Una precisazione (del tutto superflua): queste gillipixate tematiche non hanno nessuna pretesa di essere delle spiegazioni rigorose. Non è il mio mestiere e non ne sarei nemmeno capace. Alla fine dunque sono solo delle andate per pensieri un po’ più incasinate del solito. Ma sempre andate per pensieri sono…sarebbe a dire: mica roba seria…
***
[...]...il concetto della filosofia non coincide affatto o non coincide senz'altro con il concetto della verità, in ogni caso con il concetto della verità nel suo uso prefilosofico o extrafilosofico...
[...]...quando incominciai a occuparmi di filosofia non mi interessava affatto di trovare quella famosa verità; volevo invece essere in grado di esprimere le mie intuizioni ed esperienze più essenziali intorno al mondo...
[...]...in questo senso la filosofia è legata assai profondamente al momento dell'espressione, al momento che nella Dialettica dell'illuminismo Horkeimer ed io abbiamo definito come mimetico.
"Terminologia filosofica" Theodor W. Adorno – 1973
Il focus di questa mini-tesi è di nuovo il termine “espressione”, stavolta specificata rispetto al suo “momento mimetico”.
Mimesi (μίμήσίς) etimologicamente significa imitazione. In queste proposizioni di Adorno, credo che il termine vada ricalibrato facendolo precedere dalla ante-specificazione “tentativo di”: mimesi come “tentativo di imitazione”. Anzi, mi voglio rovinare: in qualità di assoluto estimatore amatoriale della filosofia, nonché nelle vesti di viandante per pensieri quale io sono (e come tale, totalmente semi-irresponsabile delle mie proprie parole), stavolta tiro in ballo anche il mimetismo inteso come pratica animale di occultamento fisico.
Tutte queste premesse ci parano innanzi diversi sentieri di senso.
La pre-locuzione “tentativo di” introduce la condizione essenziale dell’umiltà: il filosofo sa di trovarsi di fronte a problematiche del pensiero molto ardue, alle quali sente di dover recare un sommo rispetto.
La consapevolezza del fatto che concettualmente si sta “tentando di imitare il mondo”, implica la conseguenza che il risultato ottenuto avrà una “presa sulla realtà” pari ad un riflesso rimandato da uno specchio.
In senso «…prefilosofico o extrafilosofico…» la verità può anche essere illusoriamente posseduta nella sua interezza. Il sapere filosofico invece sa che riuscire a far presa sui riflessi della verità è già una conquista da non sottovalutare.
Inoltre, come accennavo sopra, il momento e la modalità con cui la filosofia coglie il vero, mi pare possano essere metaforizzati bene con l’atteggiamento del camaleonte (o di altra bestiola mimetica) che si armonizza con lo sfondo naturale, nel medesimo tempo coincidendo con esso pur rimanendone staccato nella sostanza.
In misura affine, la filosofia è tentativo di imitazione della bellezza del vero, tentativo che anela a fondersi con esso, nella consapevolezza di trovarsi di fronte ad un traguardo che si sposta sempre in avanti, di pari passo coi nostri progressi di avvicinamento.
Una delle sensazioni che anche nel mio piccolo talvolta ho provato di fronte a certi concetti filosofici è stata esattamente quella di essere fuso con un senso di verità, pur rimanendo viva la consapevolezza che quella verità non la stavo possedendo a tutti gli effetti, non fino in fondo, mai.
[...]...quando incominciai a occuparmi di filosofia non mi interessava affatto di trovare quella famosa verità; volevo invece essere in grado di esprimere le mie intuizioni ed esperienze più essenziali intorno al mondo...
[...]...in questo senso la filosofia è legata assai profondamente al momento dell'espressione, al momento che nella Dialettica dell'illuminismo Horkeimer ed io abbiamo definito come mimetico.
"Terminologia filosofica" Theodor W. Adorno – 1973
Il focus di questa mini-tesi è di nuovo il termine “espressione”, stavolta specificata rispetto al suo “momento mimetico”.
Mimesi (μίμήσίς) etimologicamente significa imitazione. In queste proposizioni di Adorno, credo che il termine vada ricalibrato facendolo precedere dalla ante-specificazione “tentativo di”: mimesi come “tentativo di imitazione”. Anzi, mi voglio rovinare: in qualità di assoluto estimatore amatoriale della filosofia, nonché nelle vesti di viandante per pensieri quale io sono (e come tale, totalmente semi-irresponsabile delle mie proprie parole), stavolta tiro in ballo anche il mimetismo inteso come pratica animale di occultamento fisico.
Tutte queste premesse ci parano innanzi diversi sentieri di senso.
La pre-locuzione “tentativo di” introduce la condizione essenziale dell’umiltà: il filosofo sa di trovarsi di fronte a problematiche del pensiero molto ardue, alle quali sente di dover recare un sommo rispetto.
La consapevolezza del fatto che concettualmente si sta “tentando di imitare il mondo”, implica la conseguenza che il risultato ottenuto avrà una “presa sulla realtà” pari ad un riflesso rimandato da uno specchio.
In senso «…prefilosofico o extrafilosofico…» la verità può anche essere illusoriamente posseduta nella sua interezza. Il sapere filosofico invece sa che riuscire a far presa sui riflessi della verità è già una conquista da non sottovalutare.
Inoltre, come accennavo sopra, il momento e la modalità con cui la filosofia coglie il vero, mi pare possano essere metaforizzati bene con l’atteggiamento del camaleonte (o di altra bestiola mimetica) che si armonizza con lo sfondo naturale, nel medesimo tempo coincidendo con esso pur rimanendone staccato nella sostanza.
In misura affine, la filosofia è tentativo di imitazione della bellezza del vero, tentativo che anela a fondersi con esso, nella consapevolezza di trovarsi di fronte ad un traguardo che si sposta sempre in avanti, di pari passo coi nostri progressi di avvicinamento.
Una delle sensazioni che anche nel mio piccolo talvolta ho provato di fronte a certi concetti filosofici è stata esattamente quella di essere fuso con un senso di verità, pur rimanendo viva la consapevolezza che quella verità non la stavo possedendo a tutti gli effetti, non fino in fondo, mai.
4 commenti:
Oppure ancora peggio certi concetti che paiono esprimere verità inconfutabili nella realtà diventano non applicabili e quindi solo divagazioni mentali. Come faccio sempre
anche quel rischio è grande, Antonella, quando ci si appassiona alle speculazioni "semi-pure"...da un momento all'altro l'appiglio col reale viene meno, e non ci è quasi resi conto di come sia successo...per questo in filosofia è necessario introdurre anche la necessità di una "obiettività a tasso variabile" :-) e forse ne tratterò in una successiva puntata di "Adorno gillipixato" :-)
nella programmazione neuro-linguistica si dice che ognuno di noi ha una mappa del mondo, del territorio diciamo, e si afferma molto correttamente anche che la mappa NON è il territorio. ora il filosofo come lo descrivi qui, crea mappe molto complesse del territorio, ma restano mappe, restano pure riduzioni di un reale complesso che non è conoscibile-comprensibile se non con il contributo di tutti i sensi. Ed eccoti anche oggi la predica farlocchesca sul sentire-senza-seghe-mentali. Baci farlocchi
ehehehehehe :-) grazie, Farly...ho gradito molto la tua predica, come sempre quando me ne fai...non sembra, ma cerco anche di serbarle nel cuore e metterle in pratica
:-)
Baci ricambiati e buon prosieguo di vacanza :-)
Posta un commento