giovedì 5 novembre 2009

Ricordi a composizione autocondotta


C’è una cosa che mi sono sempre chiesto: ma gli attimi del nostro passato...ma dove vanno a finire?
Ma guardate che è un bello scherzo, eh…
Cosa ci sarà mai, una discarica di attimi passati, da qualche parte? C’è un «attimaro», un rigattiere di attimi? O un ricettatore, per chi non può vantare un passato propriamente limpido…
Va beh che tanto è perfettamente inutile star lì a rodersi. E’ il paradosso del tempo che già Sant’Agostino aveva focalizzato in maniera così preclara, e se non ci è saltato fuori un santo, figuriamoci un campagnolo come me.
L’attimo presente è la cosa più concreta che possiamo immaginare, non c’è nulla di più tangibile, corporeo, consistente, materialmente verificabile. Eppure, nel medesimo tempo in cui lo pensi, l’attimo ti ha già fregato: puff! Se n’è volato via, sulla scia “concettuale” di quella gonza battuta anni ’70, che più o meno recitava: «Voltati di scatto e morditi un orecchio!».
Hai voglia ad essere rapido: l’attimo non lo mordi mai.

Uno dice: «…D’accordo, ma ci sono i ricordi…dove sta il problema?…».
«Sì…e ‘sta minchia ce la vogliamo mettere?» mi sento autorizzato a ribattere io.
Risolvere l’enigma degli attimi passati servendosi del loro ricordo è come scivolare lungo una fognatura che sfocia giusta giusta nel bel mezzo di un letamaio: alla fine non è che le cose siano tanto più chiare di prima (e scusate per l’eleganza della metafora).
Se invece mi si viene a dire: «…Cosa ci vuoi fare? Non ci restano che i ricordi…», allora sì che ragioniamo un po' meglio e mi sento di rispondere: «Eh già, amico mio…proprio così…entriamo in questo bar che ti pago da bere, dai…».

Ma i ricordi son roba difficile da masticare. Sono stoppacciosi come i coccodrilli del Nilo assaggiati una volta da Obelix in mancanza dei suoi beneamati e bensbafati cinghiali.
I ricordi sono ombre. Già gli attimi sono evanescenti, figuriamoci allora le loro ombre.

Però qui casca l’asino che va per pensieri!
Perché a ragionarci su bene, si può quasi arrivare alla bizzarra quanto paradossale conclusione che in questo particolare caso le ombre sono più concrete degli oggetti dai quali sono originate.
Via via sillogizzando in tal guisa bislacca, si può altresì dedurre che se l’attimo è svanito, e non ne rimane altro che il ricordo, allora le nostre personalità sono fatte di puro ricordo.
Così mi voglio rovinare con l’ultimo azzardo deduttivo finale, concludendo che i ricordi sono l’unica roba concreta su cui possiamo fare affidamento.

D’accordo, mi rendo perfettamente conto che a questo punto Aristotele avrebbe senz’altro storto il naso, e mica poco. Ma chi va per pensieri vuole in primo luogo divertirsi e questo gli basta.
Tanto più che tale strambo argomentare mi è stato ispirato dal ricordo di un’ancor più singolare entità: l’«oggetto a composizione autocondotta».


Si tratta di una creazione di Enzo Mari, architetto e designer milanese, per "adozione culturale", che la concepì nell’ormai lontano 1959 (e scusate per la poca qualità delle immagini, non ne ho trovate di migliori).
Una cornice di legno delimita due piccole lastre di vetro, mantenendole parallele, in modo da lasciare un’intercapedine “di aria” nel mezzo. La distanza fra i due vetri è giusta giusta per adeguarsi allo spessore di vari pezzetti di legno dalle diverse sagome elementari (rombetti, quadratini, triangoli), i quali sono così liberi di muoversi dentro le due “vetrinette”, quando l’oggetto viene ruotato o capovolto. Unico ostacolo alla distribuzione libera dei legnetti, è una piccole barretta fissata alla cornice, che interferisce sui possibili tragitti del contenuto mobile.
A considerarlo bene, l’«oggetto a composizione autocondotta», parte già con un punto a suo favore: è perfettamente inutile.
L’unica cosa che sa fare è stimolare riflessioni.
E’ un “riflessoforo” e a me una riflessione l’ha portata. Non sarà quella prevista da Enzo Mari, ma è pur sempre una riflessione.
Ho immaginato che i pezzetti di legno fluttuanti fra le due vetrinette, fossero i miei ricordi. L’oggetto, con la sua particolare sagoma, è stato di grande aiuto nel suggerirmi l’idea che i ricordi sono la cosa più concreta di noi stessi.
I movimenti dei legnetti sono gli attimi della nostra vita, ma i ricordi degli attimi sono i legnetti stessi.
Dei movimenti si perde traccia, essendo praticamente infiniti, ma i legnetti restano “dati” per sempre.
Però anche i legnetti non sono statici, congelati una volta per tutte. Muovendosi, originano nuove composizioni determinate dal reciproco confronto, e le loro posizioni sono pure infinite.


E’ stato qui che mi è scattata l’epifania più piacevole.
Da tempo mi sto rendendo conto che i miei ricordi si comportano proprio come i legnetti di Enzo Mari. Non è che mutino nella loro fisionomia fondamentale, ma disponendosi in modo differente fra le due vetrinette della memoria, assumono valenze nuove nel grande contesto della mia interiorità.
Ci sono ricordi che un tempo mi angosciavano, mi facevano addirittura paura; mescolati nel mio spirituale "compositore ad autoconduzione", hanno finito per incasellarsi entro l'animo con disposizione ben più rassicurante .
Altre reminiscenze ancora, magari sono rimaste a lungo insignificanti nell'archivio della mia memoria, fino a quando, con uno scossone adeguato, han finito per disporsi sotto una prospettiva che donava loro il risalto meritato.
La fondamentale differenza tra la realtà ed il "dispositivo poetico" di Enzo Mari, è che fra i vetrini della nostra memoria si aggiungono sempre nuove sagome.
Ma a me piace pensare che questa ulteriore variabile, non potendo essere materialmente significata per ovvi motivi pratici, sia comunque in qualche modo introdotta dalla piccola stecca di legno fissa che attraversa lo spazio di manovra dei "ricordi lignei" come uno statico setaccio monolitico: quella è l'illusoria fissità della "quotidianità sparigliatrice", dalla quale ci si attende un'immissione a getto continuo di nuovi ricordi freschi.

Un bella fucina di suggestione insomma, questo «oggetto a composizione autocondotta»: regala quasi l'illusione di esser riusciti, se non a mordersi, almeno a darsi una lieve leccatina al lobo.


19 commenti:

farlocca farlocchissima ha detto...

allora premesso che il post mi è piaciuto, che ho notato una drastica riduzione di diminutivi che mi ha felicitato oltre misura... non sono tanto d'accordo che i ricordi siano la cosa più concreta, ecco quando mi prendo una sberla di qualche genere la sento tanto tanto concreta e molto mi aggrada quando diviene ricordo ;-)

Gillipixel ha detto...

@->Farly: ehehehehe :-) ma tu ti affidi alle sabbie mobili del pensiero comune, Farly :-D
Tu disdegni il puvo filosofeggiave...ohibò, ovvove!!!
:-D
Lo so, lo so, Farly :-) il mio discorso non era privo di aporie e buchi colabrodosi :-)
Lo scopo era solo divertirsi un po' vagando per pensieri...spero che il risultato sia stato ottenuto al di là degli scivoloni concettuali :-)
E poi, seriamente parlando, sono questioni così intricate e fuggevoli all'umano raziocinio, che anche parlandone per anni, ci si trovano nuovi bachi ed incongruenze :-)
Baci :-)

farlocca farlocchissima ha detto...

ma cavissimo cevto che ben compvesi il tuo nobilissimo intento inteso all'andav pev pensievi con leggevo moto dell'animo, ma cevto ma cevto, solo che vedi mentve leggevo intvuppai con il mio delicato piedino sulla zampa del (sempve avistocvatico) tavolo e così mi sovvenne co tal pensievo :-D

Gillipixel ha detto...

@->Farly: ma cava, dovevi davmi contezza molto pvia dell'accaduto...in quel caso io stesso ti av-vei suggevito di pvofondevti puve in un libevatovio moto di apevta blasfemia da scavicatove di povto :-D

farlocca farlocchissima ha detto...

tipo @#§#### sua e mia ... ? così cavo?

Gillipixel ha detto...

@->Favly: ci siamo quasi, cava...affinevei un tantino le sfumatuve del "tacci" ed intvoduvvei talune vavianti socio-esistenziali più colovite...poi è pevfetto!!!
:-DDDD

farlocca farlocchissima ha detto...

ma cavo se biastimo ov ova in luogo pubblico cosa mai pensevà di me la bella gente? :-D (mo basta, me devo contenè che devo da lavorà) bacio

Gillipixel ha detto...

@->Farly: ehehheh, ok, Farly...si sa com'è, il cazzeggio è come le cigliege, una vaccata tira l'altra :-)
son contento che ci siam fatti due sorrisi :-) buon lavoro :-)
foxysive dice blogspot, e mi pare sia un tipo di volpe più simpatica del solito :-)

Yossarian ha detto...

Suggestiva interpretazione la tua. Io i ricordi li vedo piu' come i bastoncini dello Shangai. Ci vuole cautela.


Ciao

:-)

Gillipixel ha detto...

@->:Yossarian: lieto di averti portanto un po' a zonzo per pensieri, Yoss :-)
Bellissima la metafora dello Shangai: anche lei ha il suo perchè :-)
Grazie, ciao, have a nice day :-)

Rachel Barnacle ha detto...

@ Yoss:
Io i ricordi li vedo piu' come i bastoncini dello Shangai.

Questo perché sei rincoglionito.
C'hai le scimmie coi cimbali nel cervello, amor de mi vida.

@ Gilli:
Durante le settimane di studio prima della maturità, raggiunsi un tale punto di delirio (lo stress più il nozionismo selvaggio generano grosso modo gli stessi effetti del peyote) da considerare l'ipotesi che i ricordi fossero entità senzienti.
Ringraziando tutto ciò che è caro e bello al mondo, ho scordato da tempo come raggiunsi codesta abominevole conclusione. E più importante ancora, tornai in me piuttosto in fretta.
(Ci diedi un taglio definitivo col cercare di applicare il Cassirer ad Umberto Eco, tuttavia)

farlocca farlocchissima ha detto...

orbene se vogliamo dare un'accezione figurativa al concetto di ricordo che ne pensate del cubo di rubik? certo anche dopo 10 anni di psicoanalisi non sono riuscita a finirlo, però mi piacerebbe tanto... (propotsu dice blogspot, un po' tipo proprio tu in forma contratta)

farlocca farlocchissima ha detto...

orbene se vogliamo dare un'accezione figurativa al concetto di ricordo che ne pensate del cubo di rubik? certo anche dopo 10 anni di psicoanalisi non sono riuscita a finirlo, però mi piacerebbe tanto... (propotsu dice blogspot, un po' tipo proprio tu in forma contratta)

scodinzola ha detto...

"Una relazione privata" film del 1999 che ho avuto il piacere di vedere l'anno scorso ad una rassegna. Te lo consiglio... è strabiliante come viene rappresentato il "ricordo".
Concordo anche con il tuo punto di vista e, per quanto mi riguarda, molto spesso dobbiamo cercare di difenderci dai ricordi; meno male che i vari oggetti si spostano...
Un abbraccio

Gillipixel ha detto...

@->Rachel Barnacle: AHAHAHAHAH :-D
...ti giuro, rb, lo so che non ci credi, ma io non assumo nessuna sostanza, vado a letto sempre presto, mi sveglio di buon ora e mangio cose tutto sommato sane :-)
E' che mi viene naturale così, che ci vuoi fare? :-) Dev'essere l'aria della Bassa: siamo tutti un po' suonati da queste parti :-)

Gillipixel ha detto...

@->Farly: il cubo di rubik in vita mia l'ho tenuto in mano solo 5 minuti...al terzo ero già stato colto dal sommo tormento interiore: svitarlo sottocubetto per sottocubetto, o lanciarlo contro il muro imprimendo alla traiettoria una curva degna di Tom Lasorda, leggendario lanciatore dei Brooklyn Dodgers? :-D
Riflettendoci poi, la cosa mi intristiva, perchè mi rendevo conto dei miei limiti intuitivi con l'infernale poliedro "svitarolo" :-)
Però il tuo abbinamento mi è piaciuto: tutti i giochi o dispositivi vari con piccoli componenti colorati sono fonte di scambio mentale notevole...mi vengono in mente ad esempio anche i LEGO, giocando coi quali, da piccolo, riuscivo a raggiungere livelli interiori degni dei più alti maestri Zen :-)

Gillipixel ha detto...

@->Scodinzola: grazie, Scodi, del suggerimento cinematografico...in realtà, a suo tempo, lo avevo visto quel film...solo che non me lo ricordo più di tanto...non fraintendermi: questo non vuol dire che non mi fosse piaciuto...devi sapere infatti che questa è una mia caratteristica generale: mi scordo terribilmente le storie dei film e dei libri :-) mi rimangono vaghi sentori di atmosfere, ma i dettagli mi sfuggono via...mi fa un un po' rabbia la cosa, ma da una parte è pure un vantaggio: a patto che sia passato un po' di tempo, posso rivedere i film decine di volte e me li gusto sempre :-)
Per cui, credo proprio che mi rivedrò, quando riesco a reperirlo, "Una relazione privata" :-)
Riguardo la potenzialità dolorifica dei ricordi, unità alla loro "mobiltà", hai proprio colto quello che volevo dire...la cosa che tenevo di più che passasse con il mio scritto, è infatti quella: certi ricordi fanno male, ma non bisogna disperare, perchè col rimescolio che ne può venire vivendo, si potranno disporre con composizione più chiara, illuminata e serena :-)
Stavolta di do io un buffetto vellutato :-) Ciao Scodina :-)

Luce StRagista ha detto...

e gli attimi che non vogliamo ricordare?

Gillipixel ha detto...

@->Luce: eh...bella domanda, Luce :-) io la vedo così: alla fine pure quelli, a forza di shakeraggio interiore, si assestano ad un certo grado di accettabilità, di sopportabilità perlomeno...non so, forse mi sbaglio...oppure, se poprio son ricordi insopportabili, bisogna sperare che svaniscano per sempre insieme al movimneto dei legnetti che li originò :-)