Su questa Pasqua ci arrivo un po’ lungo.
In scivolata.
Come Babe Ruth, quella volta che tentò di rubare la seconda, ma venne colto in out dall’interbase dei Topeka Hot-Arses.
La scrutata elettorale mi ha lasciato notevoli strascichi di svuotamento mentale, cosicché mi ritrovo a galleggiare boccheggiante, col respiro concettuale piuttosto corto. Mi predispongo spiritualmente ad un bel week-end lungo di ozi culturali e gastronomici sollazzi.In scivolata.
Come Babe Ruth, quella volta che tentò di rubare la seconda, ma venne colto in out dall’interbase dei Topeka Hot-Arses.
Non ho tante cose da dirvi, al momento, salvo rimangiarmi la parola subito domani mattina, rifilandovi un fondamentale scritto sull’ipersensibilità antiborghese dell’opossum saudita.
Volevo ad ogni buon conto cianciare un po’ di alcune cosette assortite e a casaccio, giusto per non lasciarvi degli auguri asciutti asciutti, come una fetta di torta ingollata senza un goccio di vino bianco.
Intanto volevo rendervi conto del compimento della mia ultima impresa di lettore (…e tutt’d’én tratto, il coro: «…Eeehhh stì cazzi!!!...»).
Ebbene sì, cari amici viandanti per pensieri, l’ho terminato.
Il super tomo sesquipedale, a proposito del quale diverse volte v’infransi le orchidee negli ultimi tempi, ha alfin concesso lo scorrimento della sua ultima pagina sotto i miei ammirati occhi. Mi riferisco ovviamente alla «Storia del Terzo Reich» di William Shirer, 1700 pagine e fischia di goduria storiografica pura, suddivise in due polposi volumi.
Non sono propriamente un esperto di storia, anche se nel corso dei miei studi l’ho sempre trovata una materia appassionante, e non poco. Ma la caratteristica che in questo libro più di ogni altra mi ha affascinato è stata la sua bellezza. Certo, detto così vuol dire tutto e niente.
Avete presente quando un tizio è chiamato a fare il suo mestiere e per caso vi imbattete ad osservarlo all’opera e potete gustarvelo mentre lavora come Dio comanda?
Ecco, è questa la bellezza di cui parlo riferendomi al libro di Shirer. Rimani incantato a vedere come si destreggia fra i meandri della materia, come padroneggia il mezzo. Fa venire in mente un giocoliere che maneggia mille clavette in volo, un liutaio che leviga con mano sicura il suo violino. Solo che qui le clavette sono le infinite fonti, le testimonianze dirette e una miriade di documenti dominati in una panoramica sopra la quale il controllo sicuro dell’autore non sfugge un secondo, e le volute, i riccioli del violino sono la coesione e la chiarezza dell’esposizione, il quadro lucido e coerente che ti si viene formando in mente mentre leggi e ti esalti per tanta sapienza storico- narrativa.
Di più: leggere Shirer regala la medesima sensazione che immagino debbano provare quei pensionati che tirano a mezzogiorno lungo una via cittadina, gustandosi un paio d’orette di lavori in corso, di quelli belli coloriti, variegati e complessi, con ruspe enormi, betoniere giganti, grossi camion e potenti, mastodontici congegni idraulici in ogni dove, a far muovere tutta quella gran macchina operativa. Allo stesso modo, la possanza di questo libro allunga le sue leve sul materiale storico e lo maneggia, lo plasma, lo rimesta come calcestruzzo pastoso e ben dosato, colandolo nelle casseforme dove le gabbie delle armature sono già stata articolate con somma maestria, per dare vita alle fondamenta di un edificio documentale dalle proporzioni superbe.
La lettura di Shirer è stata parecchio impegnativa, anche perché due volumi di questa mole impegnano un sacco di tempo, e con difficoltà si tiene a bada nel frattempo la bramosia di iniziare nuovi libri. A stento infatti sono riuscito in questo proposito, e proprio quando mi trovavo ad un centinaio di pagine dal traguardo, mi sono lasciato deviare per pochi giorni, sparandomi direttamente in vena un altro sommo testo (di genere completamente diverso), a suo modo pregno di altre e ben più febbricitanti urgenze narrative, «I miei luoghi oscuri» di James Ellroy.
Poi mi sono detto: adesso per un po’ basta con libri “chilometrici”, per un qualche tempo sarà meglio preferire testi snelli, di modo da poter gustare di letture più differenziate in tempi più ragionevoli.
Detto, fatto: forte della mia uniformità mentale che sa sfiorare livelli di coerenza logica espressi forse solo dal sedere di un bambino di due mesi, mi sono subito imbarcato nella lettura di «À la recherche du temps perdu», del buon vecchio Marcellino Proust.
Non pago, mi sono anche procurato un quadernetto sul quale mi sto segnando i passi più epifanici, quelli più capaci di smuovere la mia sensibilità…e mo’ so cazzi vostri, cari amici viandanti per pensieri! Mi sa che prossimamente di ‘sta menata del Proust ne sentirete parlare spesso.
Ma come faccio a non rimanere esterrefatto, a non deflagrare in una variopinta fioritura di interiori suggestioni contagiose, quando prendo in mano un libro e dopo poche pagine vi ritrovo un passo minuscolo in lunghezza, ma immenso per quanto riguarda significati e risonanze poetiche?
Non solo. Un passo che in pochisime righe riassume tutta la mia vita semivissuta al 20%, come l’IVA:
«…[il vecchio Swann padre] non si poté tuttavia consolare della morte della moglie, ma nei due anni che le sopravvisse, diceva al nonno: - E’ curioso, penso molto spesso alla mia povera moglie, ma non ci posso pensare tanto alla volta –
“Spesso ma poco alla volta, come il povero Swann padre”, era diventata una delle frasi favorite del nonno, che la diceva a proposito delle cose più diverse…».
“La strada di Swann” (“Combray”) – Marcel Proust, 1913
(Trad. di Natalia Ginzburg)
Lo stesso si può dire per quello che è stato, da sempre, più o meno volontariamente e coscientemente, il mio atteggiamento verso la vita: la vivo molto spesso, ma non la posso vivere più di tanto alla volta.
Ve lo dicevo, cari amici, che in questo periodo difetto un po’ di lucidità argomentativa. Così, per concludere e non fare brutta figura, con gli auguri di Buona Pasqua che vi avrei voluto fare con più padronanza mentale, mi faccio aiutare stavolta dal mio sasso perfetto al 100%.
In un’epoca in cui è ormai divenuto molto difficile sapere di chi ci si debba fidare, è pur sempre un conforto poter contare sulla fedeltà e sull’affetto di un amico sasso.
Ammiratelo! Non trovate che sia un impagabile mattacchione, lì tutto abbarbicato fra i boccioli, e già calato in pieno nel fervore delle incipienti vibrazioni primaverili? Pasqua è tra l'altro una delle sue feste predilette, perché lui con le uova se l’intende alla perfezione. Anche per questo, stamattina si è profuso in tali manifestazioni di bucolica euforia.
E’ la seconda Pasqua che passo con voi, cari amici viandanti per pensieri, e sono contento di questo periodo che abbiamo attraversato insieme. Potere scrivere per voi è sempre una magia.
Ancora i migliori auguri di buona Pasqua, dunque, da me e dal mio sasso perfetto al 100%.
12 commenti:
:) leggerti lascia sempre una nota mista tra l'ironico, il buffo, il malinconico, lo spensierato e il profondo. Prendi uno e porti via cinque: ma come fai? Sei unico! Buona pasqua in compagnia del buon vecchio Marcellino! :-*
@->Rosa del Lussemburgo: eh, no, Rosa...e non si fa così :-) questi commenti sono troppo lussuosi per me :-) uffi, mi hai commosso, ecco...davvero, grazie di cuore :-*
Bacini di Buona Pasqua, tanti e al cioccolato :-)
Concordo con Rosalux sul leggerti. Mi piace.
Buona resurrezione Gilly!!
Buona Pasqua
^________________^
@->Squily: grazie mille, Squily :-) mi fa veramente piacere avere un lettore così speciale come te...
Have a Good Easter, dear Unbalanced :-)
@->Pupottina: grazie della visita, Pupot :-) Che per te sia una buonissima Pasqua fatta di tante cose carine e speciali :-)
Bacini in equo canone :-)
coraggiose letture che poi ti fanno profondere cotanta ispirazione. gil, sei davvero impagabile, scrivi da dio, e insisto: fatti largo dove occorre!
auguri, di pasqua e per tutto!
@->Maria Rosaria: grazie, grazie, EmRose...se divento famoso e ricco scrivendo, ti darò una percentuale lauta e congrua :-)
Anche io ti rinnovo gli auguri per Pasqua e per ogni cosa bella che tu desideri...grazie per essere sempre una mia lettrice così preziosa...
Bacini smisurati :-)
Grazie!!!
@->Squily: prego, Squily, figurati :-)
ah...volevo dirti una cosa: l'elenco delle autodenigrazioni, inserito nel profilo personale sul tuo blog, lo trovo un capolavoro della letteratura :-)
quando lo lessi mi ha fatto provare un po' d'invidia (nel senso buono del termine, ovvio :-)...perchè avrei voluto scriverlo io di me stesso :-)
Ciao :-)
ma insomma sto qualche giorno isolata e tu mi scrivi la divina commedia!!! sulla recherche che dire, non l'ho mai finita quindi ben son graditi i tuoi commentari con brani di testo, shirer non ci provo nemmeno, lo sai che potrei svenire, ma elroy, be' sta nella mia lista. mentre ti leggevo pensavo ad altri sassi perfetti, (http://viaggi.tuttogratis.it/fotogallery/costa-rica-il-mistero-de-las-bolas-le-sfere-di-pietra_4281.html) e mi chiedevo tra qualche centinaio di anni, troveranno i tuoi post sul sasso perfetto e allora sai che segoni meravigliosi gli archeologi del futuro! (nocat dice l'oracolo, non immagineranno mai che sia un gatto ad averli scritti)
@->Farly: ahahahhaha :-) nocat è fantastico, Farly :-) io ho scritto, ma lo sai che senza i tuoi commenti ogni mio scrivere è sempre incompleto :-)
Ah, sì...bella la citazione delle misteriose bolas petrose :-) mi pare che anche l'episodio del primo Indiana Jones, quando quel sassone perfetto lo insegue nella grotta, sia riferito a quelle :-)
Bacini di bentornata :-)
Blogspot dice prickst, un tipo particlare di fusa emesse dai gatti siberiani :-)
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