(Fotomontaggio di Gillipixel)
Mi ero ripromesso di dedicare uno scritto ai LEGO, grande gioco-culto che ha punteggiato tanti momenti di "estetica profonda" nella mia infanzia, ma poi ci ho meditato su un po'. Temevo di andare a dire cose troppo personali e riferite a mie particolari sensazioni così autoriferite da risultare pressochè incomprensibili. Poi mi sono detto: ma questo lo faccio ogni volta che scrivo qui su, tratto sempre temi ultra-marginali. E allora mi sono convinto a proseguire nell'intento.
I LEGO per me non sono stati solo un semplice gioco. Sono stati un pecorso di "autoeducazione" e di introduzione a tante dimensioni che poi da adulto avrei ritrovato sviluppate con più ampia portata.
"Autoeducazione" nel senso che attraverso il gioco dei LEGO sentivo facilitata in me l'apertura di certi orizzonti già presenti nella mia piccola personalità in itinere.
L'amore per la "spazialità", ad esempio. Un primo rudimento di consapevolezza circa il fatto che nel mondo ci si muove attraverso rapporti di forza volumetrico-spaziali, sia fisici che mentali (confondibili, scambiabili e mescolabili spesso e volentieri fra di loro), mi è venuto dai LEGO.
Ma vorrei spiegarmi meglio: non è che prima non la sapessi, questa cosa. Anche io, come tutti i poppanti, ho debitamente sbattuto la testa contro gli spigoli mentre imparavo a camminare e sono pure caduto dal seggiolone, nella migliore delle tradizioni infantili. Non è dunque che non sapessi cosa fossero lo spazio e le sue concretezze varie.
Con i LEGO tuttavia ho imparato ad apprezzarne il fascino e soprattutto il fatto che fra spazialità propriamente detta, fisica vera e propria, e spazialità immaginata, fantasticata, sognata, è possibile instaurare una continuità magica. La mente parla un alfabeto spaziale ed i LEGO mi hanno aiutato molto ad entrare nel senso di questo ABC.
Mi hanno aiutato anche parecchio ad intraprendere le due strade, consonanti fra di loro, dell'astrazione e dell'auto-astrazione.
Astrazione, perchè una piccola stanzetta di 10 cm. per 15, delimitata da quattro muri di mattoncini LEGO, con qualche altro piccolo ammennicolo ulteriore a simulare tettoie e balconi, nella mia mente diventavano di volta in volta la più lussuosa delle case, o un castello inespugnabile, o un garage per automobiline. L'importante era "lavorare" solo coi mattoncini "puri". Di svariate lunghezze, ma nudi e crudi.
Considero infatti un po' una degnerazione successiva l'aver introdotto pezzi sempre più specializzati, con sagome prestabilite, molto attraenti, senza dubbio, ma al tempo stesso parecchio limitative per la fantasia del bambino, inevitabilmente incanalata su binari immaginativi prestabiliti.
Auto-astrazione perchè nel gioco dei LEGO (come in nessun altro) riuscivo ad immergermi in misura totalizzante, tanto da non percepire più lo spazio nè il tempo intorno. Esercizio questo che mi pare di poter dire esser stato un'ottima introduzione all'amore per la lettura e, ahimè, anche ad una certa mia attitudine all'orsezza (da "orso") caratteriale.
Niente. Questo è quanto per ora mi sentivo di dire sui LEGO. Ma non è detto che non ritorni ancora sull'argomento.
I LEGO per me non sono stati solo un semplice gioco. Sono stati un pecorso di "autoeducazione" e di introduzione a tante dimensioni che poi da adulto avrei ritrovato sviluppate con più ampia portata.
"Autoeducazione" nel senso che attraverso il gioco dei LEGO sentivo facilitata in me l'apertura di certi orizzonti già presenti nella mia piccola personalità in itinere.
L'amore per la "spazialità", ad esempio. Un primo rudimento di consapevolezza circa il fatto che nel mondo ci si muove attraverso rapporti di forza volumetrico-spaziali, sia fisici che mentali (confondibili, scambiabili e mescolabili spesso e volentieri fra di loro), mi è venuto dai LEGO.
Ma vorrei spiegarmi meglio: non è che prima non la sapessi, questa cosa. Anche io, come tutti i poppanti, ho debitamente sbattuto la testa contro gli spigoli mentre imparavo a camminare e sono pure caduto dal seggiolone, nella migliore delle tradizioni infantili. Non è dunque che non sapessi cosa fossero lo spazio e le sue concretezze varie.
Con i LEGO tuttavia ho imparato ad apprezzarne il fascino e soprattutto il fatto che fra spazialità propriamente detta, fisica vera e propria, e spazialità immaginata, fantasticata, sognata, è possibile instaurare una continuità magica. La mente parla un alfabeto spaziale ed i LEGO mi hanno aiutato molto ad entrare nel senso di questo ABC.
Mi hanno aiutato anche parecchio ad intraprendere le due strade, consonanti fra di loro, dell'astrazione e dell'auto-astrazione.
Astrazione, perchè una piccola stanzetta di 10 cm. per 15, delimitata da quattro muri di mattoncini LEGO, con qualche altro piccolo ammennicolo ulteriore a simulare tettoie e balconi, nella mia mente diventavano di volta in volta la più lussuosa delle case, o un castello inespugnabile, o un garage per automobiline. L'importante era "lavorare" solo coi mattoncini "puri". Di svariate lunghezze, ma nudi e crudi.
Considero infatti un po' una degnerazione successiva l'aver introdotto pezzi sempre più specializzati, con sagome prestabilite, molto attraenti, senza dubbio, ma al tempo stesso parecchio limitative per la fantasia del bambino, inevitabilmente incanalata su binari immaginativi prestabiliti.
Auto-astrazione perchè nel gioco dei LEGO (come in nessun altro) riuscivo ad immergermi in misura totalizzante, tanto da non percepire più lo spazio nè il tempo intorno. Esercizio questo che mi pare di poter dire esser stato un'ottima introduzione all'amore per la lettura e, ahimè, anche ad una certa mia attitudine all'orsezza (da "orso") caratteriale.
Niente. Questo è quanto per ora mi sentivo di dire sui LEGO. Ma non è detto che non ritorni ancora sull'argomento.
7 commenti:
la caduta dal seggiolone spiega un sacco di cose ;-) così come il mio non giocar con i lego ma piuttosto fare casetta e castelli direttamente con i mobili di casa... abitudine che a mamma non piaceva affatto ...(plapscal dice blogspot, nuovo gioco di costruzioni a metà strada tra lego e scarabeo)
ehehehhehe..vero, vero, Farly, e tieni conto che era un seggiolone anche bello alto :-)...bello il plapscal, che dici, ci facciamo una partitina? :-) ...quando ti rispondo qui, forse essendo io il padroncino di casa, non mi dà paroline, così a volte ne pesco una da te...stavolta mi sono accorto del fatto che con blogspot ci si deve tener pronti anche a evenienze un po', come dire, schifosine...senti un po' stavolta cosa mi ha proposto, infatti: "likverm"...bleaaahhhh :-)
puah! a me invece propone cose poetiche "miounce" quasi un miagolio :-)
ehehhee, sì, sì, Farly...per fortuna il rischio di incappare in paroloidi schifosi è basso :-)
io adesso ad esempio ho pescato "dunte", notissimo e sommo bardo islandese autore del poema nazionale
la "gransion" :-)))
I lego sono una palestra formidabile per la mente e la manualità! Chissà quante cose oggi sappiamo fare (o fare meglio) perchè abbiamo giocato coi lego. A me piacevano molto i pezzi a forma di tegola e alcuni pezzetti "da uno" rotondi semitrasparenti, che nascevano come fari per le auto ma che io usavo un po' dappertutto. Per il resto anch'io sono del partito "meglio puri che troppo specializzati", con tutto che ho sempre avuto una passione per gli oggetti in miniatura (es: adoro osservare i presepi - quelli fatti bene, o le case per le bambole vecchio stile - quelle della Barbie non mi hanno mai convinto per via di tutto quell'irrealistico rosa :))
Un conto sono le miniature, un conto sono i Lego: viaggiano su due binari separati e stimolano funzioni totalmente diverse. Pensa che nella mia tesi di laurea ho citato proprio i Lego (non stupirti, era incentrata sul tema del gioco ;) e ricordo di aver citato anch'io questo fatto che si andavano sempre più specializzando o legandosi al personaggio di turno come un qualunque merchandising, perdendo così la loro funzione originale di strumento per una totale libertà creativa. Meno male che i mattoncini base non sono scomparsi del tutto!
@->Kika: grazie per esser venuta a visitare questo mio antico scrittino, Kika :-) i LEGO sono un lontano amore...credo di dover molto a questo gioco, è stato un allenamento per la fantasia e anche, tra le altre cose, mi ha insegnato a saper apprezzare i momenti da solo :-) se ti dico che anche la mia tesi aveva a che fare coi giochi dei bimbi, son sicuro che non mi crederai :-)
Bacini a mattoncini :-)
Davvero??! Ma che combinazione!
Era destino che diventassimo "colleghi" allora ;)
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