni in Arno”. Il ruolo della traduzione
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1 giorno fa
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