Lungo la strada che ogni mattina mi sbarbo a piedi dalla macchina all’ufficio, c’è un marciapiede nuovo. Ti accoglie il piede con la sua bella piastrellatura regolare, del tipo un po’ più elegante dunque di quelli normalmente ammantati in bitumaccio asfaltoso.
Quasi un favo zeppo di miele per quei vecchi orsi dei graffitari cittadini.
Infatti, dal giorno che le mie suole hanno preso a posarsi sull’opus certum di questo camminamento, l’ho sempre visto corredato della sua bella scritta d’ordinanza fatta a bomboletta spray.
Ora, il testo per esteso della frase non ve lo posso riportare qui. Sapete com’è: non ho attivato l’avviso dei contenuti per adulti in questo blog e non mi pare il caso di scialare con cotanto marchingegno telematico per una sola volta che sfioro concetti anche solo vagamente “de’ ppproibbito”.
Tanto l’avete capito: è la scritta più classica delle scritte, il biglietto da visita dei più inclusivi cessi delle stazioni, la pietra filosofale del buzzurrismo maschile italico. Usualmente formata da tre paroluzze, nei suoi contenuti si può ravvisare il più sincero auspicio di lunga esistenza invocata per l’acronimo di una non meglio specificata «Federazione Italiana Giochi Amatoriali».
Ecco, in linea di principio non ho niente da eccepire sui contenuti di tale proposizione. Anzi.
Alzi la mano chi non vorrebbe che la “summenzionata con perifrasi” vivesse per sempre e vieppiù, florida e leggiadra in ogni dove.
Avanzerei tuttavia un paio di eccezioni. Una di metodo e una di stile.
In termini procedurali, trovo che imbrattare a destra e a manca ogni superficie urbana sia usanza alquanto squallida. Lo so, lo so: datemi pure del parruccone vetero-borghese e retrogrado, rincarate la dose rammentandomi che senza questa peculiare tendenza creativa non avremmo avuto modo di apprezzare la genialità di grandi artisti del calibro di Keith Hering e Basquiat.
Mi direte pure per soprammercato che certe periferie urbane si presentano in uno stato di desolazione tale che qualsiasi scarabocchio su di esse tratteggiato, anche il più modesto, è come una boccata fresca d’aria estetica pura dentro una fogna visiva, è l’olezzo delicato di una margherita posata su un letamaio.
Tutto vero.
Ma avete presente quando una faccenda vi dà fastidio anche se in teoria ogni elemento per comprenderne le ragioni più profonde è pienamente a vostra disposizione? Succede, dai.
E poi c’è in effetti una ragione più articolata: a mio parere ogni elemento architettonico ed urbano dovrebbe essere concepito con una sua autonoma forza “iconografica” tale da riuscire a distinguersi ed imporsi con mezzi estetici propri, per così dire. Ogni scritta sovrapposta, ogni immagine appiccicata sopra (in primis dunque tutto il ciarpame pubblicitario odierno), decretano la sconfitta della forza comunicativa del paesaggio urbano, al pari di ciò che può accadere ad un poeta costretto a spiegare i significati delle proprie composizioni.
E’ anche vero che una “scritta pirata” appiccicata su di un elemento architettonico già di per sé brutto, innesca un cortocircuito di contraddizioni che invita alla riflessione, ma nella sostanza questo atto rimane sempre la sovrapposizione di una “sconfitta visuale” sopra una sconfitta già acclarata.
In termini di stile invece eccepirei il fatto che il messaggio trasmesso con quella scritta è troppo scontato, è la più genuina banalità fatta parola. Dire «…Viva la “summenzionata con perifrasi”…» è come dire «…Viva la pasta asciutta…», «…Viva il vino buono…», «…Viva il rock’n roll…», «…Viva la pizza…».
Anzi, si tratta di una tautologia bella e buona, perché è esattamente come dire «…Viva la vita…» stessa.
Perché dunque, riguardo a questo tema, sprecare parole, elettricità, memoria sul server di blogspot e soprattutto margini di pazienza e di sopportazione residua negli zebedei già rigonfi del lettore?
Diciamo che nella fattispecie, il fattore degno di innescare un’«andata per pensieri» è stato fornito proprio dalla banalità e dall’ordinarietà della ritrita frasetta. Per sottolineare come anche intorno alla più infima forma di espressività umana, ci si possa divertire ad indagare retroscena mentali e scenari esistenziali ipotetici fra i più disparati, ci si possa “sherlockholmesizzare” per gioco, dilettandosi a lasciarsi condurre, senza opporre resistenze razionalizzanti di sorta, laddove le nostre più strampalate idee ci invitano a vagare.
Quello che infatti non vi ho ancora detto finora, è che la scritta specifica sul mio marciapiede quotidiano presenta una piccola particolarità. Non dice «…Viva la Federazione Italiana Giochi Amatoriali…», come si è comunemente abituati a vederla istoriata. Il suo enunciato suona invece così: «Viva Federazione Italiana Giochi Amatoriali».
Ecco, sempre più che d’accordo con coloro che mi rimproverano di non aver proprio nulla da pensare, ma fatto sta che questa elisione dell’articolo mi ha sempre suscitato un piccolo moto di curiosità sin dal primo giorno che ho calpestato quel marciapiede sfiorando con le suole quella verità senza tempo.
Come mai il graffitaro ignoto ha deciso di fare a meno dell’articolo “la”?
Un’ipotesi è che nel corso della redazione del testo, il nostro “banal uomo da marciapiede” sia stato messo sul chi vive dall’avvicinarsi di qualcuno, magari proprio una pattuglia dei vigili urbani. Ma ad una più attenta analisi dello scenario congetturato, si profilano all’orizzonte elementi di contraddizione palesi: se così fossero andate le cose, non sarebbe stato più plausibile ritrovare, la mattina seguente, una scritta del tipo «…Viva la F…», oppure, al massimo (…via, voglio sprecarmi), un quasi autosufficiente «…Viva la Fi…»?
E anche volendo concedere all’artista un accredito di stima sovradosato, questa pista sembra proprio non reggere ad una verifica più serrata. Hai voglia infatti a dare tutto il fiato possibile alla sua levatura intellettuale, ma di fatto non ce lo vedevo in possesso di una proprietà del linguaggio tale da consentirgli il lusso di concepire una rapida disamina al volo dei pro e dei contro semantici in gioco, scegliendo poi in pochi secondi la migliore sintesi che avrebbe salvato la “capra significativa” ed i “cavoli espressivi”.
Perché allora il risparmio sillabico è stato introdotto a metà frase e non alla fine?
L’altra supposizione alla quale mi sono appigliato è stata allora che il nostro creativo fosse originario dell’est Europa. E qui mi si è aperto tutto un altro reparto nello scenario della mia «andata per pensieri». Se questa seconda traccia era valida, perché il nipotino del Suprematismo non aveva optato magari per l’alfabeto cirillico? Perché non aveva scritto qualcosa come «…віва Фіга…», oppure, semi-occidentalizzando, «…Ievviva patatovna…»?
Così, in modo ancor più sconclusionato, mi sono risposto che doveva trattarsi di un caso di felice integrazione del creativo straniero nel nostro paese. Non è stato per banalità, non per leggerezza che ha voluto scrivere la sempiterna frasetta su quel marciapiedi.
No, no: per lui istoriare sul suolo bianco-rosso-verde quelle otto lettere ha significato unire la propria voce al più popolare degli inni nazionali italioti. Certo, elidendo l’articolo, ci ha tenuto ha sottolineare le proprie origine, che, ovvio, nessuno può mai dimenticare. Ma quello che ha voluto proclamare è stato: «…Che viva dunque, sì!!! Sono qui anche io e piace tanto pure a me!!! Mi piace nello stesso modo in cui piace a voi!!! Mi piace nella vostra lingua!!!...».
Quasi un favo zeppo di miele per quei vecchi orsi dei graffitari cittadini.
Infatti, dal giorno che le mie suole hanno preso a posarsi sull’opus certum di questo camminamento, l’ho sempre visto corredato della sua bella scritta d’ordinanza fatta a bomboletta spray.
Ora, il testo per esteso della frase non ve lo posso riportare qui. Sapete com’è: non ho attivato l’avviso dei contenuti per adulti in questo blog e non mi pare il caso di scialare con cotanto marchingegno telematico per una sola volta che sfioro concetti anche solo vagamente “de’ ppproibbito”.
Tanto l’avete capito: è la scritta più classica delle scritte, il biglietto da visita dei più inclusivi cessi delle stazioni, la pietra filosofale del buzzurrismo maschile italico. Usualmente formata da tre paroluzze, nei suoi contenuti si può ravvisare il più sincero auspicio di lunga esistenza invocata per l’acronimo di una non meglio specificata «Federazione Italiana Giochi Amatoriali».
Ecco, in linea di principio non ho niente da eccepire sui contenuti di tale proposizione. Anzi.
Alzi la mano chi non vorrebbe che la “summenzionata con perifrasi” vivesse per sempre e vieppiù, florida e leggiadra in ogni dove.
Avanzerei tuttavia un paio di eccezioni. Una di metodo e una di stile.
In termini procedurali, trovo che imbrattare a destra e a manca ogni superficie urbana sia usanza alquanto squallida. Lo so, lo so: datemi pure del parruccone vetero-borghese e retrogrado, rincarate la dose rammentandomi che senza questa peculiare tendenza creativa non avremmo avuto modo di apprezzare la genialità di grandi artisti del calibro di Keith Hering e Basquiat.
Mi direte pure per soprammercato che certe periferie urbane si presentano in uno stato di desolazione tale che qualsiasi scarabocchio su di esse tratteggiato, anche il più modesto, è come una boccata fresca d’aria estetica pura dentro una fogna visiva, è l’olezzo delicato di una margherita posata su un letamaio.
Tutto vero.
Ma avete presente quando una faccenda vi dà fastidio anche se in teoria ogni elemento per comprenderne le ragioni più profonde è pienamente a vostra disposizione? Succede, dai.
E poi c’è in effetti una ragione più articolata: a mio parere ogni elemento architettonico ed urbano dovrebbe essere concepito con una sua autonoma forza “iconografica” tale da riuscire a distinguersi ed imporsi con mezzi estetici propri, per così dire. Ogni scritta sovrapposta, ogni immagine appiccicata sopra (in primis dunque tutto il ciarpame pubblicitario odierno), decretano la sconfitta della forza comunicativa del paesaggio urbano, al pari di ciò che può accadere ad un poeta costretto a spiegare i significati delle proprie composizioni.
E’ anche vero che una “scritta pirata” appiccicata su di un elemento architettonico già di per sé brutto, innesca un cortocircuito di contraddizioni che invita alla riflessione, ma nella sostanza questo atto rimane sempre la sovrapposizione di una “sconfitta visuale” sopra una sconfitta già acclarata.
In termini di stile invece eccepirei il fatto che il messaggio trasmesso con quella scritta è troppo scontato, è la più genuina banalità fatta parola. Dire «…Viva la “summenzionata con perifrasi”…» è come dire «…Viva la pasta asciutta…», «…Viva il vino buono…», «…Viva il rock’n roll…», «…Viva la pizza…».
Anzi, si tratta di una tautologia bella e buona, perché è esattamente come dire «…Viva la vita…» stessa.
Perché dunque, riguardo a questo tema, sprecare parole, elettricità, memoria sul server di blogspot e soprattutto margini di pazienza e di sopportazione residua negli zebedei già rigonfi del lettore?
Diciamo che nella fattispecie, il fattore degno di innescare un’«andata per pensieri» è stato fornito proprio dalla banalità e dall’ordinarietà della ritrita frasetta. Per sottolineare come anche intorno alla più infima forma di espressività umana, ci si possa divertire ad indagare retroscena mentali e scenari esistenziali ipotetici fra i più disparati, ci si possa “sherlockholmesizzare” per gioco, dilettandosi a lasciarsi condurre, senza opporre resistenze razionalizzanti di sorta, laddove le nostre più strampalate idee ci invitano a vagare.
Quello che infatti non vi ho ancora detto finora, è che la scritta specifica sul mio marciapiede quotidiano presenta una piccola particolarità. Non dice «…Viva la Federazione Italiana Giochi Amatoriali…», come si è comunemente abituati a vederla istoriata. Il suo enunciato suona invece così: «Viva Federazione Italiana Giochi Amatoriali».
Ecco, sempre più che d’accordo con coloro che mi rimproverano di non aver proprio nulla da pensare, ma fatto sta che questa elisione dell’articolo mi ha sempre suscitato un piccolo moto di curiosità sin dal primo giorno che ho calpestato quel marciapiede sfiorando con le suole quella verità senza tempo.
Come mai il graffitaro ignoto ha deciso di fare a meno dell’articolo “la”?
Un’ipotesi è che nel corso della redazione del testo, il nostro “banal uomo da marciapiede” sia stato messo sul chi vive dall’avvicinarsi di qualcuno, magari proprio una pattuglia dei vigili urbani. Ma ad una più attenta analisi dello scenario congetturato, si profilano all’orizzonte elementi di contraddizione palesi: se così fossero andate le cose, non sarebbe stato più plausibile ritrovare, la mattina seguente, una scritta del tipo «…Viva la F…», oppure, al massimo (…via, voglio sprecarmi), un quasi autosufficiente «…Viva la Fi…»?
E anche volendo concedere all’artista un accredito di stima sovradosato, questa pista sembra proprio non reggere ad una verifica più serrata. Hai voglia infatti a dare tutto il fiato possibile alla sua levatura intellettuale, ma di fatto non ce lo vedevo in possesso di una proprietà del linguaggio tale da consentirgli il lusso di concepire una rapida disamina al volo dei pro e dei contro semantici in gioco, scegliendo poi in pochi secondi la migliore sintesi che avrebbe salvato la “capra significativa” ed i “cavoli espressivi”.
Perché allora il risparmio sillabico è stato introdotto a metà frase e non alla fine?
L’altra supposizione alla quale mi sono appigliato è stata allora che il nostro creativo fosse originario dell’est Europa. E qui mi si è aperto tutto un altro reparto nello scenario della mia «andata per pensieri». Se questa seconda traccia era valida, perché il nipotino del Suprematismo non aveva optato magari per l’alfabeto cirillico? Perché non aveva scritto qualcosa come «…віва Фіга…», oppure, semi-occidentalizzando, «…Ievviva patatovna…»?
Così, in modo ancor più sconclusionato, mi sono risposto che doveva trattarsi di un caso di felice integrazione del creativo straniero nel nostro paese. Non è stato per banalità, non per leggerezza che ha voluto scrivere la sempiterna frasetta su quel marciapiedi.
No, no: per lui istoriare sul suolo bianco-rosso-verde quelle otto lettere ha significato unire la propria voce al più popolare degli inni nazionali italioti. Certo, elidendo l’articolo, ci ha tenuto ha sottolineare le proprie origine, che, ovvio, nessuno può mai dimenticare. Ma quello che ha voluto proclamare è stato: «…Che viva dunque, sì!!! Sono qui anche io e piace tanto pure a me!!! Mi piace nello stesso modo in cui piace a voi!!! Mi piace nella vostra lingua!!!...».
10 commenti:
e se invece fosse stato solo un pischello frettoloso? uno di quelli che scrivono "tvb" per dire ti voglio bene e che con la k? uno che da un lato voleva lasnciare l'universale messaggio ma anche non rinunciare alla propria identità di pischello-ke-accorcia-frasi :-) l'oracolo dice zizati ed ovviamente ha ragione
ehehhehe...tutto è possibile, Farly...infatti questo è il bello del gioco (che poi era anche il tema effettivo del mio scrittino): ognuno può divertirsi a fare le ipotesi che più gli aggradano, tanto nessuno può smentire o confermare :-)
forte però l'ipotesi del pischello tutto tvb smnc tmcv :-) non l'avevo valutata :-)
è solo perché non hai ancora nipoti adolescenti che non ci avevi pensato :) onnests dice l'oracolo ovviamente
vero, Farly...irroap, conferma infatti blogspot: deve esser stato quello il motivo :-)
Siccome il concetto espresso è chiaro e condiviso dall'intero universo maschile, sarebbe stata più gradita una scritta più innovativa...che so tipo "Viva gli stRagisti"?
che ne pensi??? :-D
.. e se invece fosse solo una isolata esclamazione gioiosa diretta a niente ed a nessuno firmandosi con il suo lungo nome ossia: "Federazione Italiana Giochi Amatoriali"?
Originalissima disquisizione. Per fortuna al mondo c'è gente pazza
@->Luce: eheheheehe...poteva essere un'alternativa interessante anche la tua :-) infatti, come dicevo, quel proclama letto sul marciapiede è ormai così scontato ed inflazionato che non ha quasi più presa concettuale alcuna...invece "Viva gli StRagisti" è molto più fresco e vivo :-)
P.s.: sempre bellisimi gli scritti sul tuo blog :-)
@->Antonella: in effetti, l'acronimo e la federazione stessa (invenzione goliard-astrusa della mia contorta fantasia) alla fine sono anche in sitonia di intenti: i giochi amatoriali effettivamente ci si fanno con "lei" e tutti ci si vorrebbero associare a quella federazione :-)
Grazie per il gentile commento :-)
"Ievviva patatovna" è stupendo!:))))
E' un momento meraviglioso quello che vede tutti gli esseri uniti nella stessa passione, un po' tipo sol dell'avvenire, ma decisamente più raggiungibile!
Concordo comunque sul fatto che le cose non si sporcano, non si graffitano, uno se vuole si graffita camera sua o la fronte.
Gilli, hai scoperchiato un mistero, il graffitaro semanticamente ondivago.
Great!:))))
@->Vale: ahahahahaha...grazie per tutte le cose carine nel tuo delizioso commento, Vale...y siempre ievviva!!! :-) ...per dirla in ispano-slavofono :-D
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