Andrà a finire che mi farò la fama di assoluto “scrittore sul nulla” (il cugino più brutto del “Pianista sull’Oceano”).
Ma in attesa del ritorno di nuovi spunti riflessivi più dignitosi, oggi correrò questo rischio, superando me stesso proprio nella nobile disciplina del vaniloquio narrativo.
Rimiravo la tastiera nell’illusoria speranza di scovare un’idea negli angoli bloggaroli più remoti della mia mente offuscata, quando ho fatto “sguardo locale” su una stringa di lettere tanto familiare quanto scontata, per il fatto di averla sotto il naso praticamente dieci ore al giorno: QWERTYUIOP.
Lì, lì…lì sotto dai…abbassate gli occhi: è la terza fila di tasti dall’alto, sotto alle funzioni e sotto ai numeri.
Sì, perché io sono di certo un eccelso “nothing teller”, ma dovete sapere che c’è tutta una storia buffa e curiosa dietro quella sequenza di lettere.
Intanto, fate conto che, mentre state pestando sulla tastiera, è come se usaste una calcolatrice che all’interno della sua scatoletta, nel retrobottega calcolatorio, invece di chip e circuiti si serve di un vecchio e polveroso pallottoliere.
Considerando la disposizione all’apparenza casuale delle lettere, sbattute giù un po’ con la fionda, e trattandosi di uno strumento di altissima tecnologia come il computer, viene da pensare: chissà quali studi ci sono dietro, avranno sperimentato la cosa durante infinite prove con utenti, rilevando con minuzia la naturale predilezione della mente umana per la scelta di determinate lettere, combinando il tutto con la preferenza accordata dalla nostra percezione a certe porzioni del campo visivo, ecc., ecc.
Ma quando mai?...Ma in che film? Forse giusto in un’avventura di Brancaleone.
Il codazzo di lettere QWERTYUIOP-ASDFGHJKL-ZXCVBNM forma infatti la stessa identica sequenza riportata pari pari dalle vecchie macchine da scrivere sui pc.
E già qui c’è puzza di anacronismo, ma sarebbe anche stato plausibile: se quell’ordine era funzionale all’epoca, si poteva benissimo continuare ad usarlo per scrivere col computer.
L’eccentricità della cosa salta fuori però se si va ad indagare l’origine della disposizione “a QWERTY”.
La ideò, intorno al 1870, Christopher Sholes, un inventore americano (eran forti però, un tempo: “Che mestiere fai?” - “Io?...L’inventore…va mò làh…”).
Non fu subito “QWERTY a prima vista”. Come avrebbe pensato chiunque di fronte al dilemma della disposizione dei tasti, per facilitare una scelta rapida delle varie letterine, Sholes le mise semplicemente in fila in ordine alfabetico.
Solamente che, così cosa succedeva? Quella era la sequenza senz’altro più intuitiva, ma l’utilizzatore della macchina da scrivere risultava in quel modo “troppo veloce”, e soprattutto scrivendo con tutta la sua buona lena faceva maledettamente inceppare i martelletti che battendo vanno a spiattellare l’inchiostro sulla carta.
Sholes dovette allora ingegnarsi per disporre i tasti in modo che non ci fosse affollamento di levette vicine nello stesso momento, e sacrificando a questa priorità la necessità di essere rapidi, escogitò la disposizione QWERTYUIOP…ecc.
Il tutto venne poi brevettato dalla ditta Remington & Sons e diffuso in così grande scala che il modulo QWERTY si impose come vincente, e in seguito, essendo talmente consolidato nell’uso universale, si decise di non modificarlo nemmeno con l’avvento dell’informatizzazione.
Ed è così che ancora oggi ci ritroviamo ad utilizzare la soluzione più lenta per battere su una tastiera, solamente perché ad una fabbrica di fucili USA così faceva comodo circa 130 anni fa.
E ricordando come, pur non essendo ben chiara l’attribuzione, l’idea originale per la creazione della macchina da scrivere (erroneamente detta: l’espressione corretta è macchina “per” scrivere) vada probabilmente attribuita ad un avvocato novarese, Giuseppe Ravizza, che nel 1855 la brevettò col soave nome di “cembalo scrivano”, mi viene da fare un’ultima considerazione.
Visto che codesto QWERTY è ormai una chincaglieria assolutamente obsoleta e ce lo tiriamo dietro più per affetto che per altro, e dato che pure lui QWERTY medesimo si sentirà piuttosto inutile, ci sarà modo di rivalutarlo con ruoli socialmente utili?
Così mi è venuto in mente che potrebbe venire buono come neologismo a valenza variabile, buono per diverse occasioni.
Ad esempio: sono per strada a passeggio con un amico, ci sorpassa un gran bel pezzo di figliola ancheggiante alla grande, e lui mi fa sottovoce: “…Visto che roba?...”. Io in tutta risposta, invece di usare espressioni inflazionate e vecchie, tipo uno scontato e stucchevole “accipicchia!”, potrei profondermi invece in uno squillante “QWERTYUIOP!” nuovo di zecca.
Altro frangente: in macchina, sto guidando, mi sorpassa con manovra pericolosa uno di quei fanatici dell’automobile che hanno venduto tutti i loro neuroni in cambio di 16 valvole. Anche qui, invece delle solite imprecazioni, si potrebbe piazzare un super-inedito: “Ti pigliasse un QWERTYUIOP a te e a chi non te lo prega!”.
Un ultimo uso che mi sovviene potrebbe essere infine quello geografico, per stupire l’amico bullandosi circa l’esoticità delle proprie mete vacanziere estive: “Dov’è passi le ferie quest’anno?”, “Bah, sono ancora indeciso, mi sa che faccio un paio di settimane a QWERTYUIOP…un atollo in Polinesia, sai, a uno sputo da Mururoa…”.
4 commenti:
va bene, questo è proprio sul nulla :-D prestigiosissimo post...
:-D eheheheheh...grazie :-) ...so però che se voglio, posso fare molto meglio: scrivere del vuoto assoluto :-) forse un giorno ci proverò...ehehehehe
Qwerty è una parola che in inglese suona bene e potrebbe avere un senso...tipo "bloggers che resistono in un mondo ostile che ha smesso di leggere e di usare il cervello ma che non demordono e continuano a scrivere?"
Aggiorniamo il Devoto Oli! (n'altro nome che mi ha sempre fatto morire).
vero, Vanevale, Devoto-Oli è un nome buffo, l'ho sempre ritenuto tale anche io, fino a quando non ho scoperto la sua sublimazione nel formato di dizionarietto minore, detto il "devotino" :-) bellissimo :-)
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