venerdì 27 marzo 2009

Chiacchiere controcorrente


In certi frangenti, è possibile raggiungere un livello qualitativo della chiacchiera che procura una goduria suprema al mondo. Anche un orso come me, permanentemente stazionario sul limitar del consorzio umano, ha capito questa cosa.
Ma non solo.
La prova del nove della bellezza e della completezza di un’amicizia con certe persone, ci deriva proprio dalla qualità delle chiacchiere che si possono imbastire insieme a loro.
Ma non solo ancora.
A sua volta, la prova del nove della bellezza e della completezza di una “sessione” di chiacchiere, ci deriva dalla “reversibilità” applicabile a quel malloppo di parole fatte in compagnia.
Niente panico, l’I.N.P.S. non c’entra nulla.
Parlo di un gioco che non so se vi siete mai divertiti a fare. Ora che ci penso, anche io l’ho fatto poche volte. Perché è una cosa che deve nascere spontanea, senza pensarci su troppo e senza che nessuno di preciso la proponga.
Ma quelle poche volte che mi è successa, non è stato male.
Funziona così: serata con gli amici, birrette o vinelli diffusi (ovvio), ma gli amici devono essere d’infanzia o almeno di vecchia data, oppure di una data sufficiente per aver creato insieme un gergo condiviso. Per intenderci: amici coi quali hai una familiarità semantica tale che ti basta dire “bai” e ci si è già capiti al volo.
Quando ci si accorge che tante chiacchiere sono ormai andate in circolo con una loro sequela sconclusionata, si prova ad andare a ritroso seguendo il filo (spesso illogico) lungo il quale certi argomenti sono saltati fuori e si sono collegati fra loro.

Una delle più belle risalite fra le rapide chiacchieratorie che io ricordi, mi capitò 21 anni fa a Parigi.
“…Minchia!!!...” francesisticherà con eufemistico stupore il mio sbigottito lettore.
Lo so, è leggermente folle: non solo non saprei dire cos’ho mangiato ieri sera a cena, ma per di più mi muovo di casa ogni glaciazione e mezza, e salta fuori che mi ricordo di una vaccata del genere successa nei pressi della piramide del Louvre, col solo difetto che all’epoca non l’avevano ancora tirata su.
Va beh, ma questi sono dettagli. E poi non è che mi ricordo proprio ben bene tutto.
Ero insomma in vacanza nella capitale gallica con questo gruppo di amici.
Alloggiavamo in una sorta di piccolo quartiere studentesco che a distanza di oltre 4 lustri non ho ancora capito bene cosa fosse. Di giorno scarpinavamo come ossessi per monumenti e siti notevoli, sotto terra metà del tempo come talpe metropolitane. Dopo il tramonto, ci stravaccavamo sull’immenso prato sotto casa, con un boccione di vino nel mezzo, a sparare discorsi senza pretese.
Quella sera il ragionamento, dopo un bel po’ di indomite sterzate fra i meandri più strani della conversazione, era andato a parare sui personaggi pittoreschi del nostro paese.
Ad un certo punto, uno di noi disse: com’è che siamo arrivati a parlare di questo? E da lì rifacemmo tutto il percorso della nostra chiacchierata a ritroso. Come dicevo, purtroppo non ricordo bene tutti i passaggi, ma solo un paio.
Fra i personaggi del nostro paese ultimi citati, vi era anche una cara figura che sedeva fra i banchi del consiglio comunale. Era uno di quei “politici locali” così candidi anche dopo essere stati eletti. Nella fattispecie questa persona era stata tirata in ballo per il fatto che una volta, durante una seduta del consiglio molto intensa, era talmente preso dalla discussione in corso e soprappensiero, che grattandosi la testa con la mano che reggeva la penna, si era fatto un bel ghirigoro d’inchiostro sulla sua perfetta pelata.
Qui la memoria mi tradisce e mi mancano tantissimi passaggi di quella chiacchiera controcorrente.
Ma ricordo che ricostruimmo di essere giunti a questo episodio grazie al fatto che questo politico di casa nostra fosse un Socialista. E il discorso sui socialisti era venuto fuori a sua volta dall’aver io fatto cenno ad un buffo episodio capitatomi giusto quella mattina.
Mi ero recato alla “ritirata”, non senza essermi prima munito dell’irrinunciabile materiale da lettura per accompagnare l’atto (com’è mia abitudine da tempo immemore).
Dopo aver letto ed espletato (o meglio: letto espletando), avevo constatato, con grande senso di smarrimento, la momentanea non dotazione nel luogo preposto del necessario materiale cartaceo non scritto, ma altrettanto utile in quei frangenti.
Lo smarrimento tuttavia durò solo un attimo.
Attraverso un risolutivo sillogismo potei infatti giungere alla conclusione che, reggendo io in mano un foglio del Corriere della Sera, la carta scritta poteva “vicariare” benissimo le funzioni della carta non scritta.
E fu così che l’interessantissimo articolo che avevo appena letto (sulle vicissitudini del Partito Socialista all’epoca), si prestò egregiamente alla duplice funzione.
Così, alla fine di quella appassionante risalita della corrente del discorso, giunti ormai un po’ brilli alla foce scatenante di tutto il nostro parlare, io e miei amici ci divertimmo a constatare che quella chiacchierata, un po’ come questo scritto che vi ho propinato stasera, era stata proprio una gran chiacchierata di m….

2 commenti:

farlocca farlocchissima ha detto...

muffs dice l'amico qui :) ecco non so il tema della chiacchiera di quel tipo mi attrae, l'hai anche ben raccontato, ecco il tema cesso invece non mi appassiona :-D buon we

Gillipixel ha detto...

ahahahha :-D ma è venuto fuori solo per dovere di cronaca, Farly :-D
non potevo sottrarmi al dovere :-D
buon we anche a te :-)