«…Come tutti gli scansafatiche, anche io volevo scrivere, ma i miei primi sforzi fallirono miseramente…».
What Am I Doing Here?
Bruce Chatwin - 1989
Ci sono scrittori che posseggono una grazia sintetica superiore.
Bruce Chatwin è uno di loro.
Ritrovandomi ad essere un "prolissoide" narrativo qual io sono, apprezzo simili maestri in modo particolare. Chi meglio di un assetato disperso nel deserto potrebbe infatti decantare la bontà di una sorsata d’acqua pura?Bruce Chatwin è uno di loro.
Pur non riuscendo a fare più di tanto per ovviare all’inconveniente, mi rendo conto che il mio barocchismo scribacchiatorio deriva dall’esser io spesso afflitto da ansia argomentativa.
Il grande narratore potrà anche essere la persona più insicura del mondo nella vita reale, ma quando prende in mano la penna è più freddo e spietato di un killer di professione.
Con questo non sto dicendo che il gran maestro di sintesi non sappia trattar di sentimento e di profondità emotive.
Tutt’altro.
La sua freddezza non riguarda i contenuti, che potrebbero essere i più passionali e caldi che siete capaci di immaginare.
No, non è di questo che vado cianciando.
L’impassibilità, lo scolpitore di frasi la sa invece applicare alla perfezione quando maneggia il mezzo espressivo.
Lo scrittore di razza prende in mano le parole con la sicurezza del sicario: dopo essersi appostato nel luogo ideale per colpire, si mette ad assemblare vite per vite, bulloncino per dadino, del suo fucile di precisione narrativa, fino a posizionarci in cima un cannocchiale ultra-preciso, mirando dentro al quale alla fine, di fronte allo stupefatto lettore, esplode la sua frase asciutta ed essenzialmente compiuta in se stessa, che una virgola in più o una in meno avrebbero comunque stonato.
A me succede un po’ tutt’altra cosa.
Assomiglio piuttosto al vecchio Lee Harvey Oswald, quel maledetto 22 novembre del 1963.
A volte mi apposto nel luogo sbagliato (leggi: prendo su l'argomento dalla parte sbagliata) e non mi accorgo che c’è una telecamera di sicurezza puntata proprio lì: gli sbirri (leggi: “lettori scafati”) dalla centrale operativa già mi vedono in pieno, prevedendo le mie intenzioni.
Allora mi agito, e per farmi capire che non mi appresto a sparare una cazzata, ma solo possibilmente una frase decente, mi metto a far premesse su distinguo, antefatti su ante-considerazioni, incisi precauzionali su ipotetiche giustificative.
Va a finire che nel montare il mio fucilino, per il timore di non aver detto mai a sufficienza, mi prende l’assillo di infognare concetti su concetti in ogni frase, un bullone mi casca nel tombino, ad una vite si frusta il filetto e la lente del cannocchiale si annebbia col fiatone che mi coglie tenendo in sospeso una frase chilometrica come questa.
Il narratore cristallino ha invece di bello che, tu abbia capito o no quello che intendeva dire, tu abbia colto o no la sua poetica, lui proprio se ne fotte.
Non nel senso che fa le cose a caso.
No, no.
Ma proprio perché è talmente sicuro della bellezza auto-sufficiente di quanto egli ha scritto che non si degna nemmeno di perdere un secondo ad abbassarsi a ragionare su questioni di infima lega come l’efficacia comunicativa o qualsivoglia altra forma di “captatio benevolentiae” scrittoria.
Quello che lui ha scritto semplicemente “è”.
Rifulge di vita narrativa interiore propria.
E non ci sono altre palle che tengano.
Rifulge di vita narrativa interiore propria.
E non ci sono altre palle che tengano.
6 commenti:
uhmmm e qui lavori d'immaginazione... allora conosco un paio di persone che scrivono davvero bene, ma bene bene, che nessuno di noi blogherazzi gli lega manco le scarpe. Nessuno di codesti scrittori scrive di getto, nessuno. Prima buttano giuù l'idea che magari somiglia a uno di quei post arrotolati su se stessi che facciamo di quando in quando, poi vanno a fare un giro. tornati si mettono lì e cominciano a ciancicare le parole fino a quando suonano come fossero bach, mozart o i rem o chi ti pare, ma suonano come dicono loro. Solo allora danno alle stampe. A noi ce frega la prescia (si dice qui da me, ovvero la fretta)... zidable dice blogspot :-)
uhm...ma anche io avevo detto una cosa del genere, Farly :-) almeno, mi pare :-) cioè, la fase preparatoria era quando montano il fucile...ma forse ho fatto casino...il punto che mi interessava di più era la cristallinità della prosa...
beh, va beh, niente...se sèmo capiti :-)
:-) l'analogia con il fucile a me ha fatto pensare all'atto preparatorio alla scrittura, non tanto alla scrittura stessa... :-D thoor blogspot invoca il suo personale dio del tuono affinché giunga in nostro aiuto illuminando con qualche lampo d'intelligenza le nostre menti stanche ....
ehehehe...ma sì, Farly, l'importante è divertirsi in fondo...
nousco dice a me, contrazione unno-latina della dichiarazione di socratica non scienza assoluta "non conosco"
:-D
(...dal che si arguisce che il tuono vichingo dovrà essere proprio forte per recuperare me... :-DDDD
Scusa però smirki, ma se lo sai taglia. No!?
ehehhee...hai ragione anche te, Dipòk...a dirsi, sembra facile...ma il barocchismo scribacchistico è un morbo compulsivo-emotivo :-) è come un istinto irreferenabile :-)
no, a parte gli scherzi, col tempo credo di avere un po' migliorato, anche se so di avere ancora molti margini di fronte...è strano, ma diventare semplici nella prosa è una dote che si impara...
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