sabato 22 novembre 2008

Once upon a time...

(Foto e fotomontaggio di Gillipixel -
nonchè mano e pallone vecchio di Gillipixel)

A volte mi manca il basket.
Il Cielo sa quanto ho amato quello sport.
Anche se fra le tante cause degli acciacchi alla schiena che mi hanno portato a non poterci più giocare va annoverato proprio il basket, mi manca lo stesso.
E dire che, in fondo, vincere non mi è mai interessato più di tanto. Io giocavo per l'estetica. Per il gusto di addentrarmi nella bellezza dei movimenti.
Anzi, è più corretto dire che in realtà ci tenevo a vincere, ma non perchè sentissi in modo particolare lo spirito competitivo. Era più per non dare la soddisfazione della vittoria a chi non si sapeva muovere con tutta l'eleganza e la nobiltà del gesto che con il tempo compresi essere contenute in misura così abbondante nelle movenze di quel gioco.
All'inizio non era facile, perchè spaventava un po' il fatto di dover fare tante cose insieme: palleggiare, camminare o correre, tenere d'occhio il movimento di avversari e compagni di squadra, passare la palla, saltare, tirare.
Ricordo ancora, quando iniziai a conoscere questo gioco, la gioia che mi accompagnava mentre mi rendevo conto che stavo penetrando piano piano nel segreto di quella sincronia di gesti. Era come padroneggiare gradualmente i passi di una danza. E capii di essere a buon punto le prime volte che le gambe si sentirono libere di andare per i fatti loro, come se corressi in condizioni normali, senza quasi dar troppa importanza al fatto che invece le mani stavano pigiando la palla ritmicamente a terra.
Il giorno che mi sorpresi capace di arrestare palleggio e corsa, tirando poi a canestro in salto, tutto con un movimento di filato, ero da solo sul rugoso rettangolo di catrame dietro al campo da calcio.
Credo sia stato quello il momento preciso in cui la mia curiosità per il basket si trasformò in qualcosa di passionale.
Correvo in palleggio dal limite di un'area all'altra, vestito coi jeans, scarponcini invernali e maglione. E mi sentivo libero. Ero entrato nel mistero di una gestualità che fino ad allora avevo potuto solo invidiare ai grandi campioni in tv.
Faceva piuttosto freddo, dev'essere stata una giornata di febbraio, intorno al Carnevale. Forse a casa mi aspettava qualcosa di buono preparato dalla mamma, ed era bello pensarci rubando ancora qualche attimo all'imbrunire incalzante, e ripetere il tiro in salto a perdifiato, scorrazzando felice da un canestro all'altro.
Ancora uno, ripetevo fra me e me. Ma quel tiro di commiato non mi bastava mai, un po' come la volta che scoprii la bellezza di "Some girls are bigger than others" degli Smiths e non mi scomodavo nemmeno ad accendere lo stereo se non per ascoltarla minimo 40 volte di fila.
Ieri sotto sera, è stato uno squarcio di cielo che svaporava vitreo dal cupo cinerino all'indaco luminoso, e più giù ancora verso un arancio palla da basket, a rammentarmi tutto ciò.
Non so dentro quante sere come quella hanno tuffato la loro coda le interminabili partite che ho giocato coi miei amici su quel campetto.
E non so le volte che sono andato anche da solo a confidare le mie pene al canestro, ritrovando nell'atto di scagliare la palla verso il cesto con l'avambraccio che la frusta dolcemente, qualche consolazione ai miei mille pensieri di ragazzino.
"...se va dentro, lei mi dirà di sì..."..."...se va dentro, mi va bene il compito di mate..."...
E infiniti altri ricordi. Belli perchè legati a momenti inutili.
La "mistica" della stanchezza, coi polmoni pieni del fresco del cielo e la gambe sudate di salti e lunghe falcate a canestro. Un senso di amicizia forse mai più provato così intenso, come quello per il compagno di squadra al quale avevo servito un pallone strepitoso, spizzato a terra velocissimo fra le gambe degli avversari.
E le volte che non riuscivo a sbagliare un tiro nemmeno a volerlo, e da 10 metri avrei infilato anche una biglia dentro ad una vera da sposi. E i giorni che invece avrei mancato anche l'oceano con un pesce.
Già, mi manca il basket, a volte.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Non so se ti è capitato di leggerlo, ma ti consiglio un libro di un altro amante del basket: "Tre volte invano" di Emiliano Poddi. (tra l'altro tra i finalisti del premio Strega di quest'anno). Il tuo post me l'ha assai ricordato.

Gillipixel ha detto...

ah, grazie mille Dipòk...no, non lo conoscevo...sbircio ora una piccola recensione sul web...pare buono :-) grazie ancora per il suggerimento prezioso...al momento ho iniziato troppi libri insieme (l'ultimo: La vera storia del pirata Long John Silver) e mi devo dare una regolata se no non ne finisco mai uno :-) ma mi tengo a mente questa tuo buon consiglio...

Occhi blu ha detto...

Premesso che la mia maestra diceva che "ma mi" non si dice e non si scrive, trovo il tuo post tenero, malinconico, "sentimentale".
Hai asserito di essere pudico nel parlare/scrivere delle/sulle tue emozioni, ma ci sei riuscito benissimo.

Hai visto qualche partita della serie A1 dal vivo al palazzetto?
Ero in prima e seconda superiore quando mio papà ci portava. Che bellezza!
Ci sono tornata da grande e le emozioni sono rimaste le stesse: adoro il basket.
:)

Ora scappo: stasera corso MGA (autodifesa).
Stai in guardia! Sono pericolosa!
Nooooo!!!!!!
L'ultima volta che l'ho detto ...

Gillipixel ha detto...

@->Occhi Blu: ho amato tantissimo il basket, OuBee...da quando non gioco più però la passione è un po' scemata...ad ogni modo, rimane sempre una componente molto bella dei miei anni passati...dal vivo partite di A1 le vidi solo qualche volta a Bologna, la mitica Virtus :-) e ci andai più o meno alla stessa età che dici tu...so che Venezia ha una grande tradizione, la Reyer ecc.

A volte mi concedo delle forzature grammaticali o di stile...a volte magari, sbaglio proprio senza saperlo :-) spesso mi affido all'orecchio, più che alla regola: se mi suona bene, metto una certa espressione, se mi suona sospetta, cerco delle perifrasi... :-)

Autodifesa? Beh, mi pare un buon corso... :-)

Bacini perifrastici :-)

Occhi blu ha detto...

Non mangio neanche per trafficare qui con il telefonino (difficilissimo con la tastiera piccolina) per risponderti subito, Gilli Micio (tu sì che sei sornione!).
Bologna? Come sarebbe a dire Bologna?
...
Ah! Adesso ho capito!
Ih! Non sei lumbard, sei emiliaaano!
Beh, dopo l'accento toscano, che è il mio preferito, viene quello bologneeese: trooooppo simpatico!
:-)