lunedì 27 ottobre 2008

Bagliori di micio

(Fotomontaggio di Gillipixel)

Si sente ripetere spesso che la nostra è per eccellenza l’epoca dell’immagine, anzi mi sembra di averlo ripetuto già anch’io in questa mia sede bloggarola, ma confesso che dopo averci meditato un po’, stavolta non mi è riuscito di buttare giù uno straccio di incipit migliore.
Reti tv a bizzeffe, cinema con effetti strabilianti, valanghe di riviste, giornali, libri illustrati come se piovessero, cartelloni pubblicitari fissi o animati in un’infinità di strade delle nostre città, per non parlare di internet…Insomma (parafrasando quel poliziotto che in “Seven”, nella scena in biblioteca, rispondeva al rimprovero di Morgan Freeman circa il suo scarso interesse per la cultura), siamo talmente invasi dalle immagini “…che ci escono dal b… del c….” (”…dal bordo del colletto…”…e cosa avevate capito?!?!?!).
In questo sterminato panorama iconico a sofisticazione crescente, capace di sfornare immagini sempre più incantevoli, complesse, coinvolgenti, suggestive (basti pensare alla bellezza raggiunta oggi dai film d’animazione), stupisce come mantengano ancora intatto il loro fascino secolare due tipi di visione che sono il manifesto stesso della semplicità: un micio intento nelle sue più comuni azioni micesche (lavarsi, dormire, fare una corsetta di gioia, giocare col gomitolo, insomma, le cose normali che fa un micio normale) e le lingue di un bel fuoco, soprattutto se incastonate in un riverberante focolare, ma anche nel caso della fiamma di un piacevole bivacco all’aperto.
Qualcuno mi rimprovererà di forzare eccessivamente la mano della significazione, ma il mio mestiere è andare per pensieri, che sian di tutti giorni o sconosciuti…oppps, sorry, mi ero battistizzato un attimo…dicevo, corro anche il rischio della forzatura concettuale, ma nella inossidabilità estetica di questi due piccoli spettacoli naturali (il micio e il fuoco) mi sembra di vederci un promemoria ecologico per noi umani sempre più intenti ad artificializzare fino agli estremi il mondo che ci circonda.
Il micio e il fuoco ci ricordano che non potremo mai negare il fondo di Natura che è in noi, e questo substrato ancestrale sembra proprio che lo vadano a pescare nei recessi più remoti della nostra anima, quando con il loro magnetismo estetico ci assorbono lo sguardo che non può fare a meno di lasciarsi catturare dalle movenze sinuose del simpatico felinetto o dai guizzi abbacinanti delle ignee code a svolazzo.
Nello spettacolo ipnotico offerto da un micio “pellicevol-morbidato” o dalla “calorbianchevolezza” di un fuoco scoppiettante, risiede una sorta di piccolo monolito kubrickiano (d’accordo, molto meno “numinoso” e ben più domestico), un “umile natural denominatore” che ha attraversato tutti i tempi a fianco dell’uomo per continuare a rammentargli come la sua Anima sia fatta anche e soprattutto di Terra.
Così, per concludere: un consiglio a coloro che magari stanno meditando sull’eventualità di abbonarsi a qualche canale tv a pagamento: magari, lasciate perdere, e se ve lo potete permettere, fatevi un bel camino in salotto oppure prendetevi in casa un dolce micetto.

(questo scrittino è dedicato alla mia cara amica R.B. in terra di Albione, perché lo spunto mi è venuto da una paio di battute scambiate con lei su icq, perché è professoressa emerita di gattomania e poi perché ieri ha compiuto gli anni…e così, scusandomi per il ritardo: tanti auguri R.B.!)

3 commenti:

Rachel Barnacle ha detto...

Durante i miei anni accademici, mi capitò di entrare in contatto con una realtà piuttosto distante dalla mia: persone - amici di amici - che vivevano nei boschi attorno Vallombrosa.
Quando dico che vivevano nei boschi, non vorrei ti immaginassi Lothlorien, ma soltanto perché al posto dei Mellyrn c'erano i cipressi, e pini, e non so che altro di molto frusciante durante il pomeriggio.
Non ci vivevano sopra, ma in mezzo, in una cascina senza luce elettrica ma con un gran camino.
Ora, io per indole potrei essere stata separata dalla nascita a Frasier Crane, quindi tu capirai che su di me questa cornice non ebbe molto impatto.
Invero, l'unica cosa che mi diede conforto fu appunto, il gran camino. Probabilmente perché era l'unica cosa che non possedessi già: la luce me la tagliavano una settimana sì e l'altra pure, il frigo era sempre vuoto, e a incamminarsi da Porta Romana verso la Certosa potevo vedere tutti gli stracazzo di alberi che volevo.
Il camino invece, mi mancava.
Fu durante una di quelle sere passate nella cascina, che mi ritrovai ad avere pensieri sorprendentemente simili a quelli che tu hai espresso in questo post. Il fuoco è eterno, mi dissi.
Se proprio devo essere onesta, in quel periodo ero in botta di Chretien de Troyes, e pensai che nonostante abitassi in un posto ad altissima concentrazione di storia medievale, niente più di quel fuoco davanti a me poteva gettare una linea diretta verso i miei desideri. Più delle torri di pietra e delle cattedrali, e dei codici della Nazionale Centrale, fu quel fuoco, a farmi sentire meno orfana dalle amate persone che non avrei potuto incontrare mai.
Quale legame inconsistente e labile, niente più di un riflesso mobile su un iride. La luce radente di un camino posata sulla mia faccia, come su quella di chi amavo.
"Al cor gentil" - cominciai, con un calice di novello tra le dita, i tre gatti appollaiati sulle mie gambe, nel Nirvana.
Poi arrivò quell'accidenti di semi-setter di dubbio pedegree a tirarmi nasate. Eh, come se non fosse scappato da pisciare anche a me.
Andammo insieme nella bruma dei boschi.


Grazie del post e degli auguri, e di tutto quanto. Squiiit!
:)

R.B.

Gillipixel ha detto...

Grazie a te dolce Rachel (...Cruise sulla rampa, presto, attivare lo scudo spaziale :-).
Questo sì che si chiama scrivere, per mille casse di dobloni inzuppati nel rum :-) è più bello il commento del mio scritto! Grazie ancora, squiiiiiiiiittt! :-)

Rosa ha detto...

RB, a leggere il tuo commento ci si incazza, che sei brava ma troppo avara: quando lo apri questo blogghe?
Comunque i pinoni di Vallombrosa sono - mi è stato detto - di importazione: canadesi. A me piacciono molto ma alcuni li trovano po' cupi. (lo so, non c'entra una ceppa con le vostre riflessioni sul fuoco, ma volevo dirlo lo stesso)
A bientotte.