Fra i passatempi e i passaspazi più soddisfacenti coi quali il viandante per pensieri si può dilettare, figura sicuramente il vagabondaggio concettuale inter-epocale. Trattasi di pratica non eccessivamente agevole né immediata, in quanto necessita di tante letture diverse, le più disparate e lontane fra di loro per genere, tematiche, atmosfere, ambientazioni. E non di sole letture vive l’uomo. Urge che sbocconcelli anche visioni di film, spettacoli teatrali, visite ai musei, con ogni altra pratica culturale sempre ben accetta ed auspicata.
Serve poi memoria, intuito, sensibilità e tanto occhio, per riuscire a cogliere il momento in cui il concetto ormai familiare perché già colto in una tale opera, si ripresenti sotto mutate spoglie in un’altra composizione, quasi del tutto dissimile nel sembiante, ma assolutamente affine nell’essenza comune che li affratella.
Oppure, il fenomeno può verificarsi in virtù di un meccanismo già noto ai latini come “bottam culi puram”.
Ecco, è di preferenza entro i termini di quest’ultima modalità che il mio vagabondaggio concettuale inter-epocale si materializza.
Ma l’importante non è tanto la strada per cui si perviene alla meta. La cosa che conta è il senso di bellezza che ne deriva, la soddisfazione delle sinapsi quando le due idee si fondono nell’amplesso del pensiero con sè medesimo, sentire i neuroni che fanno Giacomo Giacomo, l’anima che si contrae nell’immateriale orgasmo della coincidenza concettuale.
Ecco dunque cosa è scaturito dall’ultima mia esperienza di questo tipo. Riporto i due brani senza dire subito di cosa si tratti.
Ecco a voi il primo, sublime fraseggiar possente che sfidando l’eternità è giunto a toccare il mio cuore:
Serve poi memoria, intuito, sensibilità e tanto occhio, per riuscire a cogliere il momento in cui il concetto ormai familiare perché già colto in una tale opera, si ripresenti sotto mutate spoglie in un’altra composizione, quasi del tutto dissimile nel sembiante, ma assolutamente affine nell’essenza comune che li affratella.
Oppure, il fenomeno può verificarsi in virtù di un meccanismo già noto ai latini come “bottam culi puram”.
Ecco, è di preferenza entro i termini di quest’ultima modalità che il mio vagabondaggio concettuale inter-epocale si materializza.
Ma l’importante non è tanto la strada per cui si perviene alla meta. La cosa che conta è il senso di bellezza che ne deriva, la soddisfazione delle sinapsi quando le due idee si fondono nell’amplesso del pensiero con sè medesimo, sentire i neuroni che fanno Giacomo Giacomo, l’anima che si contrae nell’immateriale orgasmo della coincidenza concettuale.
Ecco dunque cosa è scaturito dall’ultima mia esperienza di questo tipo. Riporto i due brani senza dire subito di cosa si tratti.
Ecco a voi il primo, sublime fraseggiar possente che sfidando l’eternità è giunto a toccare il mio cuore:
(*) «Spesso l'aspetto esterno
fa apparire le cose men che sono
in realtà. Dall'ornamento esterno
il mondo si lasciò sempre ingannare.
Nel mondo della legge,
quale causa, per quanto sporca e trista,
non saprà oscurar la sua natura,
se perorata da un fiorito accento?
Qual dannato peccato, in religione,
non saprà rendere sacro e legittimo
un portamento serio e dignitoso
che rechi a suo sostegno i sacri testi,
nascondendo così la sua nequizia
dietro un bell'ornamento?
Al mondo non c'è vizio sì smaccato
che non possa coprir la sua magagna
con qualche segno esterno di virtù.
Quanti codardi, dal cuore malfido
simili a tanti scalini di sabbia,
ostentan tuttavia sul loro mento
barbe degne d'un Ercole,
e cipiglio di Marte, ed a frugarli
hanno il fegato bianco come il latte:
gente cui basta il fumo del coraggio
per illudersi d'apparir temuti.
E la bellezza, ad osservarla bene,
scoprirete che può comprarsi a peso,
che là compie un prodigio di natura,
dove riesce a render più leggere
tutte quelle che più ne sono cariche.
E tali son quei riccioletti d'oro
attorcigliati come serpentelli
che fanno voluttuose capriole
al vento sopra una beltà apparente,
e sono molto spesso ritenuti
essere stati in cima a un'altra testa...
e il cranio che li crebbe è in un sepolcro.
L'ornamento così altro non è
che il malfido arenile d'un oceano
pieno d'insidie, come il bello scialle
di cui si vela una bellezza indiana;
in sostanza, la falsa verità
che i nostri astuti tempi metton su
per ingannare anche i più avveduti.
Perciò tu, oro lustro e sfavillante,
duro alimento a Mida, io non ti voglio.
Né te, pallido argento,
volgar mezzano d'ogni uman baratto
io sceglierò; ma te, ruvido piombo,
che minacci piuttosto che promettere,
te, la cui pallidezza
mi commuove più d'ogni bel discorso,
te io scelgo. E che gioia me ne venga!».
Ed ecco l’altra frase, l’amante concettuale che secoli ha atteso per potersi ricongiungere con l’amato appena descritto sopra:
(**) «…La comunicazione è l’opposto della conoscenza. E’ nemica delle idee perché le è essenziale dissolvere tutti i contenuti. L’alternativa è un modo di fare basato su memoria e immaginazione, su un disinteresse interessato che non fugge il mondo ma lo muove…».
Ed ora è tempo di svelar l’arcano e di stupire:
(*) Il primo brano era tratto dall’atto terzo, scena seconda, di «Il mercante di Venezia», (1597 ca.), William Shakespeare, eterno bardo che non necessità di presentazioni.
(**) Il secondo breve stralcio è contenuto invece in «Contro la comunicazione», (2004), Mario Perniola, docente di Estetica all’Università Tor Vergata di Roma.
E per concludere, siccome a sciespirare c’ho preso gusto, vogliate gradire anche questa citazione bonus, sempre dal «Mercante». Non c’entra nulla con i temi suddetti, ma siccome i medesimi possono aver anche indotto un filo di scoramento nel lettore, serva questa coda poetica da zuccherino per aggiustarsi in bocca.
Lorenzo –(**) «…La comunicazione è l’opposto della conoscenza. E’ nemica delle idee perché le è essenziale dissolvere tutti i contenuti. L’alternativa è un modo di fare basato su memoria e immaginazione, su un disinteresse interessato che non fugge il mondo ma lo muove…».
Ed ora è tempo di svelar l’arcano e di stupire:
(*) Il primo brano era tratto dall’atto terzo, scena seconda, di «Il mercante di Venezia», (1597 ca.), William Shakespeare, eterno bardo che non necessità di presentazioni.
(**) Il secondo breve stralcio è contenuto invece in «Contro la comunicazione», (2004), Mario Perniola, docente di Estetica all’Università Tor Vergata di Roma.
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E per concludere, siccome a sciespirare c’ho preso gusto, vogliate gradire anche questa citazione bonus, sempre dal «Mercante». Non c’entra nulla con i temi suddetti, ma siccome i medesimi possono aver anche indotto un filo di scoramento nel lettore, serva questa coda poetica da zuccherino per aggiustarsi in bocca.
La luna splende chiara questa notte. Fu certo in una notte come questa, quando il vento baciava dolcemente gli alberi senza il minimo fruscio, fu certo in una notte come questa che Troilo scavalcò d'Ilio le mura ad esalare l'anima in sospiri verso le greche tende dove la sua Cressida si giaceva.
Gessica -
In una notte come questa Tisbe, mentre sfiorava con trepido passo i prati già coperti di rugiada, fuggì ad un tratto atterrita e discinta, avendo visto l'ombra del leone.
Lorenzo -
Didone, in una notte come questa stette alla riva del selvaggio mare, e, con un ramo di salice in mano, disperata gridò all'amor suo di tornare a Cartagine.
Gessica -
Medea, in una notte come questa, colse l'erbe stregate che dovevan ridar la giovinezza al suo suocero Esone.
Lorenzo -
In una notte come questa Gessica fuggì furtiva dal ricco giudeo per correr via da Venezia a Belmonte insieme ad uno squattrinato amante.
Gessica -
A lei, in una notte come questa, giurava amore il giovane Lorenzo, e le rapiva l'anima con molti voti e nessuno sincero.
Lorenzo -
E pure in una notte come questa la bella Gessica, piccola strega, calunniava il suo amore, d'infedeltà e lui la perdonava.
Gessica –
A seguitar con te in questo gioco delle notti storiche, io, son sicura, ti subisserei, se nessuno venisse a disturbarci; attenti, ecco, sento un passo d'uomo.
12 commenti:
ehm ecco, caro sono un po' stanca sti giorni, ecco non ho capito niente... che me lo rispieghi che volevi dì? :-(scusa eh...)
Scespir e' sublime, il post e' bello, il docente di Estetica mi sa di snobbettino estetizzante, e stendo volentieri un burqa pietoso.
Ciao Gilli, buon inizio settimana.
Ti vedo in forma.
:-)
@->Farly: ehehehehe :-) va beh, Farly, ti concedo che il mio scritto non fosse il massimo della limpidezza :-D
Il senso alla fine era semplicemnte questo: la bellezza di quando cogli due concetti simili da fonti lontanissime nel tempo fra loro...nella fattispecie era il concetto dell'apparire (incarnato dalla comunicazione pura), sbugiardato a favore del concetto del vero conoscere...
Ecco, così è più chiaro :-D
Destedly, mi dice blogspot, invitandomi a destare meglio l'attenzione sul senso di quello che scrivo :-)
Bacini veneziani :-)
@->Yossarian: grazie, Yoss, e ti concedo anche la stesura del burqa :-) in effetti, il concetto fatto passare dal prof l'ho considerato più che altro come un'interessante suggestione...ma se non fotografa la realtà in pieno, poco ci manca :-)
C'è da dire che il tributo che la nostra CCCultura paga ancora al barbone di Treviri è sempre molto alto...però ogni tanto un po' di snobismo ce lo possiamo concedere...se non altro perchè ci si diverte :-)
Ciao, buon week-beg a te (neologismo da me or ora coniato che sta per week-beginning :-)
Leggere i tuoi post riesce sempre a stimolarmi la mente, ad immaginare suggestione e, in questo caso, a vagabondare "inter-epocamente"!!! :-D
complimenti!!!
buona settimana
@->Luce: grazie, sei sempre carinissima, Luce :-) questo commento mi ha davvero lusingato...è bello sapere che con le mie parole riesco ad innescare le riflessioni di persone che sanno scrivere bene come te :-)
Anche se magari non commento molto, sappi che anche io ti seguo sempre e faccio costantemente il tifo contro Adolf :-)
Grazie ancora di cuore e buon inizio a week a te :-)
C'è da dire che il tributo che la nostra CCCultura paga ancora al barbone di Treviri è sempre molto alto..
Be' in termini di sangue non c'e' dubbio...
Ma oggettivamente non era colpa sua, questo gli va riconosciuto.
Non credo avesse in mente Pol Pot e Stalin mentre scriveva il Capitale.
Scherzi a parte, sono d'accordo sul metodo di analisi storica di Marx che resta ancor oggi di valore incalcolabile, e sull'analisi del capitalismo.
Sulla sua idea di Stato, compreso buona parte di quello che ha mutuato da Hegel, decisamente meno.
:-)
@->Yossarian: ehm...confesso di non saperne molto di teoria marxiana, Yoss :-) o meglio, le cose che ricordo sono più attinenti alla parte filosofica pura del suo discorso...anche io credo che abbia avuto intuizioni fondamentali, ma spesso le trovo anche, come dire, ambivalenti...ad esempio, quando riduce l'uomo alla dimensione sociale, rlegando il resto a sovrastruttura (sempre se non vado errato), ecco, in questa cosa ci vedo tantissima verità, ma io che sono un asociale doc, credo anche che sia una visione parziale...
La vita, alla fine della fola, è un sostanziale fare i conti con se stessi, in una dimensione di solitudine...l'essere individuo non è essere un poveraccio alienato, ma è un destino incontrovertibile che ci portiamo appresso, incollato e pertinace sotto una suola come quelle cicche che qualche idiota sputa per terra :-)
Ecco, Marx lo trovo spesso ideologico, nel senso che se la realtà non funziona come prevede la sua teoria, lui pretende di forzarla a funzionare ugualmente da previsione...e questo è stato un dato evidentissimo in tutti i comunismi applicati...
Boh, non so, mi sa che ho fatto un bel casino :-)
ad esempio, quando riduce l'uomo alla dimensione sociale, rlegando il resto a sovrastruttura
Sono d'accordissimo con te, perche' tendo ad essere sull'asociale anch'io Gilli.
Inoltre le "sovrastrutture" come religione, etc etc, le esclude erroneamente dal "motore della storia", quando gli eventi dell'ultimno decennio hanno provato il contrario.
E qui secondo me commette un altro errore.
:-)
@->Yossarian: alla fine, Yoss, credo che la pecca fondamentale del marxismo sia quella che ho già in parte accennato, ossia la pretesa di "forzare la realtà", di volerla piegare alle proprie categorie concettuali, anche quando si vede che non si combinano, come due mattoncini dei Lego scompagnati :-)
Questa è la critica al marxismo che a mio parere comprende ogni altra critica...
Per riprendere poi una critica alla contemporaneità a te molto cara, questo è anche il punto di quanto sta succedendo alla politica italiana: da una parte c'è Abberlusconi che è uno spietato osservatore della realtà più nuda e cruda, e su tutti i meccanismi effettivi della realtà, anche quelli più retrivi, agisce con una mancanza di scrupoli esemplare...dall'altra, gli eredi, non a caso, della tradizione marxista, si autorelegano in un limbo di più o meno marcata idealità, stentano a cogliere le dinamiche vere del reale, e ne risultano inevitabilmente sopraffatti...
Il fatto poi che gli sconfitti mi siano sempre stati più simpatici, è un altro discorso, perchè personalmente mi ritengo un sommo sconfitto e wodyalleniano nell'anima :-)
Ciao e grazie per tutti questi tuoi bei commenti molto stimolanti :-)
Supergilli, "L'avventura e' l'avventura" e' di Claude Lelouch, mi ero dimenticato di dirtelo.
Io non amo molto Lelouch - quando si tratta di Nouvelle Vague adoro Truffaut e Godard - ma e' un film molto divertente.
Ciao
:-)
Grazie per la precisazione, Yoss...ecco, personalemnte conosco poco dei tre registi, a parte "Effetto notte", però anche io, non so come mai, mi ero sempre fatto l'idea che dei tre, Lelouch fosse il più fighetto :-)
Ciao, grazie :-)
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