lunedì 16 marzo 2015

Se la vita ha un senso fra le righe…

Ieri le amiche nutrie a modo loro hanno reso omaggio ai libri e alla lettura. Da tempo mi interrogo sul senso profondo di questi nobili oggetti e sulle implicazioni ancor più dense derivate dalla rarefatta attività ad essi conseguente. Perché leggiamo e cosa ci aspettiamo ogni volta che ci mettiamo alla ricerca di un libro?

Questi due interrogativi all’apparenza semplici aprono dei mondi di risposte. Le spiegazioni potrebbero essere molteplici, ma ho provato a pensare che cosa risponderei se mi fosse chiesto di dire la motivazione più essenziale e sintetica possibile. 

Con ogni probabilità, tutto parte a sua volta da una domanda che viene ancora prima. Tutti, più o meno precocemente, ad un certo punto dei nostri anni, iniziamo a porci la questione delle questioni: cosa ci stiamo a fare “qui e ora”? Qual è il nostro posto nel mondo? Il che riguarda in qualche modo il tentativo di dare un senso alla vita, ma è anche qualcosa di più e di diverso.

Immaginare di trovare il senso della vita, suggerisce infatti l’idea di una ricerca che giunge a scovare un oggetto finale, stabile, definito, dai contorni fissi e ben delineati. La domanda sul “qui e ora” si aspetta invece una risposta dinamica.

Cercando un senso alla vita, allora, ci si pone come obiettivo la felicità. Cercando un senso al “qui ed ora”, si circoscrive invece il raggio d’azione ad un tentativo di “stare un po’ meglio”. 

La felicità, così, ad occhio e croce, certe volte “puzza troppo di definitivo”, mentre preoccuparsi di volta in volta di sentirsi bene “qui ed ora”, anche se sembra strano a dirsi, ci pone in un’ottica che sta molto più dalla parte dell’infinito, per il senso connesso di progressività e di conquista graduale.

Ecco perché leggiamo, dunque: per l’amore che si porta ad una certa idea di poter stare meglio, in un senso crescente, itinerante, vagabondeggiante. Perché la felicità non sopporta di essere raggiunta. E questo nei libri sta scritto sempre…


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