domenica 12 dicembre 2010

Alberto Giacometti: il profilo migliore del nulla


«...Is this the real life ?
Is this just fantasy ?
Caught in a landslide
No escape from reality...».

Bohemian rhapsody
The Queen - 1975
*******

Intraprendendo alcune settimane fa la mia modesta rubrica di “piccolo sbrodolatore artistico sulla camicia bianca”, mai avrei pensato di tramutarmi cammin facendo in una sorta di deejay dell’arte. La metamorfosi si è concretata grazie alla cara amica Farly, che nel suo commento alla precedente puntata aveva espresso il desiderio di sentirmi parlare dello scultore Alberto Giacometti.
Dunque, come da miglior tradizione delle emittenti libere degli anni ’70, “Radio Free Gillipix” ha l’onore di parlarvi oggi dell’opera e della poetica di Alberto Giacometti, su gentile richiesta della simpatica ascoltatrice Farly.

Vi confesso che di Giacometti, prima d’ora ne avevo sentito parlare solo vagamente. Ecco dunque un altro buonissimo motivo per ringraziare Farly della sua richiesta, che mi permette di approfondire un po’ la figura di questo artista.

Alberto Giacometti (Borgonovo di Stampa, 10 ottobre 1901 – Coira, 11 gennaio 1966) è nato in Svizzera ed ha vissuto molto a Parigi, subendo gli influssi delle maggiori correnti artistiche sue contemporanee, soprattutto del Surrealismo.

Potremmo definire Giacometti come artista della “crisi”. Per cercare di avventurarmi con voi nella sua poetica, mi limiterò alle sue opere più famose e significative, ossia le lunghissime statuette che stilizzano la figura umana al limite dell’annientamento.


Allo scopo di capirci qualcosa, riguardo Giacometti, mi pare un buono spunto partire da un aneddoto. Lo sentii raccontare una volta dal filosofo Gianni Vattimo (cioè…non è che son solito trovarmi al bar con Vattimo a sbocconcellare tartine, sorseggiando un Negroni e contandocela a vicenda: l’ho sentito alla tele…).

Vattimo riportava una boutade di un collega filosofo spagnolo (del quale ora mi sfugge il nome), che oltre ad essere una geniale trovata, a mio parere offre l’esempio di come dietro i risvolti dell’umorismo possano celarsi spesso profonde intuizioni filosofiche. Credo di aver già parlato in altra occasione di questa battuta, ma vedrete che nel contesto “giacomettiano” essa acquista una profondità particolare.

Cosa combinò dunque il filosofo iberico amico di Vattimo? Se ne venne fuori con una rivisitazione della celeberrima frase pronunciata dal Cristo sulla croce: «…Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?...» (in aramaico pare suoni: «…Elì, Elì, lemà sabactàni?...»).
Quando il genio c’è non resta altro da fare che ammetterlo. Infatti, con una semplice ma cruciale introduzione dell’avverbio negativo, ecco come il goliardico amico filosofico tramutò la frase: «…Dio mio, Dio mio, perché “non” mi hai abbandonato?...».

Ve lo dicevo: la frase è al tempo stesso buffa, ma portatrice di risvolti filosofici assai vasti.
Chi non ha mai, almeno una volta nella vita, anelato di svanire nel nulla? Chi, per i motivi più o meno disparati, più o meno gravi, non si è trovato in uno stato d’animo di angoscia talmente devastante da non desiderare di essere trasformato “in niente”? Di evaporare senza lasciare traccia alcuna? Di annichilirsi completamente, sia sotto il profilo fisico, sia sotto quello spirituale?

Ma al contempo, chi non ha mai provato in quei medesimi momenti la contraddittoria convinzione parallela che nessun tipo di annichilimento, nemmeno il più radicale che ci riusciva di immaginare, sarebbe mai bastato per cancellarci definitivamente e per sempre?

Per buttarla ulteriormente in citazione, potrei ricordare anche i versi della famosa canzone dei Queen, «Bohemian Rapsody»:
«...Mama, I don't want to die
I sometimes wish I'd never been born at all...»

Insomma, cari amici viandanti per pensieri, per parlarvi dei cavoli è andata a finire che l’ho presa su dalle merende, ma alla fine ritorno al tema di Alberto Giacometti.

Se le statuette filiformi di Giacometti potessero prendere la parola e dirci tutto il loro travagliato sentire, quali migliori frasi potremmo mettere loro in bocca se non quelle ricordate adesso?
«…Dio nostro, Dio nostro, perché “non” ci hai abbandonato?...Mamma, non è che voglio morire, io proprio non volevo nemmeno esser nato...».



Un tale assunto poetico Giacometti lo traduce in linguaggio scultoreo invertendo la millenaria dinamica che “da sempre” si era giocata fra lo spazio e la figura rappresentata (dopo Fontana e Morandi, vediamo dunque come anche Giacometti si ponga in posizione di frattura rispetto alla tradizione).
Le sue “figurette emaciate” non si conquistano più il loro posto nello spazio, mordendone una porzione, come era sempre stato “da che scultura era stata scultura”. Al contrario, esse si ritraggono come schiacciate dallo spazio, compresse da esso, quasi risucchiate e “spolpate” dalla forza invasiva della realtà che le lega ad essa senza via di fuga.

Non è più il caso, come nella scultura tradizionalmente intesa, di una identità che si afferma nello spazio. In Giacometti avviene invece una negazione d’identità dettata dall’«insistenza» della realtà. E la realtà è «insistente» non solo perché prosciuga l’uomo, ma anche perché non gli concede mai un annullamento definitivo, totale (come nella frase dell’amico di Vattimo, o nella vana speranza di Freddy Mercury…).

Infatti le figure di Giacometti sono sospese ad un passo dalla deformazione risolutiva, ma mantengono sempre un minimo comune denominatore figurativo che ce le lascia riconoscere ancora come sembianza umana. Non rappresentano quasi più niente di fisico, ma solo ciò che rimane dopo aver portato alle estreme conseguenze la frustrante volontà di annullamento fisico: sono in altre parole ridotte a dei “segni”.



Il “segno” è la minima ed estrema traccia di tangibilità che rimane anche quando, sotto il peso insopportabile del dolore esistenziale, si è preteso di cancellare ogni altra componente del nostro essere fisicamente nel mondo. Il “segno” residuo della nostra umanità impresso nel mondo sta a ricordarci la vanità irrimediabile della pretesa di non essere mai nati.

Non a caso, nei libri di storia dell’arte, si parla di Giacometti e di diversi altri artisti suoi coevi come degli autori post-bellici. In essi la tragedia della Seconda Guerra Mondiale traspare sempre in controluce, come un basso continuo di “consapevolezza dolorosa”, e per le figure giacomettiane si citano anche le terribili immagini dei campi di concentramento.
Allo stesso modo, è altrettanto significativo l’interesse dimostrato per l’arte di Giacometti da Jean Paul Sartre, filosofo dell’Esistenzialismo, il cui maggior saggio reca l’emblematico titolo di «L’Essere e il Nulla».

Con questo, spero di aver soddisfatto un po’ la curiosità di tutti e la richiesta di Farly.
Anche per oggi, artisticamente parlando, credo di aver terminato qui. Adesso vi saluto che mi sono rimaste ancora quattro bambole da pettinare e due giaguari da smacchiare.

Dai che mi metto avanti col lavoro, se no viene sera e c’è ancora tutto da fare…



10 commenti:

maria rosaria ha detto...

ahahhahhaha, quattro bambole da pettinare e due giaguari da smacchiare! molto interessante questa lezioncina sulle statuette di giacometti. sai, gil, conosco una persona, mooolto antipatica che somiglia sputato ad una statuetta di giacometti... ecco, ora se mi capiterà di dovergliene dire una, gli darò della statuetta di giacometti.
;) baci affusolatissimi ma non piatti!

Gillipixel ha detto...

@->Maria Rosaria: eheheheheh :-) grazie, Em Rose :-) son contento che ti sia piaciuta questa mia nuova scribacchiata d'arte :-)

Attenta però con quella persona, se è davvero antipatico doc, probabilmente non ha senso dell'umorismo e dandogli della statuetta giacomettiana, magari si monta la testa :-)

Grazie ancora, è sempre una lusinga per me ricevere i tuoi cari commenti :-)

Bacini da giaguaro :-)

maria rosaria ha detto...

gil, vedo che non appare l'aggiornamento del mio blog di oggi sul tuo blogroll... sapresti dirmi il perché? :(

Gillipixel ha detto...

Non ti saprei dire, Em Rose, a volte s'inceppa quel malefico :-) sarà una cosa temporanea, poi dopo si ripiglia...
Mi fiondo subito a leggerti, grazie di avermi avvisato :-)
Bacini ben informati :-)

Marisa ha detto...

Gilli... mi hai incantato con questo pensiero:

"Le sue “figurette emaciate” non si conquistano più il loro posto nello spazio, mordendone una porzione, come era sempre stato “da che scultura era stata scultura”. Al contrario, esse si ritraggono come schiacciate dallo spazio, compresse da esso, quasi risucchiate e “spolpate” dalla forza invasiva della realtà che le lega ad essa senza via di fuga."

E' una sensazione che ogni tanto sento anch'io sul mio corpo e quello che dici è visibilissimo su quelle sculture.
Baci di ammirazione

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: grazie, Mari, sei troppo gentile, mi fai sempre arrossire come un pomodoro san marzano sotto il sole d'agosto :-)
La cosa più bella, quando si scrive, è sentirsi dire che si è riusciti a sfiorare l'animo di chi legge...bello, bello, bello :-) grazie di cuore :-)

Bacini arrossiti :-)

farlocca farlocchissima ha detto...

ma grazie ma grazie e rigrazie :-) bellissimo post con una conclusione da applausi a scena aperta. la giusta leggerezza dopo tanto parlare di annullamento e dolore.
quando guardo le figure di giacometti vedo due lati del loro essere nello spazio, da una parte quell'essere come risucchiate altrove, come se stessero in procinto di scomparire, dall'altra c'è invece l'opposto, l'idea di un qualcosa che entra nel nostro spazio come da una fessura transdimenzionale. un intrusione silenziosa da un altro universo... va be' pure io ho fatto la mia parte di cotonatura-bambole, mo sto zitta.
bacini esili

Gillipixel ha detto...

@->Farly: ehehehehh :-) evviva, Farly :-) son contento di aver accontentato la principale committente del mio scribacchiamento :-) anzi, come dicevo già, grazie a te perchè mi hai offerto l'occasione per conoscere un po' di più un artista di cui sapevo proprio poco...

Alla fine, se ci ho capito qualcosa, anche a me pare che, come tutti i "tristoni" che si rispettino, anche Giacometti sotto sotto aveva quella corazza di speranza che porta verso un ignoto migliore, anche se non conosciuto ancora, ovviamente :-)

Toh...blogspot come suo solito dice sempre la cosa giusta al momento giusto: sturer...stappiamo dunque, per brindare alla bella riuscita di questa richiesta soddisfatta dal deejay gillipix :-)

Bacini transdimensionali :-)

Rosa ha detto...

Gil, ma che bello, questo post!
Senti...ehm...avrei una richiestina.....

non è che parleresti un po' del mio pittore preferito, Paul Klee?

Gillipixel ha detto...

@->Rosalucs: ma con grande piacere, carissima Rose :-) la prossima puntata, dunque, Klee a tutto spiano :-)

Grazie a te per la richiesta, mi onora e mi lusinga :-) spero di essere all'altezza anche con Klee :-)

Bacini non figurativi :-)