Per la rubrichetta “Le muse di Kika van per pensieri”, parliamo oggi di un grandissimo (sottolineato tre volte) autore del ‘400, Sandro Botticelli (1445 – 1510). In particolare, Kika ha scelto un’opera che definire famosa è dire poco: La nascita di Venere (1485).
Per parlare di Botticelli, dovremmo avere davanti a noi due o tre settimane di tempo, e forse sarebbero poche. Mi limiterò dunque a dire due modeste cosette, come posso, sempre con estremo rispetto per questo immenso argomento.
Un’osservazione veloce che si può fare, e che al tempo stesso trovo molto interessante, nasce da un ipotetico raffronto dell’opera di Botticelli con l’arte moderna. Più precisamente, mi rifaccio a un “meccanismo argomentativo” proprio terra terra. Riguardo all’arte moderna, si sentono infatti spesso lamentele di varia natura circa la sua presunta incomprensibilità da una parte, o eccessiva linearità dall’altra. “…Che cosa voleva dire l’artista, ma cosa significano questi quattro segni in croce?...”; oppure: “…Ero capace anche io di farla, quest’opera!...Per scarabocchiare righe e macchie a caso…”, e così via.
Per contro, l’arte del passato è spesso definita genericamente “bella”, “chiara” e accessibile nei suoi significati, senza preoccuparsi se alla fine si sia trattato più di una vera “comprensione”, oppure di pura suggestione.
In questo senso, le opere di Botticelli (e “La nascita di Venere in particolare”) sono emblematiche. Genericamente e superficialmente parlando, esse vengono apprezzate per il loro modo armonioso di porsi allo spettatore, e soprattutto per il “realismo” col quale si esprimono. Non c’è nulla di più sbagliato di una simile interpretazione.
L’intento artistico di Botticelli era quello di tradurre in pittura la visione del mondo sviluppatasi nella cerchia della corte di Lorenzo il Magnifico, riassumibile nelle tesi della corrente filosofica nota come “neo-platonismo fiorentino”.
Come ci ricorda “l’imprescindibile” Giulio Carlo Argan: «…L’”idea” del neo-platonismo fiorentino non è propriamente l’archetipo platonico; e non è, propriamente, nulla di definito, ma un vago essere-al-di-là, rispetto alla natura (o allo spazio) e alla storia (e al tempo). Anche il “bello”, con cui l’”idea” si confonde, è “aliquid incorporeum” (“qualcosa di incorporeo”): sfiducia nella realtà più che immagine perfetta. Né bisogna dimenticare che il neo-platonismo è, come oggi diremmo, una “filosofia della crisi”…[…]…Per i filosofi e i letterati della cerchia neo-platonica, dunque, l’”idea” è al di là del tempo…[…]…l’”antico” non è storia vissuta ma un’”idea” della natura, rispetto alla quale le sembianze delle cose sono mere “allegorie”…».
Altro che “realismo”, altro che riproduzione dell’armonia delle cose, dunque: l’opera di Botticelli esprime «…il “furor” che Ficino chiamava “malinconicus”, perché generato dall’aspirazione a qualcosa che non si ha o dalla nostalgia di qualcosa che si è perduto…».
Tutto ciò, a me sembra estremamente complesso e di difficile lettura (a dispetto dei luoghi comuni sulla immediatezza dell’arte del passato). Anzi, oserei dire che simili intenti espressivi si potrebbero attagliare senza problemi anche all’opera di autori moderni come Paul Klee (1879-1940), oppure Giorgio Morandi (1890-1964) (per citare solo quelli che al momento mi sovvengono).
Sarà un caso, ma ad esempio, sullo sfondo della “Nascita di Venere”, possiamo osservare quel boschetto “innaturale” che sembra uscito dal pennello del “Doganiere” Henri Rousseau (1844-1910) dal quale si diparte un paesaggio del tutto “antiprospettico”. Se la prospettiva è per eccellenza lo “strumento dimensionale” della storia e della spazialità dominata razionalmente, Botticelli giustamente la rifiuta, fedele com’è alla sua visione del mondo neo-platonica. In alcuni dipinti tardi, arriverà addirittura a ritrarre le figure sullo sfondo, con dimensioni maggiori rispetto a quelle in primo piano: il massimo della ribellione contro le logiche della prospettiva.
Per non fare danni ulteriore (anzi, sperando di non aver detto troppe boiate), chiudo qui la parte “critica” riguardo all’opera di oggi e passo alle tre somiglianze (un po’ stiracchiate) che ho trovato oggi.
Ecco il primo volto:
E’ la celeberrima eleganza di Julia Roberts ad aprire le danze.
E ora, la seconda somiglianza:
Sempre un’attrice, però stavolta di casa nostra: la bravissima Micaela Ramazzotti.
Chiudiamo poi con l’ultimo viso:
Abbiamo qui ancora un’attrice, presentatrice di origini spagnole, ma praticamente adottata dall’Italia: Vanessa Incontrada.
Ecco, insomma, stavolta la mia opera di detective fisiognomico non sarà stata tanto efficace, ma come diciamo spesso noi ricercatori di volti, quando ci ritroviamo a bere un bicchiere all’Assomiglione (il nostro circolo del dopo lavoro): «…Se proprio non somiglia, almeno non so anni luce…».
E dopo questa bella vaccata, vi saluto, ricordandovi come al solito di fare un salto sul blog di Kika, per scoprire come la nostra maghetta modaiola sia riuscita nel suo incanto di escogitare un moderno outfit, traendo ispirazione da una modella ignuda nata.
2 commenti:
Forte l'omaggio musicale, oggi quanto mai azzeccato! :)
I volti che hai trovato non sembrano di primo acchito somiglianti, ma a ben vedere qualcosa di indefinibile li avvicina a quel viso così tipicamente botticelliano.
Mi è piaciuto anche l'appunto che hai fatto sulla solo apparente semplicità dell'arte del passato. Forse si può ricollegare a ciò che avevo notato io, ossia che c'è qualcosa di irreale e "magico" nel porsi delle figure sopra lo sfondo. Non so perché ma ora che ci penso quel paesaggio mi fa venire in mente una qualche isola dell'Odissea, magari quella di Calipso... probabilmente è il richiamo fascinoso della mitologia! :)
@->Kika: ehehheeheh :-) mi è venuta in mente questa vecchia canzone del buon Frankie Avalon e mi è sembrata proprio giusta :-)
Anche se non ci accordiamo mai con rigoroso "anti-metodo" ormai sperimentato :-) le cose che scriviamo si armonizzano sempre bene, Kika :-) L'arte è uno strumento espressivo di confronto con la complessità e con gli aspetti indicibili della vita...questa è una "regola" che attraversa ogni fase storica, e andrebbe sempre tenuta presente...
Le somiglianze, è vero, erano un po' precarie :-) ma se almeno un'idea in ciascuna l'hai colta, vuol dire che qualcosa di buono c'era :-) ottimo il tuo richiamo a Omero :-) qui siamo oltre il mito, nell'ultraidealizzazione spinta :-) per cui credo che il senso del mitologico sia più che appropriato :-)
Bacini irreali :-)
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