Non so se sia solo una mia impressione o se la cosa abbia un effettivo riscontro reale.
Sta di fatto che ho come questa sensazione, da diversi anni a questa parte: sembra quasi che il mondo si sia gradualmente immerso in una dimensione da “sit comedy” in pianta stabile. Una sorta di «sindrome di Zelig» (con riferimento al programma di cabaret e non al film di Woody Allen) si è impossessata dei quotidiani scambi sociali e comunicativi fra le persone.Io stesso, facendo un’autoanalisi al volo, mi rendo conto di esserne colpito in larga misura anche quando scrivo. Lì per lì, mentre sono intento proprio alla fase della stesura di un testo, magari non ne sono consapevole appieno. Ma osservando in seguito i miei scribacchiamenti col distacco di poi, vi leggo immancabilmente, disseminati fra le parole, sforzi innumerevoli di carpire il sorriso, lambiccamenti vari per escogitare la battuta più piaciona, arzigogoli semantici imbastiti col solo scopo di innescare la miccia al petardo del motto di spirito (e so che lo stesso meccanismo mi scatterà in automatico e senza volere anche nel presente brano…).
Mi viene allora da chiedermi: è sempre stato così, oppure nell’acuirsi di questo fenomeno ci hanno messo lo zampino l’influsso televisivo e una certa cinematografia demenziale?
Forse la ragione, come spesso accade, mette i piedi un po’ in tutte e due le scarpe.
Sinceramente non ricordo molto bene com’era quando ero piccolo o poco più tardi. Di certo i dialoghi quotidiani non si svolgevano in forma di pantomime di veglie funebri. Il buon umore ha sempre rappresentato l’atmosfera più auspicabile da intessere per tenere in piedi i rapporti interpersonali. Però mi sembra che la cosa sia stata portata un po’ agli estremi da un 25 - 30 anni a questa parte.
Forse tutto ebbe inizio con telefilm tipo il piccolo «Arnold», i «Jefferson» o simili. La forma mentale in cui questo genere di finzione filmica ci introduceva era all’apparenza innocua e completamente mimetizzata fra le pieghe di una realtà ipoteticamente più che plausibile. Ma il passo da essi compiuto nella direzione di cui sto cianciando, fu fatale.
Sembravano famiglie americane normali, alle prese con problemi, guai e gioie di tutte le famiglie americane normali. Ma c’era la fregatura, anche se in pratica non ce ne accorgevamo. Loro, Arnold ed allegra brigata telefilmante anni ’80, non facevano altro che ridere. Ridevano a colazione, in mattinata e a pranzo. Ridevano per la pennichella e nel pomeriggio, ridevano a merenda, a cena e nel dopocena. Ridevano persino nel sonno. La cosa per una mezz’ora di telefilm reggeva benissimo, anzi, per lo spettatore era una pacchia totale.
Ma nessuno fra gli spettatori si soffermò mai a praticare mentalmente una piccola “proporzione temporale immaginata”. Ossia a pensare cosa sarebbe stata la giornata di ciascuno di noi nel caso che fossimo stati effettivamente condannati a questa crudelissima “pena del riso coatto” 24 ore su 24. Il divertimento si sarebbe mutato in incubo e nel giro di poche ore di questa “cura” subita, anche il più equilibrato fra i fans tv avrebbe sviluppato livelli di idiosincrasia per l’umanità tali da indurlo a correre di filato in armeria ad acquistare un fucile a pallettoni, col quale andarsi a sfogare nel primo centro commerciale aperto lungo la strada.
Confesso che queste riflessioni all’epoca non mi sfiorarono nemmeno, anche se già da allora, riguardo a quella tipologia di telefilm, un certo tipo di disagio sospettoso si affacciò semi-inconsciamente nel retrobottega della mia considerazione estetica, ai tempi ancora in piena fase di sboccio.
L’elemento che invece colsi con più definita consapevolezza qualche tempo dopo come segnale di forte stonatura, fu il protervo inserimento delle risate posticce. Dapprima, anche a quelle facevi poco caso. Ma pian piano, ponendo di volta in volta un grammo di attenzione in più a quelle sghignazzatine sotterranee e rifilate in sordina alla vigliacca, il dubbio ti si insinuava dentro, sino al punto di evolvere in un fastidio conclamato che finiva per farti sbottare fra te e te: «…Ma porca zozza, ma sarò padrone di ridere quando minchia mi pare e piace a me, senza che me lo suggerisca una risata fasulla di sottofondo?!?!?...».
Fu da quel bizzarro artificio filmico, vero e proprio dado tratto sopra il Rubicone del buon umore obbligatorio, che cominciarono a far breccia nel mio animo i primi gravi sospetti circa la pretesa di instaurare un regime di “mono-ridancianità” della vita. Una grave minaccia si profilava all’orizzonte: la dittatura del riso onni-dimensionale, pluri-direzionale e totalizzante eri lì pronta per impadronirsi della nostra quotidianità.
A dare una bella spallata per far sì che la svolta epocale si compisse in pieno, ci pensò poi tutta la sequela dei film demenziali inaugurata da “L’aereo più pazzo del mondo” prima, e “sempre più pazzo” poi, fino alle nipotine pallottole spuntate varie, con “Scream” ed “Hot shot” che ne conseguirono.
Sul fronte dei programmi televisivi impostati su di una comicità assolutizzante, l’apripista fu probabilmente “Non stop”, che a suon di Gatti di Vicolo Miracoli, Smorfie e Carli Verdoni, fu il vero precursore dell’attuale Zelig.
Si obietterà a questo punto: «…D’accordo, ma le commedie, i film divertenti e la comicità in genere, sono sempre esistiti da che mondo e mondo, e da che uomo è uomo con stampate sulla faccia un paio di labbra da poter tirare su in segno di gratificazione interiore...».
E per fortuna, rispondo io.
Ma il punto è la quota di pervasività imposta da questo tipo di riso contemporaneo. E’ un riso che non lascia spazio a nessun’altra sfumatura del sentire emozioni, occupa tutto, s’impossessa di tutta la gamma delle sensazioni riducendo la persona ad un “homo ridens” totale.
Cosa dire in conclusione? Qual è il senso di questo mio scribacchiare presente? E’ forse mia intenzione proclamare l’inizio della “Rivoluzione dei Musi Lunghi” vestendo i panni del novello Jorge da Burgos, all’insegna della proibizione del riso e dell’umorismo?
Ma assolutamente no, il cielo ce ne scampi. La realtà fa il suo corso, che noi lo si voglia o no, e probabilmente le rivoluzioni han sempre recato più danni che benefici.
Ancor meno è mia intenzione fare un’apologia dei bei tempi andati, che se sono andati, ci sarà stata la sua ragione.
La cosa che volevo dire è molto più semplice. Basterebbe ogni tanto ricordarsi che la tele, i film, il cabaret, sono una cosa, e la vita quotidiana ne è un’altra. E forse quella pletora di battute e di motti di spirito che invade la nostra giornata, ne risulterebbe ridimensionata in misura salutare, a favore anche della qualità del nostro buon umore generale.
13 commenti:
caro Gilli, beato te che riesci a cogliere dalla tv solo il lato ridanciano e buffonesco ed invece trascuri quella oramai consolidata e fastidiosissima abitudine al litigio, all'urlarsi addosso, alle trasmissioni strappalacrime del tipo "c'è posta per te" o le interviste sui luoghi dove si consumano tragedie che fanno audience proprio perchè si scava nel dolore della gente.
Caro Gilli, magari la tv avesse solo lo scopo di suscitare il riso, avrebbe almeno la sua dignità. :o)
@->Marisa: ecco, Mari, purtroppo in quel senso non sono tanto beato nemmeno io :-) cioè, non è che non vedo tutto il resto del ciarpame più o meno squallido...qui volevo solo affrontare una parte televisiva che mi pare si sia riflessa nella realtà causando una deformazione non meno grottesca...tutto qui...per il resto, purtroppo, le cose ben più gravi le vedo eccome :-)
Be' Gilli, scusa: tu definisci " "comicita' assolutizzante" Non Stop.
Enzo Trapani era un eccezionale regista televisivo, e i suoi varieta' erano davvero innovativi.
Scusa ancora,io me li sono visti tutti, ma con tutto il rispetto, averne di Smorfie, Troisi e Verdone.
Hai perfettamente ragione sulle risate finte, io le odio quanto te, ma Non Stop e gli altri varieta' comici di Trapani, hanno lanciato fior di cabarattesti e comici.
Gente davvero in gamba.
Quanto ad Abrams-Zucker-Abrams, be' senti, a parte qualche caduta di gusto qui e la', Top Secret, L'Aereo piu' Pazzo del Mondo, e Una Pallottola Spuntata, erano geniali.
Comicita' farsesca, popolare etc etc, ma fatta bene.
A me facevano ammazzare.
Le risate finte sono la cosa piu' triste che si possa fare a un programma umoristico.
Hai ragione da vendere.
:-)
allora: «…Ma porca zozza, ma sarò padrone di ridere quando minchia mi pare e piace a me, senza che me lo suggerisca una risata fasulla di sottofondo?!?!?...». questa la condivido, la sottoscrivo e l'ho pensata mille volte al punto da cambiare canale ogni volta che mi si sparava una risata posticcia... sul resto sono abbastanza d'accordo, anche se poi, alla fine della fine mi viene solo da citare-parafrasare un capolavoro della comicità nazionale: non ci resta che piangere
Bacetti from USA e complimenti per la scelta del brano musicale, me l'ero proprio scordato ed è delizioso
@->Yossarian: nooooooooooo, Yoss, noooooooooo :-) mi sono spiegato male, chiedo venia :-) lodi sperticate a Non stop e a tutti i cabarettisti bravissimi che ha sfornato, lodi ad Enzo Trapani e ad Abrams-Zucker-Abrams, ci mancherebbe...non era una critica che volevo fare, anzi, volevo sottolineare proprio il fatto che sono stati rivoluzionari per la comicità, rendendola appunto quasi una dittatura assoluta delle emozioni...a loro modo hanno creato un nuovo modo di vedere il mondo, che però, trasposto nel mondo reale può dare risultati imbarazzanti...quanti cabarettisti tristi, fuori dal palco e dallo schermo, si vedono in giro fra la gente comune, dopo quella rivoluzione...era su questo che volevo focalizzare l'attenzione, non criticare dei geni della comicità...ecco, ci tenevo a precisare :-) la magagna è stata mia a non spiegarmi bene :-)
Ciao :-)
P.S.:...minchia, continuo a rettificare le cose che dico...sto diventando come un certo tipo non molto alto coi capelli posticci...mi devo preoccupare? :-D
@->Farly: eheheheeheheh, ribacetti di ritorno, Farly :-)
Ecco, ancora, volevo precisare un'altra cosa, che magari dal mio brano si evinceva poco: non era una condanna alla comicità la mia, ma piuttosto segnalare come la comicità venga a volte distorta...se tutto diventa comicità, nulla è più comico...era qeusto il succo del discorso...
Ah, sì, gli Housemartins erano dei mattacchioni :-) facevano delle canzonette semplici, ma mi garbavano un sacco, forse anche per quel loro aspetto da nerds disperati e irrecuperabili :-D avrei potuto infilarmi nel gruppo e fare il quinto degli Housemartins, che nessuno avrebbe notato la differenza :-D
Bye, sweet Farly :-)
@->Everyone: dichiaro ufficialmente che questo mio scritto ha fallito clamorosamente il suo scopo :-) l'eccessivo numero di precisazioni che ho dovuto fare in sede di commento, mi hanno convinto che non sono stato in grado di far passare chiaramente il mio pensiero :-)
E' che a volte mi dimentico, ma anche a parlare di nulla, bisogna essere capaci :-)
Gilli, ma che ti importa..
tu sai bene che devi scrivere quello che ti pare e se qualcuno ritiene di fare commenti per dire la sua significa che ha piacere d leggerti e di interagire con te, meglio dire interchiacchierare con te, altrimenti che senso ha sentirsi dire: "oh quanto sei bravo, og quanto sei bello... ecc", ricordi il mio decalogo?;o)
@->Marisa: no, lo so Mari, ma era una cosa scherzosa questa mia dichiarazione di fallimento :-) è una bellisisma cosa sentire le opinioni differenti di tutti, che se vengono suscitate, è anche sintomo di aver toccato temi sentiti (più o meno :-)...però mi rammarico con me stesso quando vedo che non ho trasmesso per bene l'idea che intendevo...è questione di esercizio linguistico, più che volontà di scovare questa o quella pretesa verità...la verità poi si costruisce sempre insieme, col dialogo e l'ascolto reciproco :-)
e se invece fosse che hai un pubblico di rompi balle che devono sempre fare le precisazioni? :-D bacetti con risate automatiche
@-FarlY: ma no, ma no, Farly :-) il mio è il migliore dei pubblici possibili :-) inoltre il cliente ha sempre ragione :-) e i cocci sono suoi e dei buoi dei paesi suoi :-D
Sorrisi e bacini transoceanici :-)
@Gilli
Gilli, un po' ha ragione Farlocca, sono un rompiballe, ma soprattutto ha ragione Marisa.
A me piace leggerti, e se e' il caso, polemizzare garbatamente.
Sono spesso d'accordo con te, ma non credo che tu desideri, come dice Marisa che mi permetto di citare, avere un pubblico acefalo di adulatori e adoratori.
Fra l'altro non renderebbe giustizia alla tua intelligenza.
:-)
@->Yossarian: ma figurati, Yoss, puoi polemizzare finchè vuoi :-) tanto so che le tue non sono mai polemiche nel senso un po' mediocre che la parola ha ormai assunto nell'accezione più diffusa, ma sono osservazioni sempre interessanti che offrono spunti per riflettere...le mie tematiche sono spesso molto leggere, leggerissime...cerco di cogliere certe sfumature indefinite del vivere, che proprio in quanto tali sono anche molto difficili da afferrare e circoscrivere...
per cui, ogni intervento che metta in gioco aggiustamenti e revisioni dei concetti, è assolutamente necessario ad ogni mio discorso :-)
Per cui, mi raccomando, Yoss: non farti mai scrupoli a dire sempre quello che ti senti, in questo luogo di vagabondaggio delle idee :-)
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