Non sono mai stato un gran viaggiatore. Certo che, chi avesse seguito con un po’ di continuità il mio bloghetto, a questo punto si sentirà in diritto di pensare: “…Ammazzalo!...è asociale, è timido, è pigro…e adesso salta pure fuori che non viaggia neanche…ah beh…proprio un uomo da sposare!...”.
Ma lasciamo perdere, questi son dettagli.
Volevo parlare invece di quelle volte che sono stato a Roma e di quell’unica che sono stato a Parigi. Quella fu un sacco di tempo fa. D’accordo, la Bastiglia l’avevano già presa. Ma per dire, anche se la piramide del Louvre sarebbe sorta di lì a breve, all’epoca era ancora nella fantasia di Ieoh Ming Pei. A Roma invece ci son stato un po’ di volte in più, anche non tantissimo tempo fa.
Ma credo che ai fini della mia riflessione non importi tanto questo.
Con Roma e con Parigi mi successe un fatto da rimanere leggermente sbalorditi (il bisticcio quantitativo fra avverbio ed aggettivo non è casuale: denota la familiarità e al tempo stesso lo smarrimento provati).
Già l’ho detto diverse volte: per mia indole ed esperienza di vita ammonticchiata lungo gli anni, mi ritrovo oggi con un animo più congeniale ad una dimensione di campagna. Forse dopo un adeguato periodo di rodaggio, riuscirei a vivere anche in una città, ma al momento la mia visione e la mia percezione di me calato nel mondo è questa, ruraleggiantemente agreste e bifolchevole.
Roma e Parigi però (ferme restando le loro diversità di altro tipo) mi fecero ricredere e vacillare fortemente circa questo punto. Potrei elencare decine di fattori a favore di questa impressione positiva: sono città ricche di storia complessa e ad ogni angolo ti imbatti in monumenti fenomenali che ti fanno alzare quattro dita di “goose skin” dall’emozione. Sanno offrire scorci incredibili, sono entrambe maestose, imponenti, fortemente ammalianti.
Tutti questi motivi di fascino sono noti ed assodati. Ma ce n’è uno in particolare, forse meno codificabile in termini definiti, che mi è sembrato di poter scorgere intenso a Roma e Parigi. Dalle pietre, dai mattoni degli edifici, dai ciotoli delle strade, dalle finestre, dai portoni, dalle aiuole dei parchi, dalle fontane, dai crocicchi di queste due città sembra levarsi continuo, incessante, sicuro, l'invito di una volontà sorniona di farsi amare profondamente dal passante.
A Roma e a Parigi, camminando per le vie, senti la Bellezza traspirare da ogni cosa che ti circonda, come una fertile ed asciutta rugiada culturale.
Per quanto consta alla mia limitata esperienza di viaggiatore, Parigi e Roma sono forse le due città nelle quali si percepisce meno marcata la moderna frattura fra spazi privati e dimensione pubblica (tema da me già trattato andando per pensieri qualche temo fa). Ad una via, ad una piazza, ad un viale di Parigi o di Roma ti senti quasi di portare il medesimo rispetto ed affetto che ti possono suscitare un angolo riservato del tuo salotto di casa, o il cantuccio preferito della tua camera da letto.
Certo, non sarà esattamente così, sono pur sempre metropoli di dimensioni enormi, con tutti i loro gravi problemi del caso.
Ma quei sentimenti di romanità e di pariginità così intensi e al tempo stesso così privati, che un modesto campagnolo ha provato zonzeggiando per le strade di quelle città stupende, non li saprei trasmettere meglio in altri termini.
Ma lasciamo perdere, questi son dettagli.
Volevo parlare invece di quelle volte che sono stato a Roma e di quell’unica che sono stato a Parigi. Quella fu un sacco di tempo fa. D’accordo, la Bastiglia l’avevano già presa. Ma per dire, anche se la piramide del Louvre sarebbe sorta di lì a breve, all’epoca era ancora nella fantasia di Ieoh Ming Pei. A Roma invece ci son stato un po’ di volte in più, anche non tantissimo tempo fa.
Ma credo che ai fini della mia riflessione non importi tanto questo.
Con Roma e con Parigi mi successe un fatto da rimanere leggermente sbalorditi (il bisticcio quantitativo fra avverbio ed aggettivo non è casuale: denota la familiarità e al tempo stesso lo smarrimento provati).
Già l’ho detto diverse volte: per mia indole ed esperienza di vita ammonticchiata lungo gli anni, mi ritrovo oggi con un animo più congeniale ad una dimensione di campagna. Forse dopo un adeguato periodo di rodaggio, riuscirei a vivere anche in una città, ma al momento la mia visione e la mia percezione di me calato nel mondo è questa, ruraleggiantemente agreste e bifolchevole.
Roma e Parigi però (ferme restando le loro diversità di altro tipo) mi fecero ricredere e vacillare fortemente circa questo punto. Potrei elencare decine di fattori a favore di questa impressione positiva: sono città ricche di storia complessa e ad ogni angolo ti imbatti in monumenti fenomenali che ti fanno alzare quattro dita di “goose skin” dall’emozione. Sanno offrire scorci incredibili, sono entrambe maestose, imponenti, fortemente ammalianti.
Tutti questi motivi di fascino sono noti ed assodati. Ma ce n’è uno in particolare, forse meno codificabile in termini definiti, che mi è sembrato di poter scorgere intenso a Roma e Parigi. Dalle pietre, dai mattoni degli edifici, dai ciotoli delle strade, dalle finestre, dai portoni, dalle aiuole dei parchi, dalle fontane, dai crocicchi di queste due città sembra levarsi continuo, incessante, sicuro, l'invito di una volontà sorniona di farsi amare profondamente dal passante.
A Roma e a Parigi, camminando per le vie, senti la Bellezza traspirare da ogni cosa che ti circonda, come una fertile ed asciutta rugiada culturale.
Per quanto consta alla mia limitata esperienza di viaggiatore, Parigi e Roma sono forse le due città nelle quali si percepisce meno marcata la moderna frattura fra spazi privati e dimensione pubblica (tema da me già trattato andando per pensieri qualche temo fa). Ad una via, ad una piazza, ad un viale di Parigi o di Roma ti senti quasi di portare il medesimo rispetto ed affetto che ti possono suscitare un angolo riservato del tuo salotto di casa, o il cantuccio preferito della tua camera da letto.
Certo, non sarà esattamente così, sono pur sempre metropoli di dimensioni enormi, con tutti i loro gravi problemi del caso.
Ma quei sentimenti di romanità e di pariginità così intensi e al tempo stesso così privati, che un modesto campagnolo ha provato zonzeggiando per le strade di quelle città stupende, non li saprei trasmettere meglio in altri termini.
3 commenti:
e come disse una mia cara amica, in un momento di immensa tragedia della sua vita, mentre passeggiavo per ilforo romano: "certo se adesso invece che a roma ero a pordenone, mi sarei suicidata..." :-) saluti expaimoc da una farlocca expaimocata
ehm passeggiavamo insieme non io da sola ... dita accartocciate sorry
ehehheehe :-) sì, sì...avevo capito Farly...è vero, Roma (e anche Parigi, nel suo modo però) hanno quell'aura vitalis energetica intensa...si diventa persone diverse quando sei in quelle città...è una magia, non si saprebbe dire altrimenti :-)
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