Sono proprio un gran campagnolo. E anche uno della peggior specie, bisogna dire: un campagnolo suscettibile.
Mi devono aver fregato le ampie distese agresti fra le quali la mia labile mente è usa spaziare da anni. Sarà anche per via del mio assetto prossemico, formatosi talmente ai margini del consorzio umano, da risultare tarato su distanze fra un individuo e l’altro misurabili con tolleranza minima del metro e mezzo.
Fatto sta che quando cammino per le strade di città, mi sembra sempre di affrontare una folla di “Ludovichi” aspiranti “Fra’ Cristofori”.
Avete presente il famoso brano dei Promessi sposi?
Ludovico, orfano di un facoltoso mercante, si rode il fegato perché tutta la sua ricchezza non può “comprargli” lo stato sociale nobiliare. Un bel giorno, camminando su un marciapiede o una stradina che dir si voglia, incrocia proprio un nobilotto spocchioso: nessuno dei due vuole abbassarsi a cedere il passo. Ne scaturisce una baruffa durante la quale perde la vita il servitore di Ludovico, Cristoforo. Quell’episodio indurrà Ludovico a ritirarsi in convento, vestendo la tonaca proprio con il nome di Frate Cristoforo, per ricordarsi ogni giorno della sua passata ed insensata alterigia, costata una vita umana.
Ecco perché dico di essere un campagnolo perso. Credo infatti di essere il solo a notarlo, ma sui marciapiedi e ad ogni angolo della città, incrocio sempre gente che non vuole cedere il passo. Non che io abbia pretese particolari di ottenere il privilegio pedonale.
Tutt’altro: sono anzi dell’idea che quando due persone si trovano a dover condividere un passaggio piuttosto limitato, ciascuna dovrebbe fare il gesto di scostarsi leggermente, lasciando libero almeno una metà del cammino a chi sopraggiunge. Invece no, mi si parano innanzi spesso e volentieri dei tacchinacci impettiti che vanno come locomotive sui binari. Nemmeno che a spostarsi un mm. dovessero cadergli a terra la cresta e i bargigli con tutta la ruota.
Per mio conto è giusto spostarsi. E’ sintomo di civiltà. Piccolo, ma pur sempre un sintomo. Non vi saprei dire il motivo, ma mi pare invece che prevalga la convinzione secondo la quale se righi dritto ed imperterrito per la tua traiettoria, sei un vincente, sei un grande, sei uno sicuro di sé, sei l’uomo che non deve chiedere mai.
Questo volatile scritto mica vuol essere la dichiarazione di guerra dei bifolchi ai cittadini (non so se si è notato il tono faceto...). Ad onor del vero va dunque detto che per un novanta per cento dei casi si tratterà forse di pura distrazione e svagatezza. Quel che mi sembra di poter ipotizzare però, è che si tratti di un malvezzo tutto italico, un po’ come la sana abitudine “tricolore” di non saper rispettare le code.
Una piccola “prova del nove” l’ho avuta pochi giorni fa. Camminavo lungo una strada non molto larga, quando mi si profila all’orizzonte un piccolo drappello di persone. Arrivo a pochi metri da loro e mi appresto come al solito a grattugiarmi rassegnato la schiena contro il muro di una casa, quando, con somma sorpresa, vedo la comitiva aprirsi come le acque del Mar Rosso, alcuni scendendo dal marciapiedi, altri fermandosi ossequiosamente. Erano stati in silenzio fino a quel momento, ma non faccio in tempo a passare oltre che subito sento svanire nell’aria inequivocabili sonorità verbali del tipo: “…Ein, zwei, drei…kartoffeln uber alles, zimmer frei mit Zigfrid, Tristan und Isolde weltanschauung…”.
Brooklyn Dodgers era il nome di una gloriosa squadra di baseball anni ’50 della Grande Mela (poi trasferita ad LA per casini economici). Dodger significa appunto “schivatore”, colui che zig-zaga fra gli ostacoli urbani, nella fattispecie in mezzo al traffico.
Alla fine insomma è così che, ben insicuro di me stesso, rendendo tributo a questa luminosa tradizione sportiva, mi trasformo in un “citizen dodger”, ritrovandomi a schivare cittadini, a passeggio per le strade cittadine.
Mi devono aver fregato le ampie distese agresti fra le quali la mia labile mente è usa spaziare da anni. Sarà anche per via del mio assetto prossemico, formatosi talmente ai margini del consorzio umano, da risultare tarato su distanze fra un individuo e l’altro misurabili con tolleranza minima del metro e mezzo.
Fatto sta che quando cammino per le strade di città, mi sembra sempre di affrontare una folla di “Ludovichi” aspiranti “Fra’ Cristofori”.
Avete presente il famoso brano dei Promessi sposi?
Ludovico, orfano di un facoltoso mercante, si rode il fegato perché tutta la sua ricchezza non può “comprargli” lo stato sociale nobiliare. Un bel giorno, camminando su un marciapiede o una stradina che dir si voglia, incrocia proprio un nobilotto spocchioso: nessuno dei due vuole abbassarsi a cedere il passo. Ne scaturisce una baruffa durante la quale perde la vita il servitore di Ludovico, Cristoforo. Quell’episodio indurrà Ludovico a ritirarsi in convento, vestendo la tonaca proprio con il nome di Frate Cristoforo, per ricordarsi ogni giorno della sua passata ed insensata alterigia, costata una vita umana.
Ecco perché dico di essere un campagnolo perso. Credo infatti di essere il solo a notarlo, ma sui marciapiedi e ad ogni angolo della città, incrocio sempre gente che non vuole cedere il passo. Non che io abbia pretese particolari di ottenere il privilegio pedonale.
Tutt’altro: sono anzi dell’idea che quando due persone si trovano a dover condividere un passaggio piuttosto limitato, ciascuna dovrebbe fare il gesto di scostarsi leggermente, lasciando libero almeno una metà del cammino a chi sopraggiunge. Invece no, mi si parano innanzi spesso e volentieri dei tacchinacci impettiti che vanno come locomotive sui binari. Nemmeno che a spostarsi un mm. dovessero cadergli a terra la cresta e i bargigli con tutta la ruota.
Per mio conto è giusto spostarsi. E’ sintomo di civiltà. Piccolo, ma pur sempre un sintomo. Non vi saprei dire il motivo, ma mi pare invece che prevalga la convinzione secondo la quale se righi dritto ed imperterrito per la tua traiettoria, sei un vincente, sei un grande, sei uno sicuro di sé, sei l’uomo che non deve chiedere mai.
Questo volatile scritto mica vuol essere la dichiarazione di guerra dei bifolchi ai cittadini (non so se si è notato il tono faceto...). Ad onor del vero va dunque detto che per un novanta per cento dei casi si tratterà forse di pura distrazione e svagatezza. Quel che mi sembra di poter ipotizzare però, è che si tratti di un malvezzo tutto italico, un po’ come la sana abitudine “tricolore” di non saper rispettare le code.
Una piccola “prova del nove” l’ho avuta pochi giorni fa. Camminavo lungo una strada non molto larga, quando mi si profila all’orizzonte un piccolo drappello di persone. Arrivo a pochi metri da loro e mi appresto come al solito a grattugiarmi rassegnato la schiena contro il muro di una casa, quando, con somma sorpresa, vedo la comitiva aprirsi come le acque del Mar Rosso, alcuni scendendo dal marciapiedi, altri fermandosi ossequiosamente. Erano stati in silenzio fino a quel momento, ma non faccio in tempo a passare oltre che subito sento svanire nell’aria inequivocabili sonorità verbali del tipo: “…Ein, zwei, drei…kartoffeln uber alles, zimmer frei mit Zigfrid, Tristan und Isolde weltanschauung…”.
Brooklyn Dodgers era il nome di una gloriosa squadra di baseball anni ’50 della Grande Mela (poi trasferita ad LA per casini economici). Dodger significa appunto “schivatore”, colui che zig-zaga fra gli ostacoli urbani, nella fattispecie in mezzo al traffico.
Alla fine insomma è così che, ben insicuro di me stesso, rendendo tributo a questa luminosa tradizione sportiva, mi trasformo in un “citizen dodger”, ritrovandomi a schivare cittadini, a passeggio per le strade cittadine.
7 commenti:
Eh, l'ho notato anch'io ma per me non c'entra nulla la faccenda urbana o agreste, c'entra la decadenza dell'era berlusconiana.
anche quello è un fattore, dear Rose...senza dubbio!
be' pure a new york devi fare il dodger, per non dire a new delhi :-) insomma è che siamo tanti e i due terzi hanno la testa altrove e non dove mettono i piedi... ehm al momento molti hanno la testa a-come-arrivo-a-fine-mese... effetto berlusca? ;-)
@-> Farly: a volerci guardare dentro bene, vedi quanti risvolti saltano fuori da questo comportamento quotidiano all'apparenza banale? :-)
Sì, sì, la squadra dei Dodgers nacque infatti a New York...a new delhi non son stato, ma immagino benissimo :-)
Il grande danno causato dal berlusca è culturale ancor prima che politico: tutto fondato sull'apparenza, tutto ridotto a valore economico...un uno due che avrebbe messo KO anche la civiltà minoica :-)
non so se il danno è semplicemente a lui imputabile in quanto grande manipolatore, in tutti i rapporti si è almeno in due e le responsabilità sono condivise, se gli italiani continuano a volersi rapportare con l'orrido nano, vuol dire che ci trovano qualcosa, qualcosa di sé e della propria visione del mondo... sigh la solita storia: viene prima l'uovo o la gallina? :-)
...per rimanere in tema avicolo, e a voler fare una battuta, vien da dire che questa volta l'annoso dilemma trova un suo uovo di Colombo clamoroso: in questo caso vengono per primi i polli :-)
...a voler essere seri (ma senza esagerare :-), credo che il modello americano (con tutti i suoi pregi e difetti) stia alla base di tutto ciò: berlusca è un amplificatore da operetta del modello americano: ne ha preso tutti gli aspetti più deteriori e li ha peggiorati ben bene da par suo :-)
Ah, dimenticavo...c'è da aggiungere che il modello americano trapiantato in una realtà priva del fondamento di pensiero protestante (vedi "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo", Max Weber - 1905) ha buone probabilità di andare in vacca :-)
Figurati se viene trapiantato in una realtà fondata sull'etica della tangente e del "lei non sa chi sono io!" :-)
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