Sono pesantemente in ritardo sulla notizia, ma vorrei spezzare una bacchetta magica in favore del povero Silvan.
In un suo recente intervento a “Domenica in”, il vetusto mago che tanti ammorbò istanti di nostra frale “fanciullezza anni ‘70”, ha subito l’onta di essere bacchettato per una battuta tutto sommato veniale e cattiva come il morso di un neonato al suo peluche preferito.
La cosa mi ha messo parecchia malinconia per i suoi tratti di ingiusta e stonata nemesi storica, toccata ad un personaggio che ha fatto per decenni la sua onesta parte nel mondo dello spettacolo.
Per lui che si è sempre destreggiato così elegantemente con la bacchetta in mano, mi è sembrata davvero un’ironia della sorte di pessimo gusto ricevere proprio il suo ferro del mestiere, così all’improvviso e tutto d’un botto, sulle unghie
Fermo restando il fatto che come personaggio possa piacere o stare sui maroni (e personalmente, pur non optando propriamente per la seconda alternativa, non è che mi abbia mai esaltato più di tanto), sinceramente non lo meritava.
L’avrete vista tutti la scena.
Spero non direttamente dalla mozzarellifera “Domenica in”, ma magari nella riproposizione del sempre geniale Blob, oppure anche sul web. Mentre si accingeva ad eseguire uno dei suoi giochi di prestigio con la collaborazione della conduttrice Lorena Bianchetti, il buon vecchio Saghibù (con questo nome, dice Wikipedia, Aldo Savoldello, non ancora Silvan, esordì all’età di 7 anni nell’oratorio Don Bosco di Venezia: anche quando, vi pare un inizio di curriculum avvicinabile per “sana malvagità satirica” a quello di Vauro?!?!?), ha detto che la bacchetta che stava brandendo l’avrebbe potuta magari prestare a Berlusconi.
A parte l’innocenza della sua uscita, da qualsiasi lato la si guardasse ed interpretasse, a me è parso che il nostro prestimiridirigizzatore patrio sia stato tra l’altro anche frainteso: io ho capito che volesse proprio dire una cosa positiva o al limite neutra. Nel senso di dire: magari potesse avere la bacchetta magica chi è al potere ed ha l’incombenza di prendere decisioni molto grandi, soprattutto in merito al recente dramma del terremoto in Abruzzo.
E invece no: apriti oh cu…ehm…oh cielo!!!
La brava presentatrice di regime prima è stata sulla graticola come una braciola per alcuni momenti, nell’attesa che il numero finisse, e poi si è stracciata le vesti a suon di dissociazioni, precisazioni dell’assoluto punto di vista personale della posizione espressa dal mago e giù di leccamenti smodati al “Sacro Establishment che sta nei Cieli e sempre sia benedetto”.
Il fatto è stato già commentato in lungo è in largo da penne ben più autorevoli della mia.
Volevo tuttavia aggiungere un paio di semplici considerazioni da “viandante per pensieri”, sempre attento a mettere in rilievo i dettagli inutili dell’esistenza, nella convinzione che spesso siano più sintomatici di quanto non lo sono gli aspetti comunemente reputati essenziali.
La cosa più impressionate in tutta la faccenda è stata la sua tristezza esagerata, che a mio parere ha causato immensamente più danno di quanto avrebbe fatto un dignitoso lasciar correre.
E la sublimazione più intensa di questa tristezza è venuta dal confronto fra due rappresentanti di diverse generazioni del mondo dello spettacolo.
Da una parte, il buon vecchio Saghibù, appunto: uno che ha iniziato a fare tv quando per entrarci si doveva saper fare qualcosa, uno che dopo aver segato più donne a metà di quante Rocco Siffredi se ne sia fatte e dopo aver tirato fuori dai cilindri più coniglietti di quelli dell’invasione australiana, si è guadagnato sette partecipazioni all’«Ed Sullivan Show», ha vinto due volte il premio «Magician of the world» (unico non statunitense a riuscirci) ed è anche collaboratore del CICAP, il «Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale», un gruppo di “addetti ai lavori” che smaschera bufale con pretese paranormali in mezzo mondo.
Dall’altra parte invece, una presentatrice che, per dirla con un antico adagio in uso nelle mie contrade, artisticamente non sa fare neanche una “o” con un bicchiere.
Ecco, con questo non è che voglia rimpiangere i bei tempi andati della Rai di democristiana memoria, che anche quella te la raccomando (…non so se si è colto il velato doppio senso).
Ma per quanto apparentemente secondario, è stato questo l’aspetto della cosa che più mi ha messo mestizia addosso: un “mondo” asfittico, vacuo e burocratizzato che faceva la predica ad un “mondo” della fantasia e della passione per le cose.
E’ stata esattamente questa la “quiddità” full of sadness che mi ha disgustato: una pioggia malefica di marche da bollo e timbri, tutti accaniti a soffocare la gaiezza e la libertà di una bacchetta magica.
Come vedere l’elefantiaca ottusità mortifera del “Grande Fratello” prendersi gioco della grazia di un duetto fra Mina ed Alberto Sordi.
In un suo recente intervento a “Domenica in”, il vetusto mago che tanti ammorbò istanti di nostra frale “fanciullezza anni ‘70”, ha subito l’onta di essere bacchettato per una battuta tutto sommato veniale e cattiva come il morso di un neonato al suo peluche preferito.
La cosa mi ha messo parecchia malinconia per i suoi tratti di ingiusta e stonata nemesi storica, toccata ad un personaggio che ha fatto per decenni la sua onesta parte nel mondo dello spettacolo.
Per lui che si è sempre destreggiato così elegantemente con la bacchetta in mano, mi è sembrata davvero un’ironia della sorte di pessimo gusto ricevere proprio il suo ferro del mestiere, così all’improvviso e tutto d’un botto, sulle unghie
Fermo restando il fatto che come personaggio possa piacere o stare sui maroni (e personalmente, pur non optando propriamente per la seconda alternativa, non è che mi abbia mai esaltato più di tanto), sinceramente non lo meritava.
L’avrete vista tutti la scena.
Spero non direttamente dalla mozzarellifera “Domenica in”, ma magari nella riproposizione del sempre geniale Blob, oppure anche sul web. Mentre si accingeva ad eseguire uno dei suoi giochi di prestigio con la collaborazione della conduttrice Lorena Bianchetti, il buon vecchio Saghibù (con questo nome, dice Wikipedia, Aldo Savoldello, non ancora Silvan, esordì all’età di 7 anni nell’oratorio Don Bosco di Venezia: anche quando, vi pare un inizio di curriculum avvicinabile per “sana malvagità satirica” a quello di Vauro?!?!?), ha detto che la bacchetta che stava brandendo l’avrebbe potuta magari prestare a Berlusconi.
A parte l’innocenza della sua uscita, da qualsiasi lato la si guardasse ed interpretasse, a me è parso che il nostro prestimiridirigizzatore patrio sia stato tra l’altro anche frainteso: io ho capito che volesse proprio dire una cosa positiva o al limite neutra. Nel senso di dire: magari potesse avere la bacchetta magica chi è al potere ed ha l’incombenza di prendere decisioni molto grandi, soprattutto in merito al recente dramma del terremoto in Abruzzo.
E invece no: apriti oh cu…ehm…oh cielo!!!
La brava presentatrice di regime prima è stata sulla graticola come una braciola per alcuni momenti, nell’attesa che il numero finisse, e poi si è stracciata le vesti a suon di dissociazioni, precisazioni dell’assoluto punto di vista personale della posizione espressa dal mago e giù di leccamenti smodati al “Sacro Establishment che sta nei Cieli e sempre sia benedetto”.
Il fatto è stato già commentato in lungo è in largo da penne ben più autorevoli della mia.
Volevo tuttavia aggiungere un paio di semplici considerazioni da “viandante per pensieri”, sempre attento a mettere in rilievo i dettagli inutili dell’esistenza, nella convinzione che spesso siano più sintomatici di quanto non lo sono gli aspetti comunemente reputati essenziali.
La cosa più impressionate in tutta la faccenda è stata la sua tristezza esagerata, che a mio parere ha causato immensamente più danno di quanto avrebbe fatto un dignitoso lasciar correre.
E la sublimazione più intensa di questa tristezza è venuta dal confronto fra due rappresentanti di diverse generazioni del mondo dello spettacolo.
Da una parte, il buon vecchio Saghibù, appunto: uno che ha iniziato a fare tv quando per entrarci si doveva saper fare qualcosa, uno che dopo aver segato più donne a metà di quante Rocco Siffredi se ne sia fatte e dopo aver tirato fuori dai cilindri più coniglietti di quelli dell’invasione australiana, si è guadagnato sette partecipazioni all’«Ed Sullivan Show», ha vinto due volte il premio «Magician of the world» (unico non statunitense a riuscirci) ed è anche collaboratore del CICAP, il «Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale», un gruppo di “addetti ai lavori” che smaschera bufale con pretese paranormali in mezzo mondo.
Dall’altra parte invece, una presentatrice che, per dirla con un antico adagio in uso nelle mie contrade, artisticamente non sa fare neanche una “o” con un bicchiere.
Ecco, con questo non è che voglia rimpiangere i bei tempi andati della Rai di democristiana memoria, che anche quella te la raccomando (…non so se si è colto il velato doppio senso).
Ma per quanto apparentemente secondario, è stato questo l’aspetto della cosa che più mi ha messo mestizia addosso: un “mondo” asfittico, vacuo e burocratizzato che faceva la predica ad un “mondo” della fantasia e della passione per le cose.
E’ stata esattamente questa la “quiddità” full of sadness che mi ha disgustato: una pioggia malefica di marche da bollo e timbri, tutti accaniti a soffocare la gaiezza e la libertà di una bacchetta magica.
Come vedere l’elefantiaca ottusità mortifera del “Grande Fratello” prendersi gioco della grazia di un duetto fra Mina ed Alberto Sordi.
4 commenti:
mica tanto sul nulla il tuo fraseggio. anche a me questo episodio a messo una tristezza notevole, l'imbecillità assurta a virtù fondamentale della conduttrice, lo squallore del commentare generale, insomma che tristezza. ablers dice l'oracolo,ispanicamente invitandoci a parlarne :-)
vero Farly, è stata una delle scene televisivamente (e non solo) più tristi degli ultimi anni...mi ha lontanamente ricordato anche un bellissimo racconto di Hemingway, "La farfalla e il carroarmato", forse il mio racconto preferito di sempre in assoluto...
a me l'oracolo dice subso, sotto sotto lo so :-)
non me lo ricordo il racconto di hemingway, me lo cerco :-) penso che smetterò del tutto di accendere la televisione, è ormai una finestra su di un mondo orrendo e che mi sembra totalmente estraneo...
io ho visto che con il digitale agricolo un po' riesco a parare i colpi :-)
è molto bello quel racconto...lo trovi nella raccolta "21 racconti", del buon Ernest
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