lunedì 1 giugno 2009

La Spargnaclata

Ad un campagnolo di recente generazione come me, capita di essere affetto da imperizia botanica di ritorno, nonchè di manifestare "ignurantia ruralis" diffusa.
Come ho già avuto modo di dire altre volte infatti, non conosco molto i nomi delle piante, dei fiori e delle varie espressioni vegetali del campagnolame disperso che mi circonda.
E' un fatto del quale andare poco fieri, se non fosse che mi sono accorto di un piccolo lato positivo della cosa.
Tale insipienza naturalistica mi consente di mantenere una bella riserva di stupore capace di esprimersi in periodiche, piacevoli sorprese.
Stamattina lavoricchiavo in giardino ed ho avuto modo di osservare con più attenzione del solito una pianta che è lì da parecchio tempo ormai. Con queste mini-epifanie vegetali capita proprio così: hai sotto il naso per anni l'elemento del tuo stupore, ma l'incontro fra esso e la tua attenzione avviene a sorpresa, quando meno te lo aspetti e meno ci pensi su.
Guarda caso la pianticella suddetta sfoggia proprio in questi giorni il suo spettacolo di fioritura. Ora, è vero che io sono miope, ma non completamte attalpato. Voglio dire, me n'ero già accorto anche prima di quei fiori di un rosso intenso, ma è stato solo portandomi più vicino ai rami che ho potuto cogliere un piccolo dettaglio fascinoso.
Le diverse fasi della fioritura erano tutte presenti all'unisono sulla pianta. Era come se quell'amica fronzuta avesse voluto prodursi in una lezione di botanica appositamente impartita per campagnoli ritardati come me, tenendo lunghi i tempi della sua manifestazione sbocciatoria. Un corso di recupero "ex-cathedra vegetalis" per asini naturalistici, fornito presentando in una panoramica riassuntiva tutti i passaggi del suo infioramento.
A questo punto potrebbe magari saltare fuori il nipotino di Linneo di turno a dileggiarmi come un vecchio bacucco ("...buuuhhh, sémoooo!!!..."), sostenendo che questo fatto è arcinoto e succede con tante altre piante. E va beh, che sia così o cosà, io non lo sapevo. Magari lo potevo immaginare, ma non ci avevo mai fatto caso in modo così preciso. Sono un campagnolo sgangherato e distratto, l'ho già ribadito.

Il dettaglio che più mi ha smosso la fantasia è che mi è parso di individuare quattro fasi principali. Tutte pregne di un'aura sensuale molto intensa, quasi un erotismo vegetale, oserei dire. D'altra parte, non a caso, fiori, petali, stami, sepali, pollini e pistillame vario sono esattamente il repertorio sexy del mondo della flora.


Il primo passaggio è tutto riassunto in un piccolo bozzolo di marzapane ceramico. Si sente sotto la forza vitale che spinge. La lucidità della superficie aggiunge un tocco di eleganza preziosa, che illumina il bocciolo come una parte nobile rispetto al resto della vegetazione circostante. La superficie liscia e scivolosa dona un ulteriore indizio di fisicità potenziale.


Qui tutte le promesse del precedente momento esplodono nel loro vigore. L'imminenza del fiore rimane sospesa nell'ambigua incertezza che sottilmente separa il senso di un suo spontaneo aprirsi da quello dell'essere violato. La pianta fa l'amore con l'aria.


Questa è pura danza liberata dall'ampia gonna di un'elegantissima tanguera che fruscia fra i rami i suoi passi seducenti. C'è anche qualcosa della sensuosa malia del foulard estratto a sorpresa dal cappello del prestigiatore. Il residuo di bocciolo che fa capolino in basso è al tempo stesso i fianchi voluttuosi della ballerina di Tango e il cilindro del mago.


Ora il fiore ha raggiunto l'eleganza della nobildonna di grandissima classe. Nessuno sforzo per piacere è più richiesto. Il tributo alla sua bellezza è semplicemente dovuto per naturalità di cose. La sua forza estetica s'impone con ineluttabilità, esige l'accordo ammirato che non si può non concedere a ciascuno degli altri fenomeni compiuti della natura.

Come dicevo, non conosco di preciso il nome di questa pianta. Mi pare che sia della famiglia dei melograni. Ma mi parrebbe piuttosto goffo a questo punto cercare di documentarmi con precisione in merito. Nello spirito genuino del campagnolo mediamente ignaro, mi sembra molto più onesto creare un nome apposito per l'occasione.
C'è un buffo verbo nel mio dialetto, che come molti verbi dialettali è usato per uno spettro fenomenologico assai ristretto e specifico: spargnaclare.
Una prugna matura che cade a terra, si spargnacla.
Un malloppo di cigliegioni rubati e messi di fretta nella maglietta rimborsata a mo' di sacchetto di fortuna, si spagnaclano se sei costretto a scappare via di corsa quando di colpo il contadino salta fuori e ti corre dietro con la doppietta caricata a sale grosso.
Spargnaclare in italiano sarebbe una sorta di spiaccicare, ma in dialetto implica un maggior sfregamento, un attrito più denso fra gli elementi in gioco.
Ecco perchè, per rendere conto della natura voluttuosa e sensuale di questa pianta, con particolare riguardo al passaggio in cui il suo bocciolo di marzapane si spargnacla per aprirsi in un bellissimo fiore, mi piace chiamarla la Spargnaclata.

E così sia.


4 commenti:

farlocca farlocchissima ha detto...

la spargnaclata a me evoca più una ballerina di flamenco che di tango, con una vaporosa gonna rossa agitata nella danza. E' bella questa pianta molto. Se scopro come si chiama ufficialmente però non so se te lo dico... è bello il nome che le hai dato. anicspe dice l'oracolo e ha sempre ragione

Gillipixel ha detto...

acc...hai ragione Farly... :-)
il flamenco era molto più indicato come paragone...niente, ormai lascio così, anche a futura testimonianza della mia insipienza metaforica :-)

Rosa ha detto...

mi è piaciuto molto

Gillipixel ha detto...

grazie Rose...è sempre bello riuscire a cogliere il tuo stupore con qualcosa di scritto :-) un onore e un privilegio per me :-)