Tempo fa, avevo già scritto qualcosa riguardo all’iper-salivazione indotta negli italiani dalla pletora di programmi televisivi (Linea Verde, Mela Verde, Eat Parade, la Prova del cuoco, Sereno Variabile, il Sabato del villaggio, ecc. ecc.) dedicati fra le altre cose ai piatti tipici della nostra patria cucina, alle ricette, a prodotti e specialità alimentari infinite di ogni regione, città, paese, località, bivio di strade del benamato Bel Paese.
Allora misi in rilievo come l’Italia, se non proprio sul lavoro, si potrebbe semmai considerare una repubblica fondata sull’acquolina in bocca (con tutti i risvolti consumistico-belluini annessi e connessi alla considerazione).
Va aggiunto tuttavia che queste trasmissioni tv, oltre che cagione senza requie di spremiture papillari forzate, sono anche fucine nazionali di linguistiche acrobazie finalizzate alla gratuità più vertiginosa.
In particolare, da diverso tempo, la mia attenzione si è focalizzata più volte su di un’espressione ricorrente. Non so se ci avete fatto caso. Quando in questi programmi culinari si affronta l’argomento principe, ossia tutto ciò che in qualche modo ha a che fare con l’ingollare, l’ingurgitare, il tracannare, e in particolare, se tali azioni sono viste in riferimento ad altri processi “esterni”, trasformativi o conservativi degli alimenti, gira che ti rigira alla fine salta sempre fuori la formuletta magica: il prodotto «…conserva intatte le sue proprietà organolettiche…».
Si parla di un procedimento per congelare l’insalata con certi criteri? Niente paura: con questo metodo il nostro prodotto «…conserva intatte le sue proprietà organolettiche…».
Perché i nostri antenati, tanti secoli fa, presero a conservare il tipico formaggio “Martorino Pelusòn” sotto un manto di tre metri di fieno e fiori di lavanda? Elementare, Watson: avevano capito che in questo modo la beneamata rondella casearia «…conserva intatte le sue proprietà organolettiche…».
Già da un po’ l’espressione, a forza di sentirla sbandierare “in tutte le salse”, aveva iniziato a starmi discretamente sulle scatole, ma ieri è stata usata in un contesto che ne ha sancito l’odiosità definitiva. Si parlava di birre ed ho scoperto che la deliziosa bevanda bionda non va versata inclinando il bicchiere, come anche il più umile imbecille capisce di dover fare per evitare l’accumulo della schiuma. No, no, niente affatto, il boccale va tenuto ben ritto e la schiuma va fatta formare in abbondanza, perché, immaginate un po’, in questo modo il prodotto «…conserva intatte le sue proprietà organolettiche…».
E’ stato lì che ho deciso di eleggere la benamata espressione del menga ad emblema supremo della vacuità comunicativa che contraddistingue “cotale luminosa et preclara nostra epoca de’ sta minchia”. Perché sarà anche vero ciò che han detto della birra, (seppur indimostrabile, essendo per definizione le proprietà organolettiche di un cibo connesse precipuamente alla sensibilità individuale), ma vigliacco se da oggi in poi verserò mai più un goccio di Pils, di Weisen o di doppio malto senza aver quasi coricato il bicchiere.
Questa martoriante presa per il culo comunicativa si fa odiosa quando raggiunge simili vette di superficialità espressiva modaiola. La comunicazione si muta in un’elegante veste all’ultimissima moda, il luccichio dei cui lustrini viene utilizzato per abbagliare la vista, in modo da non lasciar trasparire l’effettiva assenza sottostante di contenuti effettivi. Sotto il vestito, il re non solo è nudo, ma addirittura nullo.
La comunicazione diventa l’involucro di una scatola ormai vuota di conoscenza vera; è ridotta insomma ad una succulenta padella di pollo alla diavola sfrigolante, che una volta alzato il coperchio, si rivela diabolicamente orfana del pollo.
La cosa più sconsolante è constatare come tantissime delle cose che escono fuori dalla perfida scatoletta televisiva, si presentino con questa caratteristica: sono cioè portatrici di una futilità che monoliticamente «…conserva intatte le sue proprietà organolettiche…».
Per divertimento intellettuale, ho immaginato allora come si potrebbe riciclare ottimamente l’espressione incriminata nei più svariati frangenti comunicativi quotidiani.
Mettiamo il caso di un brutto incidente stradale. Immaginiamolo però spettacolare, ma senza gravi conseguenze, perché se l’esempio vuol essere divertente, non può mica finire male. In questo caso è dunque un interdetto di un guidatore che sfrecciando a velocità folle, si sfascia contro un platano. Possibili commenti da bar in versione “comunicativa”: «…ha sfidato la propria incoscienza: sapeva che rischiava lo schianto, ma non aveva tenuto in debito conto che il platano ha sempre il cattivo vizio di “conservare intatte le sue proprietà organolettiche…”…».
Altra applicazione della frase. Il capo ufficio vi stressa, vi assilla, fa il despota a suon di decisioni calate dall’alto, senza tenere in minimo conto i saggi suggerimenti di chi il lavoro lo affronta ai livelli inferiori, ma nel vivo dello suo svolgersi, laddove si colgono con più chiarezza le sfumature ed i meccanismi genuini dell’attività. Commento dell’umile operaio, dopo l’ennesimo flop nei risultati della ditta: «…noi ci abbiamo provato a parlare col dirigente, ma niente da fare, lui “conserva intatte le sue proprietà organolettiche…”…».
Insomma, giusto per rimanere in tema di birra: meditate, gente, meditate. Comunicare e sapere son due cose ben diverse. Chi padroneggia bene la comunicazione, può anche permettersi il lusso di non sapere pressoché una siderale fava di nulla, ma sa mettervelo in quel posto convincendovi anche di aver «…conservato intatte le vostre proprietà organolettiche…».
Allora misi in rilievo come l’Italia, se non proprio sul lavoro, si potrebbe semmai considerare una repubblica fondata sull’acquolina in bocca (con tutti i risvolti consumistico-belluini annessi e connessi alla considerazione).
Va aggiunto tuttavia che queste trasmissioni tv, oltre che cagione senza requie di spremiture papillari forzate, sono anche fucine nazionali di linguistiche acrobazie finalizzate alla gratuità più vertiginosa.
In particolare, da diverso tempo, la mia attenzione si è focalizzata più volte su di un’espressione ricorrente. Non so se ci avete fatto caso. Quando in questi programmi culinari si affronta l’argomento principe, ossia tutto ciò che in qualche modo ha a che fare con l’ingollare, l’ingurgitare, il tracannare, e in particolare, se tali azioni sono viste in riferimento ad altri processi “esterni”, trasformativi o conservativi degli alimenti, gira che ti rigira alla fine salta sempre fuori la formuletta magica: il prodotto «…conserva intatte le sue proprietà organolettiche…».
Si parla di un procedimento per congelare l’insalata con certi criteri? Niente paura: con questo metodo il nostro prodotto «…conserva intatte le sue proprietà organolettiche…».
Perché i nostri antenati, tanti secoli fa, presero a conservare il tipico formaggio “Martorino Pelusòn” sotto un manto di tre metri di fieno e fiori di lavanda? Elementare, Watson: avevano capito che in questo modo la beneamata rondella casearia «…conserva intatte le sue proprietà organolettiche…».
Già da un po’ l’espressione, a forza di sentirla sbandierare “in tutte le salse”, aveva iniziato a starmi discretamente sulle scatole, ma ieri è stata usata in un contesto che ne ha sancito l’odiosità definitiva. Si parlava di birre ed ho scoperto che la deliziosa bevanda bionda non va versata inclinando il bicchiere, come anche il più umile imbecille capisce di dover fare per evitare l’accumulo della schiuma. No, no, niente affatto, il boccale va tenuto ben ritto e la schiuma va fatta formare in abbondanza, perché, immaginate un po’, in questo modo il prodotto «…conserva intatte le sue proprietà organolettiche…».
E’ stato lì che ho deciso di eleggere la benamata espressione del menga ad emblema supremo della vacuità comunicativa che contraddistingue “cotale luminosa et preclara nostra epoca de’ sta minchia”. Perché sarà anche vero ciò che han detto della birra, (seppur indimostrabile, essendo per definizione le proprietà organolettiche di un cibo connesse precipuamente alla sensibilità individuale), ma vigliacco se da oggi in poi verserò mai più un goccio di Pils, di Weisen o di doppio malto senza aver quasi coricato il bicchiere.
Questa martoriante presa per il culo comunicativa si fa odiosa quando raggiunge simili vette di superficialità espressiva modaiola. La comunicazione si muta in un’elegante veste all’ultimissima moda, il luccichio dei cui lustrini viene utilizzato per abbagliare la vista, in modo da non lasciar trasparire l’effettiva assenza sottostante di contenuti effettivi. Sotto il vestito, il re non solo è nudo, ma addirittura nullo.
La comunicazione diventa l’involucro di una scatola ormai vuota di conoscenza vera; è ridotta insomma ad una succulenta padella di pollo alla diavola sfrigolante, che una volta alzato il coperchio, si rivela diabolicamente orfana del pollo.
La cosa più sconsolante è constatare come tantissime delle cose che escono fuori dalla perfida scatoletta televisiva, si presentino con questa caratteristica: sono cioè portatrici di una futilità che monoliticamente «…conserva intatte le sue proprietà organolettiche…».
Per divertimento intellettuale, ho immaginato allora come si potrebbe riciclare ottimamente l’espressione incriminata nei più svariati frangenti comunicativi quotidiani.
Mettiamo il caso di un brutto incidente stradale. Immaginiamolo però spettacolare, ma senza gravi conseguenze, perché se l’esempio vuol essere divertente, non può mica finire male. In questo caso è dunque un interdetto di un guidatore che sfrecciando a velocità folle, si sfascia contro un platano. Possibili commenti da bar in versione “comunicativa”: «…ha sfidato la propria incoscienza: sapeva che rischiava lo schianto, ma non aveva tenuto in debito conto che il platano ha sempre il cattivo vizio di “conservare intatte le sue proprietà organolettiche…”…».
Altra applicazione della frase. Il capo ufficio vi stressa, vi assilla, fa il despota a suon di decisioni calate dall’alto, senza tenere in minimo conto i saggi suggerimenti di chi il lavoro lo affronta ai livelli inferiori, ma nel vivo dello suo svolgersi, laddove si colgono con più chiarezza le sfumature ed i meccanismi genuini dell’attività. Commento dell’umile operaio, dopo l’ennesimo flop nei risultati della ditta: «…noi ci abbiamo provato a parlare col dirigente, ma niente da fare, lui “conserva intatte le sue proprietà organolettiche…”…».
Insomma, giusto per rimanere in tema di birra: meditate, gente, meditate. Comunicare e sapere son due cose ben diverse. Chi padroneggia bene la comunicazione, può anche permettersi il lusso di non sapere pressoché una siderale fava di nulla, ma sa mettervelo in quel posto convincendovi anche di aver «…conservato intatte le vostre proprietà organolettiche…».
8 commenti:
Tutto questo gran parlare in effetti non ci fa sentire più niente, ma se da una parte chi vuole convincerci di qualcosa ci riempie di parole, noi alla fine non ci persuasiamo per niente perchè in fondo abbiamo conservato ancora le nostre, se pur danneggiate, capacità organolettiche
Oh, come hai ragione! Sembra che a certuni la frase presa con la violenza e piegata alle loro brame, e poi schiavizzata ancora e ancora fino a perdere senso sia il sigillo della loro presunta sapienza e giustificazione del loro stare in televisione o sulle colonne di un giornale...si sono trovati un motto, sono a posto, sono eterni, hanno il lasciapassare per il paradiso.
Se non inclini la birra ti viene un fottio di schiuma, così mi ha detto un vecchio barista, che probabilmente le proprietà organolettiche se le attaccava dove fa ombra.
Decreterei, se sei d'accordo, la pena di morte per chi usa "solare" e "performante", uccisi sotto una catasta di dizionari...:)))
Però, Gilli, non è male l'idea: trasformarlo in un gioco di società, del tipo pronunciate la frase più riuscita: ho fatto dieci km di campi e siepi e sono scivolata nel brago dei maiali, però non mi sono lavata ed ho così conservato le mie proprietà organolettiche... Splendido!!:))))))))
Larinfer, dice blogspot. Laringe infernale? E' un'emanazione del divino!:))))))
Sotto il vestito, il re non solo è nudo, ma addirittura nullo.
Ringrazia il cielo, o chi desideri, di vivere in un paese dove il cibo possiede "qualita' organolettiche", o dove il Re sa cucinare...
Dovresti provare le "qualita'organoletticche" della cucina britannica...
:-)
"constatare come tantissime delle cose che escono fuori dalla perfida scatoletta televisiva
Ellalla', addirittura perfida. Magari stupida...ma perfida...
Vade retro Satana...
:-)
Ha anche ucciso Kennedy la tv?
Ciao Gilli, per il resto non hai affatto tutti i torti.
:-)
ebbene sì è vero ci sono delle frasi abusate che vanno sui coglioni :-D c'è da dire che la birra deve essere proprio di primissima qualità perché uno si accorga del cambiamento di sapore indotto dall'atto versatorio... e poi magari a uno ci piace di più la birra versata in orizzontale e a un altro quella in verticale... chi l'ha detto quali siano le proprietà giuste? e se uno la birra la beve solo perché ci piace? devo dire che qui, dove per altro si mangia e beve benissimo, nessuno sta a dire quale sia il modo canonico per mangiare e bere, d'altra parte dato il gran miscuglio di razze e culture che puoi dire? come reagire davanti a uno spaghetto in versione american-giudaico-individualista-con-tocco-orientale e che poi risulta avere un sapore divino?
besos ammericani
@->Antonella: hai colto un passaggio cruciale della questione, Anto: il bastian-contraresimo :-) ossia, l'essere bastian contrari: è importante mantenersi tali...magari a volte si potrà sbagliare, altre volte addirittura risultare antipatici, ma il più delle volte ci si difende dal degrado culturale :-)
Anche questo mio scrittino, mi rendo conto di aver sostenuto tesi alquanto iperboliche :-) ossia, anche se non avevo ragione in tutto, e ne ero consapevole, nondimeno ho detto queste cose per il gusto di essere bastian contrario :-)
Bacini organolettici :-)
@->Vale: il contagio da blogspot è irrefrenabile, Vale :-)
Guirdami mi dice ora, un invito ad essere guardato e guidato...è perfetto come frase d'amore da pronunciare all'innamorata/o :-)
Il brago dei maiali è un capolavoro linguistico assoluto :-D
Bellissimo!!! :-D
Lo proporrei come antidoto contro quella sclerotizzazione nella vacuità delle frasi, che anche tu biasimi a ragion ben veduta...
Ad esempio: si sente il conduttore del tg pronunciare una delle sue formule stantie, tipo "infuria la polemica", "l'Italia stretta nella morsa del gelo"...risposta del saggio: "...ma va' nel brago dei maiali, va'..." :-)
@->Yossarian: ma come, Yoss, mi vieni a redarguire se mi concedo qualche grammo di sano populismo sparato direttamente in vena? :-D
Debbo dire che hai colto nel segno, però...non ci crederai, ma ho esitato molto sulla scelta di quell'aggettivo, ne volevo mettere uno meno forte di "perfida"...ma poi non so nemmeno perchè, ho lasciato quello...e così, ok, concesso: ho scritto una cazzata
:-) bastava dire stupida :-)
A proposito di espressioni ritrite, la tv non è perfida, tanto quanto la nebbia non è assassina nel caso degli incidenti: sono sempre gli uomini ad essere pirla :-)
Va beh, ho sbagliato..vorrà dire che mi consolerò con le proprietà organolettiche del prossimo cotechino col purè che si profilerà all'orizzonte...
:-)
@->Farly: era proprio quello che volevo dire, Farly :-) Non discuto, magari per gli esperti sarà sicuramente giusto inclinare il bicchiere, e la cosa forse avrà una base di verità, ma chi lo dice che hanno ragione per forza? E se a me piace berla a collo dalla bottiglia o a garganella dalla spina? :-D
E' un po' la stessa questione di certi aspetti della moda: si tratta di un tipo di expertise che tencnicamente potremmo definire "de sta cippa" :-)
Si prende l'indimostrabile e se ne fa oggetto di dogmi e postulati ai quali il popolo bue dovrebbe appecoronarsi :-)
In fondo il segreto della comunicazione vacua è tutto qui :-)
Bacini multietnici :-)
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