sabato 23 gennaio 2010

Scatole


Nel dormiveglia, mi è apparsa l’immagine di un oggetto inanimato che pronunziava inopinatamente una frase sibillina. Ho provato a deformare narrativamente quella strana suggestione, e quanto segue è la boiata che ne è uscita: una storia assolutamente senza senso, forse la più alta vetta di delirio mai sfiorata da un vagabondo fra i pensieri…

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La scatola era lì per terra.
Proprio ai bordi della corsia dei biscotti e dei dolciumi, appena sotto una delle scansie. Non era nulla di quanto messo in vendita. Infatti, presumibilmente, non era caduta dagli scaffali. Forse nessuno l’aveva notata prima. Di certo non passò inosservata quando da un qualche luogo che sembrava essere il suo interno, uscì quella che pareva una voce: «Io sono la scatola. Lasciatemi qua!».
Una sorta di limite invisibile si creò all’istante fra un capo e l’altro della corsia, con un margine di quattro o cinque metri dal punto in cui la scatola giaceva.
Nessuno degli avventori, una volta udito il bizzarro proclama, aveva osato fare un passo oltre. Si erano formati così due piccoli capannelli di persone, che si fronteggiavano, la scatola nel mezzo.
«Io sono la scatola. Lasciatemi qua!».
La prima fu una graziosa signora, molto elegante nel suo abitino fantasia, e ben decisa a non lasciarsi strapazzare nel proprio senso della realtà. Figurarsi, da una scatola poi.
Con piglio risoluto, la donna avanzò da uno dei gruppetti di persone, facendo tre passi decisi in direzione della scatola.
Dominando quella bizzarra fonte di loquacità, posta adesso giusto ai suoi piedi, non aveva ancora fatto in tempo a chinarsi, che il tono della scatola si fece particolarmente odioso: «Hai le mutande viola chiaro con fiorellini gialli, troppo aderenti, e devi farti urgentemente anche una ceretta…Io sono la scatola. Lasciatemi qua!».
Il colorito del volto della signora parve quasi riecheggiare all’istante quella segreta tonalità negligente, resa di dominio pubblico in modo così malevolo. Il motivo della vergogna era del tutto infondato, a ben pensarci. Anche in una logica da scatola. Ma nondimeno, nonostante i primi sorrisetti dei presenti avessero gradualmente mutato la loro sfumatura da un deciso cicaleccio canzonatorio ad un ben più rassicurante imbarazzo solidale, la signora fece ritorno mestamente sui propri passi, per eclissarsi alla chetichella, approfittando dell’angolo formato dal reparto dolciumi con la zona delle bevande.
«La scatola vede…»: l’inquietante verità aveva iniziato a serpeggiare sibilata fra i sussurri degli astanti.
In un gruppo di umani che superi la semplice coppia almeno di un’unità, è statisticamente quasi sempre presente il furbo di turno. Nella fattispecie, una ragazza, forte del suo fascino impeccabile e dei suoi pantaloni attillati, si propose come seconda "volontaria", anche se forse proprio nessuno dei presenti l'aveva "voluta".
Ma la perentoria scatola ne aveva anche per lei: «Hai lasciato l’auto nel parcheggio per disabili con un permesso fasullo… Io sono la scatola. Lasciatemi qua!», sentenziò stavolta “la perfida”, bofonchiandoci pure dietro un «...e poi…suvvia: hai le mutande tutte sdrucite!!!».
Stavolta lo spazio per l’eventuale indignazione o per il sarcasmo, se pure ci fu, rimase relegato ad alcuni fugaci attimi, il tempo necessario perché anche l’improvvida ragazza svanisse ormai mezza inosservata.
L’emotività dei due capannelli non aveva margini che per una nuova ondata di strisciante panico bisbigliato: «La scatola ti vede dentro… la scatola sa!».
Sconfortata, la gente si teneva ora a debita distanza dal malefico involucro. Al direttore del negozio, convocato dopo pochi minuti, non rimase che transennare quei perigliosi metri quadrati intorno alla scatola, dando ormai per perse le merci riposte sui ripiani degli scaffali immediatamente circostanti, nella speranza che quel pedante oracolo prismatico non avesse da ridire anche sulle date di scadenza o sui coloranti e i conservanti contenuti.

Alla tv dissero poi che scatole di quel tipo erano proliferate un po’ in tutti i quartieri della città. Presto la notizia venne rimpinguata da altre provenienti da località diverse della nazione, e poi di tutto il mondo.
Era l’invasione delle scatole.
Contemporaneamente, si diffuse anche la voce della scomparsa di tante persone.
Le autorità indagarono e ne uscì che il profilo comune di questi tizi irreperibili parlava di una loro tendenza alla vita ritirata. Erano tutti, chi più chi meno, definibili come sognatori, con una propensione all’abbandono ad amori platonici volutamente mantenuti sempre sulla cresta dell’incompiutezza.
Si erano forse costoro, in virtù di una stravagante metamorfosi, tramutati nelle oracolari scatole?
Non si seppe mai con certezza, ma fatto sta che tutto il clima sociale ne subì una mutazione. Le città, i paesi, le campagne, erano ora costellati da piccoli spazi interdetti alla vicinanza umana, al centro dei quali campeggiava l’enigmatica presenza della scatola di turno.
E a riflettere il paesaggio, ora anche il cuore degli uomini si era adeguato a quella diffusione emozionale a macchie sparse. Tante scatole virtuali costellavano le anime e i sentimenti delle persone, con altrettante zone omertose lasciate impotentemente proliferare all’interno delle coscienze.
Forse solamente un giorno tutto questo avrebbe avuto fine. Forse solo con la venuta di un individuo dall’occhio pulito, dallo spirito assolutamente candido e senza addosso mutande.


4 commenti:

farlocca farlocchissima ha detto...

bellissimo delirio!! voglio una scatola così da portarmi al lavoro, magari la metto davanti alla porta del mio ufficio, così non entra più nessuno... stlytort dice il nostro oracolo parolaio, che ce l'abbia con gl stili contorti? baci

Gillipixel ha detto...

@->Farly: ehehehe :-) se ci fossero davvero queste scatole, si potrebbe mettere su un commercio micidiale e fare soldi a palate, Farly :-)
Pensa la loro utilità nei tribunali e nei comizi elettorali :-D
Forse blogspot, più che allo stile, si riferiva alla mia mente contorta :-D
...ma io non lo ascolto, lo so che è un vecchio burlone, ormai siamo amici di lunga data :-)
Bacini in scatola :-)

scodinzola ha detto...

Le donne ne escono sconfitte, umiliate da una stupida scatola. E tra gli astanti gli uomini che fanno? Stanno a guardare? Di cosa hanno paura?
Anche questo scrittino coinvolgente, anche se la storia mi ha lasciato un pò perplessa.
Buffetti dispettosi

Gillipixel ha detto...

@->Scodi: ecco, Scodi, hai colto proprio quella che è stata una mia stessa perplessità mentre scrivevo...in effetti mi ero posto il dubbio se porre come esempio delle "angherie" della scatola solamente due donne, potesse risultare un po' "sessista"...poi mi sono detto che doveva essere inteso solamente ed esclusivamente come frutto del caso, e che se avessi proseguito con altri episodi, coinvolgendo anche uomini, sarebbe stato solo un appesantimento della storia...per cui, mi spiace se l'effetto non è sortito così bene, ma veramente, non c'era nesuna intenzione di differenziare fra donne e uomini...
e poi, a dire il vero, la prima donna non è poi così "sconfitta", è solo vittima di una beffa casuale, del non senso della vita, se vogliamo...
Alla fine volevo significare che un po' tutta l'umanità ne esce sconfittta...ma forse sono stato troppo settoriale con quei due soli esempi di "incidenti scatolari" :-)
E in ogni caso, ti capisco in pieno se la storia ti ha lasciata perplessa :-)
Anzi, grazie a te per aver letto ancora una volta con tanta attenzione e sensibilità...
E grazie dei tuoi buffetti, Scodi, sempre graditi, delicati e giustamente dosati :-)