Quando mi trovo in un posto frequentato da parecchie persone, mi viene quasi spontaneo crearmi una mappa delle “rilevanze umane”, definibili altresì come “punti focali della bellezza”. Si tratta di una planimetria mentale mutevole e semovente, composta dagli individui presenti in quell’ambiente che, per una loro peculiarità fisica o spirituale, risultano notevoli ai miei occhi.
Sia che lo stazionamento nel luogo di turno si protragga per diverso tempo, sia che si tratti di pochi attimi, l’atto di posare un momento lo sguardo su uno di questi punti focali, reca conforto, è una boccata di positività energetica.
Pare che la geografia non riscuota più tanto rispetto ultimamente, soprattutto come materia scolastica. E pare succeda nella candida illusione che in un’epoca ormai coperta per bene dal tettuccio satellitare della capanna dello zio Tom Tom, ogni questione di “orientamento” possa considerarsi superflua e superata. Peccato che venga trascurato spesso un piccolo particolare: ossia che la geografia, ancor prima di una questione spaziale, è tema di ampia pertinenza dell’immaginario e, per estensione, della progettualità dell’uomo.
Fra gli antichi ricordi di scuola conservati fra una sinapsi e l’altra, rispolvero una frase che mi colpì intensamente all’epoca in cui me la ritrovai nera su bianco sulle pagine di un libro di cui ormai mi sfugge sfortunatamente il titolo. La frase recitava più o meno così: «…La carta geografica costituisce sempre una metafora dei rapporti di potere in gioco in una data società…».
Ecco, depurando la debita quota di tara che un simile concetto deve rendere ad una certa influenza barbonesca da Treviri (leggi “il vecchio Carletto Marx”), è innegabile l’indubbio fascino intellettuale che deriva da questo ragionamento.
La geografia è fatta soprattutto di interpretazione qualitativa di un territorio, esprime il mondo così come lo si vuole vedere e non ne è mai una fotografia fedele ed oggettiva. Di più: l’istinto di formare mappe di ogni genere è insito nell’animo umano, forse con la stessa pervicacia con la quale vi sono insiti l’istinto di giocare e di tendere alla gioia.
Da questo punto di vista, ogni nostra giornata può essere considerata come una sequenza di momenti che ci vedono impegnati a creare mappe.
Creiamo mappe dei nostri luoghi di frequentazione quotidiana, anche se ne conosciamo gli spazi talmente bene che ci potremmo camminare ad occhi chiusi. Perché una mappa è un insieme di valori cangianti, una distribuzione di punti nei quali si focalizzano energie esistenziali, che a seconda di quanto dobbiamo o ci aspettiamo di fare in un determinato giorno, assumono significati differenti e fanno maturare aspettative ogni volta variabili.
Creiamo mappe dei nostri spostamenti esterni, prevedendo, pianificando, considerando ostacoli e elementi di facilitazioni dei percorsi che ci prefiggiamo di coprire.
Creiamo mappe del nostro tempo presente, quantificandolo e qualificandolo nella mente, per ottimizzarlo e farlo fruttare al meglio.
Creiamo mappe del nostro tempo passato, perché andiamo di continuo a ripescare episodi già vissuti, simili a quelli che stiamo vivendo, per orientarci in un continuo aggiustamento di rotta che cerca di alimentarsi dal differenziale di polarità “ieri-oggi”.
Insomma, non ci muoviamo praticamente mai senza aver abbozzato una mappa, pur anche per grandi linee. Comprese mappe all’apparenza meno utili di quelle che ho citato finora. Come la mappa delle “rilevanze umane”, o “punti focali della bellezza”, che citavo all’inizio. Questa mappa mi viene quasi spontaneo crearmela sul posto di lavoro. Ne sono capoluoghi e “centri abitati affettivi” i tanti personaggi nei quali mi imbatto quotidianamente: là il sorriso di una persona che conosco solo a livello di saluto, ma all’incontro sa sempre essere radiosa; qui la presenza aggraziata dietro la scrivania posta a qualche metro dalla mia; là il profilo di un volto familiare, una fronte, delle ciglia, un naso, una chioma fluente che gradualmente si è imparato a vedere come parti integranti del disegno di una certa parte della giornata; qui la voce nota e rassicurante di un collega che risuona confortevole nella sua rituale e consueta sonorità.
Sono anche questi piccoli dettagli che ti fanno sentire parte del territorio umano in cui ti riconosci. E sapere di poterli ritrovare puntuali sulla mappa delle tue giornate rende queste ultime meno disorientanti, le colora dei punti cardinali del valore umano in cui ciascuno ha bisogno di muoversi.
Sia che lo stazionamento nel luogo di turno si protragga per diverso tempo, sia che si tratti di pochi attimi, l’atto di posare un momento lo sguardo su uno di questi punti focali, reca conforto, è una boccata di positività energetica.
Pare che la geografia non riscuota più tanto rispetto ultimamente, soprattutto come materia scolastica. E pare succeda nella candida illusione che in un’epoca ormai coperta per bene dal tettuccio satellitare della capanna dello zio Tom Tom, ogni questione di “orientamento” possa considerarsi superflua e superata. Peccato che venga trascurato spesso un piccolo particolare: ossia che la geografia, ancor prima di una questione spaziale, è tema di ampia pertinenza dell’immaginario e, per estensione, della progettualità dell’uomo.
Fra gli antichi ricordi di scuola conservati fra una sinapsi e l’altra, rispolvero una frase che mi colpì intensamente all’epoca in cui me la ritrovai nera su bianco sulle pagine di un libro di cui ormai mi sfugge sfortunatamente il titolo. La frase recitava più o meno così: «…La carta geografica costituisce sempre una metafora dei rapporti di potere in gioco in una data società…».
Ecco, depurando la debita quota di tara che un simile concetto deve rendere ad una certa influenza barbonesca da Treviri (leggi “il vecchio Carletto Marx”), è innegabile l’indubbio fascino intellettuale che deriva da questo ragionamento.
La geografia è fatta soprattutto di interpretazione qualitativa di un territorio, esprime il mondo così come lo si vuole vedere e non ne è mai una fotografia fedele ed oggettiva. Di più: l’istinto di formare mappe di ogni genere è insito nell’animo umano, forse con la stessa pervicacia con la quale vi sono insiti l’istinto di giocare e di tendere alla gioia.
Da questo punto di vista, ogni nostra giornata può essere considerata come una sequenza di momenti che ci vedono impegnati a creare mappe.
Creiamo mappe dei nostri luoghi di frequentazione quotidiana, anche se ne conosciamo gli spazi talmente bene che ci potremmo camminare ad occhi chiusi. Perché una mappa è un insieme di valori cangianti, una distribuzione di punti nei quali si focalizzano energie esistenziali, che a seconda di quanto dobbiamo o ci aspettiamo di fare in un determinato giorno, assumono significati differenti e fanno maturare aspettative ogni volta variabili.
Creiamo mappe dei nostri spostamenti esterni, prevedendo, pianificando, considerando ostacoli e elementi di facilitazioni dei percorsi che ci prefiggiamo di coprire.
Creiamo mappe del nostro tempo presente, quantificandolo e qualificandolo nella mente, per ottimizzarlo e farlo fruttare al meglio.
Creiamo mappe del nostro tempo passato, perché andiamo di continuo a ripescare episodi già vissuti, simili a quelli che stiamo vivendo, per orientarci in un continuo aggiustamento di rotta che cerca di alimentarsi dal differenziale di polarità “ieri-oggi”.
Insomma, non ci muoviamo praticamente mai senza aver abbozzato una mappa, pur anche per grandi linee. Comprese mappe all’apparenza meno utili di quelle che ho citato finora. Come la mappa delle “rilevanze umane”, o “punti focali della bellezza”, che citavo all’inizio. Questa mappa mi viene quasi spontaneo crearmela sul posto di lavoro. Ne sono capoluoghi e “centri abitati affettivi” i tanti personaggi nei quali mi imbatto quotidianamente: là il sorriso di una persona che conosco solo a livello di saluto, ma all’incontro sa sempre essere radiosa; qui la presenza aggraziata dietro la scrivania posta a qualche metro dalla mia; là il profilo di un volto familiare, una fronte, delle ciglia, un naso, una chioma fluente che gradualmente si è imparato a vedere come parti integranti del disegno di una certa parte della giornata; qui la voce nota e rassicurante di un collega che risuona confortevole nella sua rituale e consueta sonorità.
Sono anche questi piccoli dettagli che ti fanno sentire parte del territorio umano in cui ti riconosci. E sapere di poterli ritrovare puntuali sulla mappa delle tue giornate rende queste ultime meno disorientanti, le colora dei punti cardinali del valore umano in cui ciascuno ha bisogno di muoversi.
8 commenti:
Gill
Hai detto una grande Verità...
non Te lo dico tanto per dire e ... complimenti per lo Stile con cui l'hai saputo esporre.
Paolo
La geografia è fatta soprattutto di interpretazione qualitativa di un territorio, esprime il mondo così come lo si vuole vedere e non ne è mai una fotografia fedele ed oggettiva.
Si', ho capito e il post mi garba Gilli, pero' prova a non tirare il freno quando arrivi sul molo di Dover, e poi me lo dici tu se la Manica non e' una fotografia fedele ed oggettiva, o se ti ripescano dopo una settimana bello gonfio a Calais...
;-)
in programmazione neurolinguistica si chiamano mappe le nostre percezioni del mondo, quelle che costruiamo basandoci su di noi, sulle nostre esperienze. la prima cosa che ti insegnano è che la mappa non è il territorio, ma una sua rappresentazione... ecco te lo dicono perché devi stare attento, non la devi prendere troppo sul serio, può succedere che nella tua mappa manchi la manica e allora tu tiri diritto quando stai a Calais... e allora ... affoghi :-)
il post mi piace molto ti bacio chimericamente
@->Paolo: grazie, Paolo, sempre molto gentili e graditi i tuoi complimenti...forse ho il "difetto", se tal può definirsi (cit. da Elio e le storie tese, "Uomini col borsello" :-), di poeticizzare eccessivamente la realtà (vedi sotto il commento del caro Yoss :-)...però io dico: poeticizzare o essere realistici, tanto costa uguale :-)
Ciao :-)
@->Yossarian: insomma Yoss!!!
Ma la pianti di venire qui a spargere la mala pianta del populismo, in questa pura landa di idealità poetiche?!?!? :-D ahahahahahahah
Come darti torto, amico mio...se ti dicono che un muro segnato su una mappa è particolarmente duro, non vale la pena di andarlo a testare con il cofano per verificare che è vero :-)
Però, per fare un esempio di interpretazione della mappa, riprendendo un po' il tema della barriera acquea da te introdotto...prendi la provincia di Piacenza: al pari di tutte le altre provincie emiliane, il Po la separa dalla Lombardia...eppure la provincia di Piacenza "si sente" di fatto territorialmente lombarda...la barriera del Po è vissuta come meno netta, rispetto a come la sentono le altre provincie...
Non so, forse era un esempio un po' minchioso, ma in ogni modo ti ringrazio per le tue visite sempre gradite, che mi aiutano a tenere un po' i piedi per terra :-)
Ciao Yoss :-)
@->Farly: eheheheeh :-) vero, Bateson e compagnia...ne ho sentito parlare :-)
...mi sa che dovrò stare bene attento a 'sta manica, Farly...anche Yoss mi ha appena ricordato che è un brutto cliente per i poeti :-)
Grazie dei chimerici abbracci, che sulla mia mappa sono sempre segnati come rilevanze amicali preziose e degnissime della più alta segnalazione geografica dell'anima :-)
Bacini geografici :-)
@Gillipixel
Gilli, io sono la tua "cattiva coscienza"...
Scherzo, guarda che il post e' molto bello e le tue speculazioni molto affascinanti e condivisibili.
Ma certe volte me le servi su un piatto d'argento.
Con affetto e stima.
:-)
@->Yossarian: anche io scherzavo, ovviamente, Yoss :-) i tuoi commenti per me sono sempre come un riconoscimento sul campo :-)
"...Che cosa ti sei messo in testa, soldato Joker...ti credi di essere un fottuto Mickey Spillane?..." :-)
Eheheheh :-)
Sono il primo io a scherzare sulle cose che scrivo, quindi mi fa piacere anche quando lo fanno i miei amici :-)
ciao :-)
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