Torna la rubrica “Le muse di Kika van per pensieri”, oggi con un artista non molto noto, ma non per questo privo di una certa carica suggestiva. Stiamo parlando di Eugenio De Blaas (Albano Laziale, 1843 - Venezia, 1931), un pittore di origini austriache, naturalizzato italiano, che sviluppò gran parte della sua attività artistica nell’area del triveneto, in particolare anche con l’impegno come insegnante all’Accademia di Venezia.
L’opera di Eugenio De Blaas scelta da Kika si intitola “Raccolta di conchiglie”. Riguardo a questo quadro, non c’è molto da dire. Non perché privo di una sua dose di maestria e abilità tecnica, ma per il fatto che si colloca nella tradizione ottocentesca senza particolari guizzi innovativi.
Appunto perché c’è poco da dire “a parole”, voglio fare allora una riflessione riguardante ciò che le opere d’arte possono dire in autonomia, forti soltanto dei loro “mezzi” espressivi, ossia facendo leva solo sul proprio “parlare figurativo”. E lo farò riportando una piccola esperienza personale riguardante proprio questo quadro di Eugenio De Blaas.
Quando Kika mi ha comunicato di aver scelto l’opera di De Blaas, non sapevo nulla di questo autore, di che epoca fosse, di che nazione, ecc.: niente di niente. Come prima semplicissima cosa, privo di ogni riferimento storico, non ho fatto altro che osservare la foto del quadro. Quasi senza pensarci, ho capito subito che si trattava di un pittore dell’Ottocento, più precisamente del testimone di una certa tradizione accademica ottocentesca.
Racconto questo, non per millantare chissà quale esperienza visiva o sensibilità estetica. Lo scopo è invece ribadire un concetto già altre volte rimarcato: la storia dell’arte è la secolare vicenda di un lungo “discorso”, parlato per immagini. Ogni artista si inserisce con parole proprie nella grande “discussione” generale. E questo è già straordinario di per sé, ma la cosa ancor più esaltante è che ogni osservatore, appassionato, studioso, cultore, ammiratore (e così via) può apprendere l’«alfabeto» del linguaggio usato per parlare in quella grande “discussione”, e avere un’idea del punto storico in cui si può collocare grosso modo un’opera (ossia, sapere in quale parte della “discussione” in svolgimento egli si trova come osservatore).
Certo, il caso di Eugenio De Blaas non era uno dei più impegnativi, ma è bello notare tutta una serie di influenze tipiche della sua epoca: nelle sue due raccoglitrici di conchiglie c’è tanto Ingres, Millet, Courbet, c’è una certa luce che è stata così solo dai “macchiaioli” in poi, e andando leggermente più a ritroso, ci sono persino tracce di Delacroix e David. Insomma, chi si appassiona d’arte, ha la possibilità di esser parte di una bellissima e lunga storia, e anche se non è dato a tutti di intervenire direttamente nel “discorso”, se ne possono condividere le emozioni e la bellezza. Il compito che spetta, per questo scopo, è anche molto gradevole: bisogna osservare tante opere, acquisire familiarità con il loro dire, assimilarne i vocaboli visivi, entrare nella loro logica espressiva.
Prima di passare agli esiti dell’indagine fisiognomica di oggi, solo due impressioni personali suscitate dalla semplice osservazione del quadro. Ciò che mi piace in particolare di questo dipinto è il gentile dinamismo innescato intorno alla piccola cascata di conchiglie nel cesto. E’ un moto che parte dagli sguardi abbassati delle due ragazze, si dipana nelle diverse posizioni delle loro braccia e si risolve nel delicato scroscio finale dentro il cestino. Un tipo di composizione rassicurante, non “problematizzante”, non sufficiente a far annoverare l’opera tra i capisaldi della storia dell’arte, ma di sicuro effetto e pregio.
E ora, la ricerca di somiglianze: ho trovato due possibili volti, assimilabili alla ragazza in piedi, e due per la ragazza che versa le conchiglie. Come sempre, si tratta di fisionomie vagamente “evocanti”, più che di vere e proprie sosia. Ma passiamo a vederle.
Piuttosto a sorpresa, abbiamo un personaggio molto noto, ma che magari non ci si aspetterebbe di “ritrovare” in quadro dell’Ottocento: l’attrice americana Catherine Zeta Jones.
Questa è la grande musa dannunziana per eccellenza, l’attrice Eleonora Duse (1858-1924).
Ancora una certa sintonia cronologica, questa volta con la scrittrice Sibilla Aleramo (1876-1960), il cui romanzo più famoso, “Una donna” (1906), è ricordato come una delle prime opere anticipatrici delle tematiche dell’emancipazione femminile.
Anche qui ritroviamo atmosfere piuttosto “retrò”, anche se si tratta di una donna di pieno Novecento: è l’attrice teatrale Marta Abba (1900-1988), nota soprattutto per il sodalizio artistico stretto col grande Luigi Pirandello.
E anche per questa puntata della rubrichetta è tutto, amici. Ora Kika ci aspetta come sempre sul suo blog, con nuove imperdibili magie artistico-modaiole, create attorno alle suggestioni del dipinto di oggi. Buona visione, direttamente sul blog “Le muse di Kika”.
4 commenti:
Io direi che Marisa Laurito ha letteralmente copiato l'acconciatura delle protagoniste di questo splendido quadro. ..ciao Gilli
@->Alessandra: Direi che la Laurito andava bene anche come sosia della ragazza mora, Ale :-) ma era una somiglianza che avevo già proposto un'altra volta e ho voluto cercare una alternativa :-) grazie però, bel suggerimento :-)
Bacini scoriattanti :-)
È vero, la Laurito è uguale!!
Le muse coeve (o quasi) però hanno una similitudine e un fascino senza pari...
È bello osservare un quadro senza sapere nulla dell'autore, si parte senza preconcetti e si lavora di fantasia e intuizione artistica, come ben hai fatto tu Gilli. Proverò anch'io a soffermarmi di più sull'immagine prima di lanciarmi a scoprire di che si tratta :)
@->Kika: è vero, Kika, ho notato che la Laurito è spesso adatta come sosia in tanti dipinti ottocenteschi :-) però stavolta ho voluto variare, per non vincere facile (bonsi-bonsi-bo-bo-bò :-)
L'osservazione libera credo che ce la possiamo permettere quando abbiamo già una buona esperienza, un occhio discretamente allenato...allora si possono cogliere davvero cose degne di nota, con profitto e soddisfazione :-) ci si guadagna i spontaneità, osservando senza nessuna informazione preventiva...dopo c'è sempre tempo per ricalibrare le idee e il giudizio :-)
Grazie Kika :-)
Bacini lauriti :-)
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