martedì 23 marzo 2010

Risi e Busy


Oggi volevo esporre una piccola idea, un pensiero minuscolo, ma non per questo meno pregno di quelle malsane contorsioni intellettuali a cui vi ho ormai abituato da quando scribacchionzolo in esto loco bloghesco.
La cagionevole escursione mentale mi è balzata in capo mentre scrivevo un commentino alle stupende foto patagoniche di Maffy (gustatevele con calma, meritano davvero: l’obiettivo di Maffy è sempre delicato e curioso, raffinato ed ironico al tempo stesso…).

In particolare, le ultime immagini presentate da Maffy riprendono diverse bestioline di quella lontana terra (elefanti marini e pinguini in primis), colti in pose leggermente buffe, di un’allegrezza molto probabilmente involontaria, o perlomeno preterintenzionale.
A quel punto, mi è venuto da domandarmi: ma gli animali, sono capaci di gioire? La prova assolutissimamente certa non la possediamo, perché nessuno di loro ce lo ha mai confermato, ma al 99,999 periodico per cento, possiamo sostenere che, sì, sanno provare entusiasmi e moti di esultanza interiore, che poi manifestano a loro modo anche esternamente.
Va beh, fin qui il ragionamento era anche già abbastanza ozioso. Ma ormai mi conoscete e sapete che quando si tratta di parlare di nulla non mi tiro certo indietro. Per cui, non pago, mi sono voluto addentrare ancor meglio lungo lo sdrucciolevole cammino del bizantinismo più spudorato, ed ho rinforzato l’interrogativo in siffatta guisa: d’accordo, le bestioline provano gioia, ma allora perché non ridono?
La risposta me la sono data da solo (“…me la canto e me la sòno…”), d’istinto, senza rifletterci sopra più di tanto: gli animali non ridono perché non ne hanno bisogno.

Ecco, detto così, magari il responso suona ancor più fesso del quesito. Però se vi soffermate un momento a considerare l’atto del ridere da un’angolazione opposta rispetto a quella con cui di solito lo inquadriamo, vedrete che lo scenario cambierà radicalmente.
Il riso può essere visto dunque non solo come un piacere, ma anche come una necessità.

Badate che la cosa non è banale, eh.
Oddio, non sarà neanche quella gran mela di Newton che vi ho calato sulla testa, ma nemmeno una faccenda così scontata come potrebbe sembrare.
Forse solo i «Grandi Pigri» potranno cogliere la sfumatura, ma io dico che, sotto questo aspetto, ridere può costare anche una notevole fatica. E’ un «di più», che la nostra natura ci “obbliga” ad espletare, per poter considerare completamente esaudito tutto il nostro “pacchetto gioia”.
La tesi più quotata in merito all’argomento sostiene che la facoltà di ridere rientra nel corredo esistenziale dell’uomo proprio come una delle innumerevoli espressioni della sua intelligenza di tipo superiore.
Con siffatta tesi concordo in pieno, ma in questo modo non si fa altro che tornare di nuovo a bomba (tanto per rimanere in tema di riso…), reiterando il sospetto circa quanto l’intelligenza non sia meno faticosa della facoltà di ridere.

Il riso rimane dunque un grande mistero paradossale, esplorato dagli studiosi di tutte le epoche (Pirandello, e mica ho detto “cotica”, lo assunse come tema per la propria tesi di laurea), un enigma che racchiude in sé tante componenti, le cui radici affondano tutte nella consapevolezza di sé e nella conseguente capacità di cogliere le contraddizioni della propria “condizione nel mondo”.
Dietro al riso, quando è espressione dell’umorismo più genuino (non dunque quello di qualità scadente, che abbonda sulla bocca degli stolti), si cela sempre la messa in rilievo di una stonatura sullo spartito della melodia della vita.
Il riso è quel genietto dispettoso che al tocco dell’archetto sulle sviolinanti corde del reale che c’imbambagia, fa beffardamente fuoriuscire il sonoro peto dell’illogicità, la fragorosa scoreggia del nonsenso (quando si dice una raffinata sapienza metaforizzante…).

Ridere è quindi cosa seria. Il riso è dolore vestito dalla festa, e non per niente l’abito non è il solo tratto che condivide con la domenica, giornata che sa essere uggiosa dentro, anche coi soli più abbacinanti.
E’ anche fatica, il riso, e proprio per questo gli animali, forti della propria saggezza sub-uranica, nella diretta comunicazione da essi intrattenuta con le energie telluriche più essenziali, si tengono ben lontani da sollazzi, sghignazzi e sganasciamenti assortiti.



11 commenti:

Yossarian ha detto...

Bello, bello, bello.

Sono d'accordo.

Il riso e' sempre piuttosto amaro.

Pero' dai, sul tocco finale di "Pessimismo Gillico", mi permetto di esprimere una cauta riserva.

Creep dei Radiohead...

A me piacciono, per carita', e Creep era una delle cover che suonavo piu' spesso con una band.

Dio bono Gilli, e' come scrivere un post su tutti i vari aspetti del Carnevale di Rio, e poi metterci un link a una esecuzione del "Lacrimosa" di Mozart...

:-)

Marisa ha detto...

Sai, io penso che il ridere ha una stretta connessione con la parola.
Gli animali ustilissano un numero limitato di suoni per esprimere le proprie emozioni, fame, rabbia, pianto, il resto è tutta azione.
Gli uomini, invece, utilizzano i muscoli facciali così come le inflessioni vocali per comunicare e ha quasi del tutto soppresso l'azione.
Perciò ridere è solo un mezzo per comunicare una intenzione o un pensiero che appartiene solo all'uomo.
(mi sono attorcigliata?)

Gillipixel ha detto...

@->Yossarian: ahahahahahha :-) Yoss, non posso darti torto per il commento musicale... :-) in effetti non era dei più in tono che potessi scegliere :-)
Però, ti dirò, non era mia intenzione sottolineare dimensioni particolarmente pessimistiche...per me quella canzone suona più come un inno alla "comfortablynumbità" :-) ...tanto per mutuare un concetto da altri grandi rockettari :-)
Più che pessimismo, Creep mi ispira placida indifferenza :-)
Oh, poi sarò malato io, perchè i miei standard di pessimismo si attestano attorno a perle stile Heroin dei Velvet o Half a person degli Smiths :-)

E poi, Creep contiene una delle parole più belle di tutto lo stuporoso idioma inglese :-) ossia "weirdo" :-) Già weird mi fa impazzire, ma weirdo mi fa cappottare sulla sedia per la gioia linguistica :-)
Quando si dice divertirsi con poco :-)

Grazie Yoss, i tuoi commenti sono sempre lusinghe preziose per me :-)

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: non direi che ti sei attorcigliata, Mari :-) ridere è di certo di pertinenza umana in quanto espressione di certi pensieri esclusivi della mente umana, hai ragione...ma la cosa non sposta il mistero del fatto che gli animali non ridano...C'è un bel romanzo di Peter Hoeg (autore anche del Senso di Smilla per la neve) che si intitola "La donna e la scimmia"...non sto qui a raccontare la trama, perchè non la ricordo bene :-) e poi per non rovinare la sorpresa a chi volesse leggerlo, ma il tema di base del libro è che una specie animale (in questo caso scimmie) possiede una forma comunicativa talmente avanzata da sembrare per paradosso primitiva all'uomo...proprio perchè rinunciano a certe componenti per noi fondamentali, come il riso, ma si basano su canali più raffnati, tipo una sorta di telepatia a noi esclusa...
Ora forse mi sono attorcigliato io, e allora mi congedo con bacini storciglianti :-)

farlocca farlocchissima ha detto...

C'era un saggio islamico che diceva che se non sai ridere non evolvi. C'è tutta una tradizione di insegnamento mistico sufi che passa per il riso, per il paradosso, il riso è anche difesa e accoglienza allo stesso tempo... bello bello gilly caro :-)

e poi yoss m'ha anticipato, ecco che centra creep (canzone che mi piace tantissimo)? io lo so: è che tu sei diversamente normale...
besos chimerico-romani

farlocca farlocchissima ha detto...

ps. hai letto So Long, and Thanks for All the Fish di Douglas Adams (http://it.wikipedia.org/wiki/Addio_e_grazie_per_tutto_il_pesce) a proposito di comunicazione animale?

Gillipixel ha detto...

@->Farly: grazie, chimericamente gentilissima Farly :-)
ehhehehehe...non so bene in effetti cosa c'entrasse Creep :-) ma ormai ho adottato un mio "non metodo", quando scrivo qualche scribacchiata qui per il blog: se mi viene in mente un brano consono al tema, lo metto...se non mi viene in mente, metto quello che più ispira in quel momento :-)
Però Creep in questo caso, almeno nel mio modo di sentire questo brano, voleva significare proprio quello stato al di là del bene e del male di chi ha superato ormai il "bisogno" di ridere :-)
Ecco, ammetto che il nesso è più labile di un'antennina di farfalla :-) ...e poi, detto da uno che infarcisce ogni frase coi sorrisini coricati, non sarebbbe credibile neanche se avallato dal parere del prof. Umberto Galimberti :-)
Ma tant'è :-)
Purtroppo non ho letto quel libro che mi citi...dovrò rimediare al più presto, anche se sono già subissato dai beneamati oggetti fogliosi :-) per dire: sul finire della Storia del Terzo Reich, or che mi mancano un 150 pagine su 1700 e fischia che sono, mi è venuta la malsana idea di rincarare con 400 pagine di In my dark places di James Ellroy, lette golosastramente in 4 o 5 giorni :-)

Bacini ingolfati di letture :-)

Chaotic Alea ha detto...

beh se volete ridare il giusto tono al post e renderlo a tono con la canzone arrivate alla fine del video di Creep e poi ascoltate la cover di Kermit :D

Chaotic "The Trashman" Alea

Gillipixel ha detto...

@->Chaotic Alea:
ahahahahahha :-D
grazie del geniale suggerimento, Chaotic :-) hai coniugato in un botto il riso animale e la canzone :-D
Eccezionale!!! Kermit e i Muppets sono leggenda pura :-)
E' bellissimo il passaggio finale, dove Thom Yorke fa quel lunghissimo pezzo acuto, loro invece hanno affidato la voce ad uno di quegli energumeni iperpelosi tipici muppets, col grugno da pelouche incacchiato :-) (anche se non si vede nel video, sono certo che è uno di loro...)
Grazie per la chiosa preziossima

:-)

maria rosaria ha detto...

ridere è mooolto faticoso, e mi sembra così stupido quando lo si vuole forzare, quando per convenienza, per "spirito di corpo", per non sembrare diversi si ride insieme a chi lo impone. io le migliori risate me le faccio quando sono da sola. c'entra qualcosa con quello che sempre in maniera raffinata hai scritto?
un bacio, serio.

Gillipixel ha detto...

@->Maria Rosaria: quello che dici c'entra tantissimo con quanto ho scritto, EmRose...il riso forzato è la più bassa espressione di quello spirito gregario affettato e fasullo, che taluni mettono maldestramente in gioco per guadagnare consenso, o confidenza, o presunta familiarità, nei confronti di gente con la quale non hanno affinità alcuna e nulla da spartire...
Sempre rimanendo nel concetto, gli animali non hanno bisogno di ridere e tanto meno di farlo forzatamente, perchè per sentirsi in sintonia gli basta un belato, una fusa, un abbaio o un miagolio :-)
Grazie del commento molto azzeccato, EmRose :-)
Bacini che vanno a piedi :-)