“…And so this is Christmas…”, diceva un tale che ne sapeva molto, ma molto più di me.
Che a me mi risulta (…a me mi…) che quando uno c’ha il genio dentro (…c’ha…), mica ci riesce a non essere geniale.
In cinque paroluzze ci mette dentro, se non tutto, perlomeno un sacco ma proprio un sacco di robe. Poi viene il resto della canzone, “…and what have you done…” e così via. Ma già la prima frasetta è densissima.
“…E così è Natale” sta un po’ per “…va beh, anche stavolta è arrivato…”.
Mi sembra che la frase si intoni bene ad un atteggiamento mentale e ad uno stato d’animo giusti per affrontare il Natale “onestamente”.
Da una parte, non si può dire che il Natale sia quella gran cosa. Per dirla con una preziosa espressione di Milan Kundera (Vedi “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, pag. 254), lasciamo questa illusione a coloro che si calano in un “accordo categorico con l’essere”.
Per semplificare il concetto, si tratta di quegli individui che vedono sempre ottusamente, ostinatamente, incrollabilmente, “inopinat-martellata-sul-diton-atamente” tutto rosa. Sono quelle persone che non hanno un briciolo di senso dell’umorismo, né uno straccio di auto-ironia. Sono quelli che non capiscono quanto la vita sia una tragi-giocosa accozzaglia di paradossi, una faccenda che se l’avessero data in mano a Mel Brooks da sceneggiare, non ne sarebbe uscito un guazzabuglio di tale ingegno comico.
Ecco allora che “…And so this is Christmas…” vuol dire anche “…va beh, Natale è arrivato, ma non è così grave…”. In questa ottica, si riesce persino a sopravvivere al turbinio “marroni-fugo” (sottoclasse della forza di gravità che si attiva per eccesso di peso specifico assunto dai coglioni, fino a grave rischio di inciampare nei medesimi camminando) di auguri che ci investe in questi giorni.
Ci si salva dagli auguri se si tiene ben fisso in mente il pensiero che in fondo in fondo non sono una cosa seria. E io personalmente mi salvo un po’ di più se ad ogni augurio ricevuto faccio riecheggiare dentro di me, come sottofondo ironico, la leggendaria frase di un vecchio personaggio del mio paese (purtroppo ormai morto da alcuni anni), la più sarcastica e caustica sagoma d’uomo che proprio nel periodo del Natale, e precisamente a proposito del “tema auguri”, era solito chiosare così: “…Seeehhh...i’t fàn i auguri d’ad ché, i auguri d’ad là, ma i’n vàdan l’ùra ca’t mör…” (“…Sìììì...ti fanno auguri di qua, auguri di là, ma non vedono l’ora che crepi…”).
Voglio dire, insomma: gli auguri, ma in generale tutto il Natale, il suo clima e ciò che ne consegue, si riesce a viverli più seriamente solo se ci si leva idealmente fuori dall’ottusità buonista, dall’entusiasmo “fasullistico”, dall’adesione ferrea ed incondizionata alle magnifiche sorti e progressive dell’ottimismo più “bambagesco”, lasciando invece che l’ironia, il disincanto e la leggerezza del vivere facciano il proprio dovere.
Detto questo, col cuore colmo di incoerenza logica e cristallina, porgo i più ironici auguri di buon Natale ai miei tre carissimi lettori. Grazie per la pazienza che dimostrate venendo a farmi visita di tanto in tanto: qui siete sempre i benvenuti.
Che a me mi risulta (…a me mi…) che quando uno c’ha il genio dentro (…c’ha…), mica ci riesce a non essere geniale.
In cinque paroluzze ci mette dentro, se non tutto, perlomeno un sacco ma proprio un sacco di robe. Poi viene il resto della canzone, “…and what have you done…” e così via. Ma già la prima frasetta è densissima.
“…E così è Natale” sta un po’ per “…va beh, anche stavolta è arrivato…”.
Mi sembra che la frase si intoni bene ad un atteggiamento mentale e ad uno stato d’animo giusti per affrontare il Natale “onestamente”.
Da una parte, non si può dire che il Natale sia quella gran cosa. Per dirla con una preziosa espressione di Milan Kundera (Vedi “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, pag. 254), lasciamo questa illusione a coloro che si calano in un “accordo categorico con l’essere”.
Per semplificare il concetto, si tratta di quegli individui che vedono sempre ottusamente, ostinatamente, incrollabilmente, “inopinat-martellata-sul-diton-atamente” tutto rosa. Sono quelle persone che non hanno un briciolo di senso dell’umorismo, né uno straccio di auto-ironia. Sono quelli che non capiscono quanto la vita sia una tragi-giocosa accozzaglia di paradossi, una faccenda che se l’avessero data in mano a Mel Brooks da sceneggiare, non ne sarebbe uscito un guazzabuglio di tale ingegno comico.
Ecco allora che “…And so this is Christmas…” vuol dire anche “…va beh, Natale è arrivato, ma non è così grave…”. In questa ottica, si riesce persino a sopravvivere al turbinio “marroni-fugo” (sottoclasse della forza di gravità che si attiva per eccesso di peso specifico assunto dai coglioni, fino a grave rischio di inciampare nei medesimi camminando) di auguri che ci investe in questi giorni.
Ci si salva dagli auguri se si tiene ben fisso in mente il pensiero che in fondo in fondo non sono una cosa seria. E io personalmente mi salvo un po’ di più se ad ogni augurio ricevuto faccio riecheggiare dentro di me, come sottofondo ironico, la leggendaria frase di un vecchio personaggio del mio paese (purtroppo ormai morto da alcuni anni), la più sarcastica e caustica sagoma d’uomo che proprio nel periodo del Natale, e precisamente a proposito del “tema auguri”, era solito chiosare così: “…Seeehhh...i’t fàn i auguri d’ad ché, i auguri d’ad là, ma i’n vàdan l’ùra ca’t mör…” (“…Sìììì...ti fanno auguri di qua, auguri di là, ma non vedono l’ora che crepi…”).
Voglio dire, insomma: gli auguri, ma in generale tutto il Natale, il suo clima e ciò che ne consegue, si riesce a viverli più seriamente solo se ci si leva idealmente fuori dall’ottusità buonista, dall’entusiasmo “fasullistico”, dall’adesione ferrea ed incondizionata alle magnifiche sorti e progressive dell’ottimismo più “bambagesco”, lasciando invece che l’ironia, il disincanto e la leggerezza del vivere facciano il proprio dovere.
Detto questo, col cuore colmo di incoerenza logica e cristallina, porgo i più ironici auguri di buon Natale ai miei tre carissimi lettori. Grazie per la pazienza che dimostrate venendo a farmi visita di tanto in tanto: qui siete sempre i benvenuti.
2 commenti:
caro gilli, ma qualche bel post in dialetto con traduzione a fronte no?
come puoi immaginare sul leggero cazzeggio mi ci trovi immediatamente. Buona festa d'inverno dalla farlocca allevata nel materialismo storico :-)
ehehheheheh :-) buona festa d'inverno anche a te, Farly...mi hai dato uno spunto carino...un possibile scrittino in dialetto..forte! Vediamo se mi viene l'ispirazione...magari, chissà, verso brumaio o fiorile :-) ciao, buone feste e a ribloggarci presto :-)
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